BROGLIA (Broglio), Cecchino, detto Broglia da Trino o da Tridino
Della famiglia Broglia di Chieri, nacque molto probabilmente a Trino presso Vercelli. Mancano notizie sud suoi genitori, sulla data di nascita e sugli inizi della carriera. Viene ricordato per la prima volta nelle fonti negli anni 1386-1387 come condottiero al soldo dei Carrara nella guerra contro i Della Scala di Verona. Poi, nel 1390, scorreva la Marca d'Ancona, saccheggiando il contado di Fermo. In quest'anno o nel successivo entrò al servizio di Gian Galeazzo Visconti con Brandolino Brandolini, con il quale collaborò strettamente fino alla morte dello stesso avvenuta nel 1396. Nel 1391 combatté contro l'esercito fiorentino a Pisa e poi ad Alessandria, sotto il comando di Giacomo Dal Verme, contro il corpo di spedizione del conte Jean III d'Armagnac che Firenze aveva opposto al Visconti.
Dopo la pace di Genova, che mise fine al conflitto tra Firenze e Milano, il B. venne licenziato dal Visconti. Si unì allora con altri capitani, rimasti come lui senza soldo, e con questa "societas latronum" - come la chiamavano i contemporanei - si mosse verso l'Umbria per farne la base da cui partire per le scorrerie contro le maggiori città della Toscana. Tra l'autunno, del 1392 e la metà del 1393 fu saltuariamente al soldo del rettore della Marca d'Ancona; quindi stazionò, quasi sempre libero da impegni, in Umbria con non poca preoccupazione dei Fiorentini. Nel maggio 1394 venne assoldato con mille cavalieri e trecento fanti per la difesa di Todi da Malatesta di Pandolfo Malatesta, allora in lotta con la Chiesa. Sospettato di tradimento, fu arrestato nell'agosto a Orte; liberato, poi, dalla compagnia di ventura bretone al servizio della corte avignonese, nel settembre del 1394 accettò una condotta "in aspetto" da Gian Galeazzo Visconti e fece scorrerie nel territorio fiorentino. Successivamente venne impiegato per breve tempo dalla S. Sede contro Biordo Michelotti di Perugia. Nel giugno del 1395 lo troviamo, invece, a combattere contro i Pontifici insieme con i Bretoni guidati da Bernardon de Serres; nello stesso tempo combatteva anche per conto di Iacopo d'Appiano, partigiano del Visconti a Pisa, contro Lucca e Firenze. Ma poco dopo passò al soldo del "chelotti, suo precedente avversario.
I tentativi della corte di Roma di assoldarlo nuovamente ebbero successo soltanto nell'aprile del 1396, dopo la conclusione della pace tra Perugia e la S. Sede. Anche Firenze contribuì al pagamento del soldo. Nell'estate, senza tener conto della pace da poco conclusa, il B. attaccò Perugia con il tacito consenso del pontefice. Nel novembre dello stesso anno, a quanto pare, accettò di nuovo una condotta "in aspetto" da Gian Galeazzo Visconti, dopo aver reso vani i tentativi dei Fiorentini che nell'autunno avevano cercato di assoldarlo offrendogli 16 fiorini mensili per ogni lancia (cifra eccezionalmente alta tanto più se si considera che in quei decenni le paghe tendevano al ribasso); la previdenza del Visconti fu premiata l'anno successivo, quando la crisi politica che doveva sfociare nella guerra di Mantova fece risalire le paghedei condottieri. Impegnato inizialmente contro Firenze e i suoi collegati, nell'autunno del 1397 fu inviato dal Visconti anche contro Biordo Michelotti a Perugia nell'interesse anche di Bonifacio IX, che era stato indotto all'intesa col Visconti dalla lega franco-fiorentina del 1396. Approfittando dei disordini scoppiati in Umbria dopo l'assassinio del Michelotti, il B. si fece acclamare il 17 ott. 1398 signore di Assisi con il titolo di gonfalonerius et dominus generalis. Pur operando per lo più in questo periodo d'intesa con Bonifacio IX, non mancò di sfruttare la posizione conquistata in Umbria anche contro di lui, tanto che nel marzo del 1399 il pontefice decise di concludere con il B. una tregua: nell'atto relativo sono indicate come adhaerentes al B. molte cittadine da Civitella d'Agliano nel Lazio fino a Ostra nella Marca d'Ancona.
La sua attività militare ebbe importanti conseguenze politiche: nel 1399 Siena, anche per sfuggire alla sua minaccia, si alleò con Gian Galeazzo Visconti e nel gennaio dell'anno seguente Perugia, per difendersi dalle scorrerie compiute dal B. con il tacito consenso del pontefice, si dette al Visconti che ne assunse la signoria. I contraccolpi di questa politica non mancarono di farsi ben presto sentire non solo per la Chiesa ma anche per lo stesso B., il quale nel marzo 1400 era costretto a cedere al Visconti la signoria di Assisi. Da allora combatté al soldo di Firenze, da cui aveva accettato nell'autunno 1398 una condotta "in aspetto" per tre anni.
Il B., come il suo collega Brandolino Brandolini, sfruttò come nessun'altro capitano del suo tempo l'istituto della condotta "in aspetto", che lasciava al condottiero assoldato con questa formula piena libertà d'azione fino a richiesta, garantendogli nel contempo la metà del soldo. Operando inizialmente con il Brandolini - con il quale più tardi venne confuso -, dopo la morte di questo si legò all'altro capitano Conte da Carrara. I suoi mandanti, che egli usava cambiare con stupefacente rapidità e disinvoltura, restarono spesso sconosciuti ai contemporanei e insieme con loro il significato politico delle sue imprese. Questa circostanza risulta oggi decisiva nella valutazione della responsabilità politica dei numerosi conflitti del tempo. In effetti i contemporanei ritennero questo temutissimo capitano sempre al soldo del nemico e quando ignoravano chi lo aveva ingaggiato lo indicavano semplicemente come "capitano di compagnia di ladroni". Egli fu anche considerato come il maestro di Attendolo Sforza e del Tartaglia.
Morì di peste ad Empoli il 15 luglio 1400 e nella sua qualità di capitano della Signoria di Firenze venne sepolto con una solenne cerimonia nel duomo di questa città.
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