CORBI, Bruno
Nato il 4 febbr. 1914 ad Avezzano, in provincia dell'Aquila, da Giovanni e da Eleonora Mattei, fu avviato agli studi classici. Non ancora ventenne, animato già da sentimenti antifascisti, il C. strinse contatti con alcuni militanti comunisti della Marsica, la cui influenza si rivelò decisiva nella sua formazione politica. Nel 1934 egli entrò infatti a far parte dell'organizzazione clandestina comunista, impegnandosi subito nella cospirazione antifascista a fianco di Ernesto Zanni, Renato Vidimari e Alberto Mancini. Nel 1936 si laureò in giurisprudenza all'università di Roma e quindi partì per il corso allievi ufficiali di artiglieria contraerea di Nettuno. Dopo il congedo iniziò a fare pratica legale, ma appena qualche mese dopo fu richiamato alle armi e destinato a Rodi, nell'Egeo. Rientrato in Italia, il C. agì, insieme con Aldo Natoli, come elemento di collegamento tra i comunisti marsicani e quelli di Roma. Nel 1939, dovendosi recare a Parigi, prese contatto a Roma con Pietro Amendola, che lo indirizzò presso il fratello Giorgio già nella capitale francese. Era intenzione del C. espatriare per poi raggiungere la Spagna, dove avrebbe voluto combattere nelle file dell'esercito repubblicano; ma la vittoria dei franchisti vanificò questo progetto. Giunto a Parigi nel febbraio 1939, egli trovò lavoro presso Cino Dei Duca, allora modesto editore di pubblicazioni popolari. I primi contatti con il gruppo dei comunisti italiani in Francia - il C. ebbe incontri con G. Berti, E. Reale, C. Negarville, A. Roasio e F. Scotti - furono traumatici, anche perché egli venne sospettato di essere una spia della polizia fascista. Rientrato in Italia il C. lavorò alla costituzione dei Fronte antifascista marsicano e, insieme con N. Amiconi per il partito comunista, R. Palladini e G. Butticci per il Partito d'azione, firmò un appello all'unità e alla lotta contro il regime. Il 12 dic. 1939, in seguito all'azione di un provocatore, il C. venne arrestato dalla polizia e rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli.
Una nota del questore di Roma, in data 17 febbr. 1940, lo definiva come "uno dei promotori dei tentativo di organizzare il partito comunista, cooperando alla redazione, alla stampa e alla divulgazione dei bollettini tra gli affiliati". Il C. comparve dinanzi al Tribunale speciale per la difesa dello Stato insieme con altri esponenti comunisti di Roma e di Avezzano, tra cui P. Amendola, N. Amiconi, L. Lombardo Radice, A. Natoli, G. Spallone e R. Vidimari. Riconosciuto colpevole dei reato di partecipazione ad associazione sovversiva, il 16 maggio 1940 venne condannato a diciassette anni di reclusione. Dopo la sentenza egli fu tenuto per otto mesi in isolamento nel carcere di Regina Coeli e quindi trasferito prima al penitenziario di Civitavecchia e poi in quello di Castelfranco Emilia. Da qui fu liberato, un mese dopo la caduta del fascismo, il 25 ag. 1943.
Ritornato in Abruzzo, all'indomani dell'8 settembre il C. fu tra i più attivi organizzatori della resistenza armata e diede vita alla formazione partigiana denominata Banda Marsica, di cui assunse il comando. Il 13 febbr. 1944 venne catturato dai Tedeschi e rinchiuso nel castello dell'Aquila, dove fu Sottoposto a torture. Condannato a morte, il 23 marzo il C. riuscì ad evadere in modo avventuroso e a riunirsi alla sua formazione partigiana.
Subito dopo la Liberazione fu nominato segretario della federazione del partito comunista dell'Aquila e quindi vicesegretario regionale. Il 2 giugno 1946 venne eletto deputato all'Assemblea costituente nel collegio dell'Aquila. Dal 24 settembre all'11 ott. 1946 - in sostituzione provvisoria del compagno di partito A. Pesenti - entrò nella commissione per la Costituente (detta del 75) nella terza sottocommissione, incaricata di preparare la parte riguardante i rapporti economici: il C. si trovò così ad essere relatore sugli articoli concernenti l'"intrapresa economica".
In particolare, trattando delle forme della partecipazione operala alla gestione delle aziende, egli si schierò contro l'azionariato operaio e la partecipazione dei lavoratori agli utili e - pur ammorbidendo la posizione espressa nella relazione preparata dal Pesenti, che stabiliva un legame tra controllo operaio e controllo pubblico dell'attività economica - sostenne a fondo l'esperienza allora in atto dei consigli di gestione: in sostanza il C. ripiegava sulla proposta di una formula cogestiva quando chiedeva per i consigli un potere deliberativo soltanto per quanto concerneva l'orientamento generale e lo sviluppo delle capacità produttive dell'azienda e un semplice potere consultivo (che si doveva realizzare attraverso una rappresentanza sindacale intema all'azienda) nel consiglio di amministrazione e nell'attività di direzione, come la fissazione dei prezzi, le assunzioni e i licenziamenti di personale, l'impiego delle materie prime.
Al dibattito nell'assemblea plenaria il C. partecipò con interventi che riguardarono anche l'ordinamento della Repubblica, il ruolo del Parlamento, del governo e dei capo dello Stato. Dal 6 al 27 febbr. 1947 egli fece parte della seconda commissione per l'esame dei disegni di legge e dal 27 febbr. 1947, come segretario, della commissione d'inchiesta sul caso Finocchiaro Aprile-Parri.
Il 18 apr. 1948 il C. fu eletto alla Carnera dei deputati nella circoscrizione dell'Aquila-Pescara-Chieti-Teramo per la prima legislatura repubblicana, e venne assegnato alla commissione Affari Interni (salvo nel periodo dal 1° febbr. 1951 al 25 ott. 1952 in cui fece parte della commissione Agricoltura). Fu inoltre membro di diverse commissioni speciali per l'esame dei disegni di legge, tra cui quelli sul teatro e la cinematografia e sull'istituzione della Cassa del Mezzogiorno. All'interno del partito ricoprì la carica di segretario del gruppo parlamentare presieduto da Togliatti.
All'intensa attività parlamentare il C. unì un costante impegno nelle lotte operaie e contadine della sua regione. Fu accanto a Ruggero Grieco e a Guido Miglioli nella Costituente della terra, un movimento che animò la mobilitazione dei lavoratori delle campagne per le riforme e alla testa delle intense lotte che negli anni Cinquanta si svilupparono nel Fucipo, nella Vai Pescara e nella Val Vomano.
Nel 1953 il C. venne rieletto alla Camera dei deputati nella medesima circoscrizione, assegnato alla commissione Agricoltura e alla Commissione parlamentare di vigilanza sulle radiodiffusioni. Verso la metà degli anni Cinquanta s'incrinarono i rapporti tra lui e i dirigenti comunisti abruzzesi, poiché di questi il C. non condivideva la linea politica, a suo giudizio troppo incentrata sull'organizzazione interna di partito piuttosto che sul lavoro tra le masse.
Secondo la testimonianza di un suo stretto collaboratore di allora, Umberto Scalia, per il C. "il parlamentare comunista doveva essere cosa diversa da un membro dell'apparato"; perciò egli "rifiutava di essere strumento di trasmissione di direttive", strumento di pura gestione del patrimonio accumulato durante la Resistenza e nel corso di grandi lotte (La testimonianza di Umberto Scalia, in B.C. 1914-1983, pp. non numerate).
Il 1956 rappresentò un anno cruciale nella biografia politica del Corbi. Nel febbraio di quell'anno la divulgazione del rapporto di Chrugèév al XX congresso dei Partito comunista dell'Unione Sovietica non soltanto imponeva una radicale revisione dei giudizio sullo stalinismo, ma offriva a molti comunisti l'occasione per riflettere sul sistema sovietico e, più in generale, intorno al rapporto tra democrazia e socialismo. Qualche mese dopo, nel novembre 1956, l'invasione dell'Ungheria da parte delle truppe sovietiche rendeva ancora più drammatica la crisi di coscienza dei militanti del PCI, già scossi dalle rivelazioni sul periodo staliniano. In entrambe le circostanze il C. mostrò un'assoluta indipendenza di giudizio, sostenendo apertamente la necessità di una inequivocabile condanna dei "modello sovietico" ed esprimendo dubbi sulla teoria della dittatura del proletariato. In un articolo sull'Unità del 7 luglio 1956 egli rimproverò al partito ritardi ed iqdecisioni nella condanna dello stalinismo ed espresse dure critiche sulla gestione interna. Ma, a differenza di altri critici, soprattutto intellettuali, che ritennero allora non più compatibile la loro militanza comunista, il C. rimase nel partito, sperando che la ravvicinata scadenza dell'VIII congresso avrebbe offerto l'occasione per una revisione ideologica e politica. In vista delle elezioni politiche del 1958 il permanere dei suo dissenso nei confronti del gruppo dirigente dei PCI rendeva assai problematica la ricandidatura del Corbi. Quando gli fu posta come condizione per essere inserito nella lista elettorale la necessità di sconfessare le precedenti affermazioni, il C. si rifiutò di fare autocritica; perciò non solo gli fu preclusa la candidatura parlamentare, ma il 16 luglio 1958 fu anche radiato dal partito.
Dopo l'uscita dal PCI il C. si ritirò dalla politica attiva dedicandosi alla professione editoriale, i cui rudimenti aveva appreso da Del Duca nel periodo trascorso a Parigi. Fu direttore amministrativo del settimanale L'Espresso e, dal 1976, redattore dei quotidiano La Repubblica.
In questo periodo scrisse due libri di memorie, Saluti fraterni (Milano 1975) e Scusateci tanto (ibid. 1977), nel secondo dei quali il C. esprimeva la propria amarezza nel constatare quanto quei valori, in cui egli aveva sperato e creduto, fossero, a suo giudizio, assenti nella società italiana, dove ormai dominavano i "furbi", i cinici ed i corrotti e dove la Resistenza era divenuta un "ricordo ingombrante e fastidioso".
Morì a Roma il 26 nov. 1983.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1469, fasc. 114293; Assemblea costituente, Attività dei deputati, Indice alfabetico, pp. 81-82; Camera dei deputati, Prima legislatura 8 maggio 1948-1° aprile 1953, Atti del Parlamento italiano, Attività parlamentare dei Deputati, Indice alfabetico, pp. 536-538; Camera dei deputati, II legislatura della Repubblica, Indice generale dei volumi degli atti parlamentari, Attività parlamentare, pp. 704-707; P. Spriano, Storia dei Partito comunista italiano, IIIV, Torino 1970-1975, ad Indices; G. Bocca, Palmiro Togliatti, Bari 1973, ad Indicem; P. Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-1945, Milano 1973, ad Indicem; N. Amiconi, Il comunista e il capomanipolo, Milano 1977, pp. 181-183, 272-278, 285 s., 310-314, 341 s., 365; P. Craveri, Sindacato e istituzioni nel dopoguerra, Bologna 1977, pp. 109, 125, 137, 139; A. Gambino, Storia del dopoguerra. Dalla Liberazione al potere DC, Bari 1978, pp. 316, 332, 365; La Costituzione italiana. Analisi degli emendamenti, a cura di A. Cerizza, Milano 1979, ad Indicem; N. Ajello, Intellettuali e PCI 1944-1958, Bari 1979, ad Indicem; A. Dal Pont-S. Carolini, L'Italia dissidente e antifascista, Milano 1980, ad Indicem; A. Vallocchia, Ricordo di B. C., in Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla Resistenza, IV (1983), pp. 255-271; B. C. 1914-1983, a cura di Presenza culturale, Avezzano s. a. Vedi inoltre: I 556 deputati alla Costituente, Roma 1946, p. 183; I deputati e senatori del primo Parlamento repubblicano, Roma 1949, p. 171; I deputati e senatori del secondo Parlamento repubblicano, Roma 1955, p. 100; Chi è? Dizionario biografico degli Italiani d'oggi, Roma 1961, ad vocem; Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, I, Milano 1968, ad vocem.