BRITAUD DE NANGIS, Jean
Appartenente alla nobile e influente famiglia francese dei signori di Nangis-en-Brie che possedeva terre e feudi nella Francia centrale e nella Champagne, il B. nacque da Henri nella prima metà del sec. XIII.
Poco si sa di lui prima della sua decisione di accompagnare in Italia il conte d'Angiò e di Provenza, Carlo, fratello del re di Francia. I cronisti riferiscono, senza però indicare la data, solo un episodio: il B., accusato da un suo personale avversario, Pierre Dubois, di avergli ucciso il figlio, fu arrestato per ordine di re Luigi IX e detenuto in prigione a Etampes per più di un anno, finché un'inchiesta disposta dal re accertò la sua innocenza. Nel 1260, o forse già nel 1256, il B. fu nominato panettiere del Regno di Francia.
Le notizie biografiche, relative al B. diventano più frequenti a partire dalla discesa di Carlo d'Angiò in Italia nel 1265. A quel che pare, già in quell'anno (ad ogni modo non più tardi dell'inizio dell'anno seguente, dopo la sconfitIa di Manfredi a Benevento) Carlo I elevò il B. alla più alta carica del suo nuovo regno, quella di connestabile del Regno di Sicilia, affidandogli così il supremo comando di tutte le forze armate del reame.
Che il connestabile fosse considerato veramente il più alto dignitario del Regno rivelano chiaramente i capitoli relativi a quest'ufficio, secondo i quali al B. spettava la precedenza su tutti i baroni del. Regno e il posto più vicino al re nelle cerinionie ufficiali e in particolare in caso di incoronazione e di riunione dei parlamenti.
Di piccola statura, ma valentissimo cavaliere e temuto condottiero, il B. si distinse in particolar modo nella battaglia di Tagliacozzo, combattuta nell'agosto del 1268 contro il giovane Corradino di Hohenstaufen, battaglia che si concluse, grazie alla grande abilità del B., con la schiacciante vittoria degli Angioini. Nell'ottobre dello stesso anno 1268 assistette al processo. e all'esecuzione capitale di Corradino di Hohenstaufen; questi stese, proprio in presenza del B., il testamento, e lo incaricò di informare della sua misera fine gli zii materni, i duchi di Baviera.
Poco dopo Carlo I d'Angiò affidò al B. un altro incarico di grande responsabilità, nominandolo il 7 dic. 1268 suo vicario in Toscana.
Da quando era riuscito a farsi no da Clemente IV prima paciere, poi vicario imperiale in Toscana, Carlo I d'Angiò si era impegnato al massimo per accrescere la sua influenza in questa regione, dove, con la discesa di Corradino di Hohenstaufen, la fazione ghibellina aveva riguadagnato terreno. Anche se i Fiorentini avevano conferito nel 1267 a Carlo d'Angiò la signoria della loro città per sei anni, infatti, Siena e Pisa, dominate dalla fazione ghibellina, erano rimaste ostili all'espansione agioina in Toscana.
In questa difficile situazione, la nomina a vicario in Toscana costituiva un atto di particolare fiducia di Carlo I nelle capacità politico-diplomatiche e militari del B., che all'inizio del 1269 si trasferì in Toscana con settecento cavalieri francesi.
Il B. - "messer Giambertaldo" nelle fonti fiorentine - iniziò la sua attività come vicario reale con un'inchiesta intesa ad accertare la consistenza e l'estensione dei diritti imperiali in Toscana. Tale inchiesta è documentata solo per San Gimignano, ma è molto probabile che fosse eseguita anche in altre città.
Nella primavera del 1269 il B. iniziò le ostilità contro la ghibellina Siena. Con questa campagna vanno probabilmente connesse le disposizioni del vicario dirette a costringere tutti i fuorusciti guelfi di Siena a concentrarsi a Montepulciano per poter resistere meglio agli attacchi.
Il 17 giugno 1269 il B., alla testa di un esercito di Francesi e Fiorentini di numero inferiore a quello senese, riuscì a sconfiggere gravemente i Senesi a Colle Val d'Elsa. Questa vittoria fu salutata a Firenze come la rivincita della grave sconfitta subita nel 1260 a Montaperti ad opera dei Senesi. Nell'autunno dello stesso anno il B. insieme con i contingenti fiorentini e lucchesi si diresse anche contro Pisa, ma, avendogli ostacolato il maltempo ogni azione decisiva, alla fine fu costretto a ritirarsi senza aver concluso nulla.
Oltre a queste imprese militari il B. dispiegò anche una vasta attività diplomatica e amministrativa, sempre diretta a rafforzare la presenza angioina in Toscana.
Così nell'autunno del 1269 confermò il patto di alleanza tra il re di Sicilia e San Gimignano; introdusse a Prato il nuovo podestà, perseguì con risolutezza, se non addirittura con durezza, l'esazione dei tributi dovuti al fisco regio. Nel dicembre del 1269 minacciò ai Fiorentini una pesante multa di 100.000 libbre tornesi, se non avessero versato puntualmente i contributi dovuti; nel febbraio dell'anno seguente, al parlamento della lega guelfa convocato a Pistoia, il Comune di Volterra si dichiarò addirittura incapace di continuare a sostenere il peso fiscale angioino, offrendo piuttosto la vendita di tutta la città al re.
Va ricordato ancora - particolare di grande interesse - che il B., durante il suo vicariato, assunse ai suoi servizi Brunetto Latini, rientrato da poco in Firenze, che per qualche tempo funse da capo (prothonotarius) della cancelleria vicariale.
Il re richiamò il B. dalla Toscana, per sua stessa ripetuta richiesta, nel marzo del 1270, nominando al suo posto come nuovo vicario Guido di Montfort, il 24 marzo 1270.
È da supporre che il B. avesse chiesto di lasciare la sua carica per poter partecipare alla crociata di Luigi IX di Francia contro Tunisi, alla quale si era associato anche Carlo d'Angiò, dato che il B. compare tra i cavalieri che durante la crociata componevano la corte personale, l'hôtel del re.
Tornato a Napoli nei primi giorni del 1271, il B. ricevette, insieme con alcuni altri baroni, l'incarico di introdurre nel Regno la nuova moneta angioina. L'anno seguente una missione diplomatica portò il B. in Francia.
Il 25 apr. 1272 Carlo I d'Angiò incaricò il B., Gugliemo visconte di Leladun e il siniscalco del Regno di Sicilia Galerano de Juriaco di rilevare dal nipote Filippo III di Francia l'eredità del defunto conte di Poitou, fratello di Carlo, la contea di Poitou e altre terre in Alvernia. La missione, però, non ottenne il successo sperato, perché Filippo III considerò devoluta al fisco regio l'eredità dello zio e rifiutò di cederla al re di Sicilia. Nel dicembre del 1274 Carlo I ordinò al B. di tornare nel Regno entro l'aprile del 1275; non sappiamo con sicurezza se il B. rispettò quest'ordine. Certo è che nel dicembre del 1277 Carlo I nominò il B. ancora una volta suo procuratore per trattare - inutilmente anche questa volta - la questione dell'eredità del conte di Poitou col re di Francia.
Nel corso di questa seconda missione in Francia, il B. morì, in data imprecisata, ma tra l'11 aprile e il 30 ag. 1278.
Lasciava come erede dei suoi ricchi possedimenti nel Regno di Sicilia (il 29 genn. 1279 il re Carlo gli aveva concesso tutti i cospicui possedimenti di Guglielmo de Parisio giustiziato come traditore, perché partigiano degli Hohenstaufen; ad essi in seguito il re ne aveva aggiunto vari altri) ed in Francia un figlio, ancora bambino, nato dal suo recente matrimonio con Elisa di Pietro di Beaumont, camerario del Regno di Sicilia, che al momento della morte del B. si trovava col padre in Francia. Sembra, tuttavia, che il figlio sia morto subito dopo il padre, cosicché con lui si estinse la famiglia dei Britaud.
Dal primo matrimonio del B. con Margherita di Nemours erano nate due figlie, Giovanna e Filippa, che, al tempo delle seconde nozze del padre erano già sposate. Giovanna nel 1272 fu data in sposa a Raimondo del Balzo e Filippa sposò il gentiluomo francese Burcardo di Montinorency.
Dopo la morte del B., Carlo I d'Angiò lasciò vacante la carica di connestabile del Regno, che fu ricoperta solo a partire del 1289 con l'inizio del regno di Carlo II.
Fonti e Bibl.: Vie de Saint Louis par le confesseur de la reine Marguérite, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, XX, Paris 1840, p. 119; Liste des chevaliers croisès avec Saint Louis en 1269,ibid., p. 308; Croniche di Giovanni,Matteo e Filippo Villani, a cura di A. Racheli, I, Trieste 1857, pp. 125-126;G. Del Giudice, Cod. diplom. del regno di Carlo I e Carlo II d'Angiò, II, 1, Napoli 1869, pp. 266, 315, 333; II, 2, ibid. 1902, pp. 34 s., 85 s.; Actes et lettres de Charles Ier roi de Sicile concernant la France, a cura di A. De Boüard, Paris 1926, nn. 607, 731, 808;Brunetto Latini, Li livres dou tresor, a cura di F. J. Carmody, Berkeley-Los Angeles 1948, pp. XVIII, 81;S. Terlizzi, Doc. delle relaz. tra Carlo I d'Angiò e la Toscana, Firenze 1950, ad Indicem; I registri della cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, I-XII, Napoli 1950-1959, ad Indices;XIV-XV, ibid. 1961, ad Indices;Père Anselme [P. Guibours], Histoire généal. et chronol. de la Maison de France..., VIII, Paris 1733, p. 605;C.Minieri Riccio, Cenni storici intorno i grandi uffizii del regno di Sicilia durante il regno di Carlo I d'Angiò, Napoli 1872, pp. 6-13;L. Cadier, Essai sur l'administration du royaume de Sicile sous Charles ler et Charles Il d'Anjou, Paris 1891, pp. 169 s.; R. Sternfeld, Ludwigs des Heiligen Kreuzzug nach Tunis 1270 und die Politik Karls I. von Sizilien, Berlin 1896, pp. 141, 195 s., 207;R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichto von Florenz, II, Berlin 1900, ad Indicem;Id., Geschichte von Florenz, II, 2, Berlin 1908, pp. 44-47, 49, 51, 53, 55;G.M. Monti, Da Carlo I a Roberto d'Angiò, Trani 1936, pp. 8, 62, 82; Dictionn. de biographie française, VII, col. 370.