CASTIGLIONI, Bruno
Nacque a Milano il 12 maggio 1898 da Oreste e Luigia Alessi. Nel 1915, all'età di 17 anni, chiese di partecipare alla prima guerra mondiale, seguendo in tal modo la tradizione patriottica della sua famiglia, ma la domanda non fu accolta, per cui, appena compiuti i corsi liceali nella città natale, si trasferì a Padova per dedicarsi agli studi preferiti, quelli di geografia fisica, sotto la guida di L. De Marchi, del quale divenne l'assistente. Solo più tardi egli pote arruolarsi nel corpo degli alpini; terminata la guerra mondiale, tornò ai suoi studi in Padova, dove si addottorò in scienze naturali nel 1920 con una tesi sulla Cirenaica e dove restò per alcuni anni, assistente alla cattedra di geografia fisica.
Nelle prolungate campagne sulle Dolomiti per i lavori di rilevamento geologico, accanto al De Marchi e ad altri insigni studiosi, si formò quella sua particolare preparazione di geomorfologia, che di lui farà un maestro ancora in giovane età. Libero docente in geografia fisica nel 1929, coltivò in pari tempo la geologia e geografia; a questa si dedicò poi più decisamente vincendone nel 1936 per concorso la cattedra all'università di Messina nella facoltà di scienze donde - due anni dopo - passò a Pavia, nella facoltà di lettere. Richiamato alle armi nel 1939 come capitano degli alpini, fu in Albania.
Alla fine della seconda guerra mondiale, il 26 apr. 1945,il C. si offriva di parlamentare con una compagnia tedesca che continuava a far fuoco alla periferia di Pavia, pur avendo il locale comando tedesco già firmato la resa. Veniva colpito a morte, e il giorno dopo, il 27 aprile, decedeva all'ospedale di Pavia. Gli fu conferita la medaglia d'argento alla memoria.
L'attività scientifica del C. si svolse nel periodo immediatamente seguente a quello che è considerato il più fecondo per la geografia italiana. Nei primi venti anni di questo secolo, infatti, si concretarono proposte e iniziative per la costituzione di organismi con compiti di studio ben determinati, migliorarono le vecchie pubblicazioni specializzate mentre ne sorgevano di nuove, ed iniziarono studi particolari rivolti alla genesi della morfologia terrestre. Nuove dottrine geomorfologiche, di origine tedesca e americana, si diffusero in Italia. Fra coloro che accolsero queste teorie con atteggiamento critico furono G. Rovereto ed il C., il quale volle riesaminare le idee correnti sulla base di osservazioni personali.
La sua produzione, che comprende temi geografici, glaciologici e di geografia antropica, mantiene sempre evidenti legami con la geologia. Assai pregevoli i fogli geologici al 100.000 delle Alpi Orientali, pubblicati dal Magistrato alle acque, e le due ampie e complete monografie sul gruppo montuoso delle Pale di San Martino e su quello del monte Civetta, preparate da anni di lavoro e di osservazioni.
In esse, come nei due scritti sulla genesi della Valle del Biois, il C. riprende uno studio che era rimasto interrotto dopo le ricerche di T. Taramelli e E. von Mojsvar, cinquanta anni prima. Nel definire la struttura, la pendenza e la sovrapposizione di pieghe e banchi rocciosi, egli intendeva delineare una storia delle dislocazioni avvenute. Il territorio infatti della Valle del Biois nelle Dolomiti, delimitato dal gruppo del Civetta ad est e dalle Pale di San Martino a sud, era allora uno dei più trascurati dal punto di vista morfologico e tettonico. Il C. rilevò che nella tettonica di questa regione, diversamente da quanto si riteneva in precedenza, v'è un motivo generale di pieghe, lo stesso che secondo gli studi del Dal Piaz prevale in tutte le Alpi venete. Dei vari modi secondo i quali si differenzia questo andamento generale in corrispondenza ai tipi litologici prevalenti nelle rocce sovrapposte, il C. dette notizie, corredando i lavori di carte geologiche di dettaglio, di profili, di vedute.
Il C. si occupò, come si è detto, anche di glacialismo quaternario ed attuale, tanto delle Alpi italiane che dei rilievi albanesi. Fanno parte di questa produzione numerose relazioni sulle campagne glaciologiche compiute in tanti anni consecutivi, per incarico dell'apposito Comitato, che lo condussero sia ad una completa illustrazione dei ghiacciai delle Dolomiti, delle Breonie, delle Venoste orientali, sia alla preparazione della bellissima Carta delle Alpinel Glaciale contenuta nell'Atlantefisico-economico d'Italia di G. Dainelli (Milano 1940), carta che realizza una sintesi mirabile della bibliografia esistente sulle condizioni delle Alpi e della Pianura padana durante il periodo glaciale.
Agli studi di geografia fisica appartengono le ricerche sull'Appennino Settentrionale e Centrale, intraprese per tentare di risolvere il problema morfologico dell'asimmetria delle valli nei terreni argillosi del Pliocene che, secondo il C., sarebbe da mettere in rapporto con la struttura tettonica.
Ma il C. lasciò la sua più profonda impronta nel campo delle dottrine idrografiche; avanzò un'ipotesi originale, che anche il De Marchi più tardi accettò, con la quale tendeva sminuire l'importanza dell'erosione regressiva dei fiumi, nella evoluzione della rete idrografica. Questa trova le sue cause principali nei processi di riempimento e di tracimazione, così frequenti nelle fasi di maturità e senilità, assai più che in processi d'erosione verticale o retrograda (la cosiddetta cattura) tipici, invece, dei corsi d'acqua assai giovani.
Nel suo ultimo articolo, apparso nello stesso Bollettino della Società geografica italiana che contiene la sua necrologia (s. 7,X [1945], 2, pp. 88-104), troviamo lo studio sui Problemi geomorfologici dell'Albania, mentre nel 1943 la regione albanese era già stata descritta, in forma di monografia, nel volume L'Albania, pubblicato a Bologna a cura della Società geografica; esso costituiva il risultato della spedizione scientifica organizzata dalla Società stessa e della permanenza del C. in quella regione nel 1939. Oltre alla Cirenaica e all'Albania, egli conosceva personalmente gran parte dell'Europa centrale, avendo partecipato a varie escursioni, sia della Società geologica sia della Società geografica.
La morte lo colpì prima che potessero essere pubblicati i suoi lavori sull'irrigazione in Val di Sole e sul glacialismo quaternario dell'Albania (quest'ultimo uscito poi in Memorie dell'Istituto geologico della Università di Padova, XVI [1949-50], pp. 1-48).
Tra le opere di maggior interesse ricordiamo: Le tracce glaciali del Col Visentin presso Belluno, in Atti d. Acc. scient. ven.-trent.-istriana, s. 1, XIV (1923), pp. 48-66; Note tettoniche sulla valle del Biois (Alpi dolomitiche), ibid., XVII (1926), pp. 27-48; Sulla morfologia della valle del Biois (Alpi dolomitiche), in Bollettino d. Società geol. it.,XLV (1926), pp. 193-211; Ghiacciai delle Venoste orientali, in Bollettino del Comitato glaciol. italiano, VIII(1928), pp. 167-81; Osservazioni geologiche nel gruppo della Civetta, in Atti d. Acc. scient. veneto-trentino-istriana, XXI(1930), pp. 37-44; Sulle cause delle deviazioni dei fiumi, in Zeitschrift für Geomorphologie, VIII(1934), pp. 224-53; Studi morfologici nell'Italia centrale, in Boll. d. Soc. geogr. it., s. 6, XI (1934), pp. 22-30; Il gruppo delle Pale di S. Martino..., in Mem. d. Ist. geol. d. Univ. di Padova, XIII (1939), pp. 1-104 La regione albanese, in L'Albania, Bologna 1943, pp. 3-120; Problemi geomorfologici dell'Albania, in Sitzungsberichte der Zusammenkunft europäischer Geographen in Würzburg, Leipzig 1943, pp353-80, riprodotto poi in Boll. d. Soc. geogr. ital., s. 7, X (1945), pp. 88-104.
Bibl.: B.C.,in Boll. della Soc. geol. ital.,LXV (1946), pp. 10-13; F. Milone, B.C.,in Boll. della Soc. geogr. ital., s. 7, X (1945), pp. 83-86; M. Ortolani, L'opera scientifica di B.C.,in L'Universo, XXVII (1948), 4, pp. 387-397; F. Bertossi, B.C.,in Annuario dell'Università degli studi di Pavia, ann. acc. 1944-47, pp. 395-398; A. Sestini, B.C.,in Riv. geografica ital.,LII (1945), pp. 23-26.