BROCCA DEGLI ARIETI, Pittore della (Ram Jug Painter; Maler der Widderkanne)
Ceramografo attico, che ha dipinto nello stile "nero e bianco" un gruppo di vasi, fra i migliori del Protoattico Medio (675-650 a. C.). Il nome deriva da uno dei suoi lavori più belli, una brocca frammentaria del museo di Egina (Kraiker n. 566), con la fuga di Odisseo e dei suoi compagni, nascosti sotto un ariete. Per primo, il Cook ha avvicinato alla brocca un gruppo di vasi; altri ne furono aggiunti dal Gebauer. Varî studiosi, tuttavia, non accettano, o accettano solo parzialmente, le attribuzioni proposte.
Il pittore ha dipinto soprattutto sostegni di cratere, crateri, anfore, cioè grandi vasi che gli permettevano di dare al fregio principale, prevalentemente narrativo, dimensioni notevoli e, quindi, maggior risalto. Appartiene, cioè, a quella corrente del Protoattico che dipinge in stile monumentale, a grandi figure. Ha usato tecniche svariate: la silhouette, talvolta con particolari sopradipinti in bianco, o incisi; la linea di contorno con particolari interni in vernice nera, talvolta diluita e brunastra. Ha usato abbondantemente il bianco anche per i corpi maschili, ma non lo adopera in eguale misura su tutti i vasi: in alcuni è la tinta predominante, in altri si trova solo per particolari. Non sembra aver usato gli esuberanti motivi vegetali, volute e lacci, frequenti nei pittori della sua età. Il suo schema decorativo è semplice: un alto fregio, spesso narrativo, quasi un quadro a pochi personaggi; uno, o più fregi minori, generalmente raggi triangolari, o una fila di animali che pascolano. Sono fregi semplici che non distolgono l'attenzione dalla scena principale. Anche i motivi di riempimento sono rari.
La brocca Egina n. 566, a cui il pittore deve il nome, è a corpo schiacciato, una forma non usuale nella ceramica attica di questa età, frequente in quella di altre fabbriche. Perciò è stato supposto che il vaso non fosse attico, ma protocorinzio, argivo, cretese, cicladico, eginetico. Il ritrovamento di altri vasi attici di uguale mano ha chiuso la questione. Sulla brocca, la composizione della scena è semplicissima: tre arieti, di cui uno solo quasi completo, avanzano tranquilli l'uno dietro l'altro, un Greco è aggrappato a una delle corna. Gli uomini sono lunghi e magri; gli animali, invece, hanno una corporeità rara in questo periodo, son disegnati con mano sicura e caratterizzati anche nella lana ricciuta; il grande occhio umano dà loro uno sguardo mansueto e intelligente. Ciascun ariete è simile agli altri (quello centrale, più grande, sarà quello di Odisseo); ciascun uomo è simile ai compagni. La triplice ripetizione di uno stesso schema è ricca di effetto. Le teste di Odisseo e del compagno sono disegnate quasi di tre quarti: è una innovazione che il pittore non usa altrove e che rimane isolata. La tecnica usata è quasi esclusivamente la linea di contorno; i corpi umani sono dipinti in bianco. La brocca non è il più antico lavoro del pittore, è anzi uno dei più tardi. L'inizio della sua produzione è stato visto in un frammento di cratere della Collezione Vlasto, ad Atene, con una grande sfinge. L'abbondante e uniforme riempitivo a linee ondulate, quasi sfondo a tappeto, avvicina il pittore di questo frammento ai pittori del Protoattico Arcaico, specialmente al Pittore della Mesogeia, ma l'uso del bianco e il disegno mostrano che egli è più recente. L'attribuzione al Pittore della B. degli arieti pertanto non convince; benché la sfinge abbia una monumentalità che ricorda altre figure disegnate dal pittore, il frammento sembra esserne lontano per l'abbondante riempitivo e per la cronologia.
Per quanto si può giudicare da un disegno, gli appartiene un cratere frammentario ad Atene, con cervi pascolanti e sfingi. Queste hanno già il caratteristico profilo e il cranio piatto della brocca degli arieti. Lavoro giovanile è stato detto il cratere frammentario di Berlino A 32, attribuitogli dal Gebauer (il Kraiker non lo ritiene opera del pittore: v. Berlino a 32, pittore di). Sulla faccia principale del vaso è una drammatica scena di lotta; sulla faccia posteriore sono conservate una figura femminile, che l'arco e la faretra fanno identificare con Artemide, e parte di una figura maschile, in cui si è voluto vedere Apollo; ma è strano trovarlo barbato, benché siano noti altri esempî (v. Roscher, i, c. 454) di raffigurazioni di Apollo con la barba. Le figure sono rudi, tozze, sgraziate, ma sono potentemente concepite e vedute. Tale è la potenza e il dramma della scena di lotta, che si è voluto vedervi una scena mitologica, difficile tuttavia a precisare: una impresa di Eracle, o la morte di Egisto, o quella di Agamennone. Profili e teste dei personaggi e teste dei cavalli pascolanti sono simili a quelli delle figure e arieti sulla brocca; una certa angolosità nel disegno ha fatto supporre che il cratere le sia anteriore. È il solo vaso del pittore, tuttavia, che dia delle indicazioni anatomiche (ginocchia delle figure umane; spalla e costole dei cavalli), perciò è difficile crederlo un lavoro giovanile. Il frammento Egina n. 582 (testa di sfinge) è contemporaneo al cratere e gli è molto vicino. Un frammento di tazza a Egina, n. 584, con cavaliere (?), è molto vicino ad un'altra anfora di Berlino, A 9, anch'essa attribuita al Pittore della B. degli arieti in base alla somiglianza con l'opera da cui egli prende nome. Il Kraiker, tuttavia, esclude frammento e anfora dalla produzione del pittore (v. berlino a 9, pittore di). L'anfora ha sul corpo un'unica scena figurata, divisa su due facce: su una è il centauro Chirone, sull'altra Peleo con il piccolo Achille, che il saggio centauro dovrà educare. Il corpo agile del centauro si stende obliquo sulla superficie del vaso, parallelo al ramo da cui pende la preda; l'altro lato è troppo poco conservato per giudicarne la scena. Il disegno è sicuro, le curve slanciate, la composizione abile. Il vaso è forse il migliore nella produzione del pittore ed uno dei capolavon del Protoattico.
Il cratere frammentario di Berlino A 43, con leoni in marcia, mostra l'altezza raggiunta dal pittore nel campo decorativo. Ne rimane un solo leone, ricco di vita e movimento, dipinto a silhouette e linea di contorno, coi particolari interni (in bianco sul corpo nero) tracciati con tocco sicuro. La criniera, a metà collo, sembra agitarsi impaziente. Malgrado i denti aguzzi, ispira più ammirazione che paura. È un magnifico animale, di cui bisogna aminirare la potenza e vitalità, le possibilità latenti e, al tempo stesso, le belle curve, che indicano un artista di prim'ordine. Per il Kraiker questo cratere non è di mano del Pittore della B. degli arieti.
Il Gebauer attribuisce al pittore un cratere vicinissimo a quello di Berlino A 43, il cratere Burgon del British Museum (A 535), con due leoni araldici che ripetono, in tono minore, il leone di Berlino. Altri studiosi considerano i crateri vicini, ma non di uguale mano (v. burgon-cratere, pittore del). A conferma di questo, si noti che le volute a laccio sulla faccia posteriore del cratere Burgon, non esistono su altri vasi del pittore. Anche il sostegno di cratere di Berlino A 42, con processione di guerrieri greci, guidati da Menelao, attribuito dal Cook e dal Beazley (con riserve), lascia incerti. Il Cook lo pone fra la sfinge del frammento Vlasto, anch'esso di dubbia appartenenza, e la brocca con Odisseo e gli arieti. Il sostegno è interessantissimo per il soggetto e per l'iscrizione Menela(s), una delle più antiche su vasi greci; ma le lunghe figure magre e pettorute, che avanzano dignitose e compassate, non sembrano aver rapporti di stile con i personaggi energici e massicci, dalle larghe spalle e gesti decisi, di Berlino A 32 e neppure con Odisseo e i suoi compagni, sulla brocca di Egina, sottili e agili. Anche la forma del cranio e i profili differiscono. Il sostegno Berlino A 42 è molto vicino, invece, all'anfora da Eleusi con l'accecamento di Polifemo e Perseo e le Gorgoni.
Al pittore sono stati attribuiti anche due frammenti di un grande vaso trovato sull'acropoli di Atene, uno dei quali con l'iscrizione Anteno(r) (v.).
Bibl.: J. M. Cook, Protoattic Pottery, in Annual Br. Sch. Athens, XXXV, 1934-35, pp. 189 ss., 193 ss. (con elenco di vasi attribuiti al pittore); R. Eilmann - K. Gebauer, C. V. A., Berlino I, Monaco 1938, p. 7 (con lista delle attribuzioni) e le recensioni di J. M. Cook, in Journ. Hell. Stud., LIX, 1939, p. 151 s. e di R. S. Young, in Amer. Journ. Arch., XLIII, 1939, p. 714 ss.; T. J. Dunbabin, An Attic Bowl, in Annual Br. Sch. Athens, XLV, 1950, p. 201, nota 25; Fr. Matz, Geschichte d. gr. Kunst, I, Francoforte 1950, pp. 306 ss., 310 ss., il quale non accetta le attribuzioni proposte; W. Kraiker, Aigina. Die Vasen des 10. bis 7. Jhdts., Berlino 1951, p. 87 s., n. 566; 89, n. 582; 90, n. 584; J. D. Beazley, Development of Attic Black-Figure, Berkeley - Los Angeles 1951, p. 7 ss. - Anfora da Eleusi: Illustrated London News, 1954, 13 novembre, p. 841; Am. Journ. Arch., LIX, 1955, tav. 67, fig. 3; Bull. Corr. Hell., LXXIX, 1955, p. 221 s.; J. M. Cook, Archaeology in Greece, 1950-1951, in Journ. Hell. Stud., LXXII, 1952, tav. I, 4 b dell'estratto (un frammento dall'acropoli di Atene).