Springsteen, Bruce
The boss
Musicista rock statunitense, Bruce Springsteen, nel corso di una lunga carriera iniziata negli anni Sessanta, ha alimentato e perpetuato il mito del sogno libertario americano. Nel solco della tradizione di Bob Dylan, ha saputo cantare la grandezza e le contraddizioni della società statunitense, offrendo un ampio affresco del suo paese in versi e in musica
Bruce Frederick Joseph Springsteen nacque a Freehold Borough (New Jersey) nel 1949, in una famiglia del ceto medio di provincia. Catturato fin da bambino dall’onda lunga del successo del rock ’n’ roll, nel 1965 mise a frutto la sua passione per Elvis Presley e Bob Dylan, entrando a fare parte dei Castiles, rock band ispirata al beat inglese che si esibiva nel circuito del Greenwich village a New York. La breve esperienza con la band lo convinse a intraprendere la via del rock e nel 1969, dopo sporadiche altre esperienze musicali (nei gruppi Earth e Child), diede vita agli Still Mill con Danny Federici, Vinnie Lopez e Steve Van Zandt.
Un’intensa stagione di concerti in tutti gli Stati Uniti con un ottimo riscontro di pubblico e critica attirò le attenzioni dei discografici, ma nel 1971 Springsteen sciolse il gruppo per cercare nuove soluzioni.
Nel 1972 ottenne un’audizione per la Columbia e successivamente un contratto. Insieme a Vinnie Lopez, Clarence Clemons, Garry Tallent e David Sancious registrò il primo album Greetings from Asbury park, N.J. Il gruppo, ribattezzato E Street Band, esordì dal vivo senza Sancious e con Danny Federici sul finire dello stesso anno, dando inizio a un’estenuante e leggendaria attività dal vivo. L’anno successivo venne pubblicato l’esordio del nuovo gruppo, nel quale l’approccio cantautorale è sorretto da una solida impalcatura rock. Per Springsteen fu un album di formazione, attento all’universo della provincia americana e ai suoi drammi nascosti.
Il successivo The wild, the innocent & the E Street shuffle, più meditato, presentava un minore impatto rock ’n’ roll ma un respiro lirico più ampio, segno della maturazione dello Springsteen autore; rappresentò inoltre il battesimo di quella poetica che avrebbe informato tutta la sua produzione, incentrata sui temi della disillusione e della fuga.
L’entusiasmo attorno a Springsteen e alla sua band crebbe e qualcuno intuì in lui il futuro del rock ’n’ roll. Dopo alcuni rimaneggiamenti nella E Street Band e l’entrata nella formazione del chitarrista Steve Van Zandt, nel 1975 il musicista pubblicò il suo primo album best seller, Born to run, nato da un imponente lavoro di produzione. L’impatto sul mercato discografico di Springsteen fu enorme, tanto che il settimanale Time gli dedicò la copertina. La canzone del titolo era la parte che rappresentava il tutto: un drammatico e romantico affresco di vita americana tra ribellismo rock ’n’ roll e introspezione, nel quale si coglie la disperata esigenza di trovare infine una via di uscita.
Bloccato da questioni contrattuali legate a una vertenza giudiziaria contro il manager Mike Appel relativa all’utilizzazione del repertorio, Springsteen tornò sul mercato discografico solamente alla metà del 1978 con The darkness on the edge of town. Questa volta al centro dell’attenzione del cantautore era la storia amara di un’America operaia sottopagata ma al tempo stesso fiera.
Nel 1980 pubblicò il doppio The river – ideale continuazione dei temi del precedente ma meno aggressivo dal punto di vista musicale – che può essere considerato un ponte verso le soluzioni acustiche di Nebraska (1982), dieci canzoni folk-rock per chitarre acustiche ed elettriche, voce e armonica, dove esplorava storie ancora più drammatiche di marginalità criminale.
Nei successivi due anni Springsteen, che si era guadagnato il soprannome di The Boss per l’autorevolezza con la quale guidava energiche esibizioni dal vivo, ha scritto quasi un centinaio di brani per quello che è risultato essere il suo album più conosciuto e celebrato, Born in the usa (1984), un’inaspettata sterzata nella direzione di una produzione più levigata e pop, ma densa di singoli memorabili come I’m on fire, Glory days, Dancing in the dark e Born in the usa.
Proprio la traccia che dava il titolo all’album è diventata un acclamato inno, la cui lettura si prestava a più interpretazioni. Utilizzato dal Partito repubblicano americano durante la campagna per la rielezione del presidente Ronald Reagan, il brano racconta la storia di un reduce dal Vietnam che, partito per evitare la prigione, una volta tornato in patria avverte l’ostilità dei contestatori della guerra e persa ogni fiducia nell’American dream rimane intrappolato in una vita da incubo. L’album è stato un incredibile successo commerciale: per più di un anno non uscì dalla classifica dei dieci album più venduti.
Nel 1985 ha partecipato alla registrazione del singolo We are the world realizzato da usa for Africa per raccogliere fondi per le popolazioni africane colpite da carestia, e al singolo contro l’apartheid Sun city.
Nel 1987 uscì Tunnel of love, dove l’artista indagava con la stessa drammatica urgenza di sempre il mondo delle relazioni sentimentali. L’anno dopo affrontò le date di Human rights now! un tour organizzato da Amnesty International, e congedò la E Street Band per affidarsi a musicisti ingaggiati a turno. Le esibizioni dal vivo, interminabili e di grande impatto, cui Springsteen si è dedicato nel corso degli anni sono state oggetto di migliaia di registrazioni non autorizzate (bootlegs).
Nel 1986 un’esauriente raccolta di brani live è stata pubblicata con il titolo Live 1975-1985. Nel frattempo Springsteen ha lavorato alle canzoni di Human touch e a parte delle canzoni che compaiono in Lucky town. Entrambi gli album sono stati pubblicati alla fine di marzo del 1992 e sono stati considerati dalla critica come episodi transitori nei quali la poesia urbana si stempera in tematiche più generiche. Il più consistente successo degli anni Novanta è rappresentato da un brano, Streets of Philadelphia, che nel 1994 ha fruttato a Springsteen un Oscar per la migliore canzone.
Nello stesso anno il cantautore si è messo al lavoro su un album che non ha mai visto la luce; in seguito però, riformata temporaneamente la E Street Band, ne ha registrato alcuni brani per un’antologia che raccoglie il meglio della sua produzione, Greatest hits (1995). In questo stesso periodo ha pubblicato un album che lo riportava alle atmosfere di Nebraska, e cioè The ghost of Tom Joad.
Questo album, il più espressamente politico di Springsteen, trae ispirazione da un capolavoro cinematografico di John Ford del 1940, Furore, e prospetta un inquietante parallelismo tra la Grande depressione che piegò gli Stati Uniti negli anni Trenta e la situazione economica e sociale degli anni Novanta. Questo lavoro non è risultato campione di vendite, ma ha guadagnato nel 1997 un Grammy award come migliore album di folk contemporaneo.
Nel 1999 Springsteen ha riunito nuovamente la E Street Band per entrare nell’Olimpo della musica rock, la Rock ’n’ roll hall of fame, e con questa stessa formazione ha poi ripreso a suonare sistematicamente dal vivo. Nel giugno del 2000 il musicista è ritornato al centro dell’attenzione di tutto il mondo dopo avere suonato dal vivo ad Atlanta American skin (41 shots), canzone che racconta la vicenda di Amadou Diallo, un immigrato africano ucciso dalla polizia con 41 colpi di pistola durante un semplice controllo.
L’anno successivo ha pubblicato il doppio album dal vivo Live in New York City e il 21 settembre ha partecipato allo special televisivo per onorare le vittime degli attentati terroristici dell’11 settembre al World Trade Center di New York. La tragedia delle Torri gemelle ha ispirato anche The rising (2002), album che segna un ritorno al robusto rock ’n’ roll degli esordi e testimonia il senso di perdita e di smarrimento di tutto il popolo americano.
Il successivo tour ha visto Springsteen utilizzare il palco per messaggi di pace e proclami politici contro la guerra in Iraq; nell’ottobre del 2004 il musicista ha anche preso parte al Vote for change tour, nell’ambito della campagna delle elezioni presidenziali per il candidato democratico John Kerry. Nell’aprile del 2005 è stata la volta di Devils & dust, un altro album acustico senza l’appoggio della E Street Band, che propone ancora una volta un viaggio nel lato oscuro dell’America e dell’animo umano.