BRIASSIDE (βρύαξις, Bryaxis)
Scultore greco. Dal fatto che Atenodoro (in Clemente Alessandrino, Protr., IV, 48, p. 42), parlando della statua di Serapide, esistente nel Serapeion di Alessandria d'Egitto, dice che ne era autore B., ma non l'ateniese, parrebbe che fossero esistiti due artisti dello stesso nome. Ma questo sdoppiamento ai più dei dotti non sembra ammissibile, anche per l'eccezionale prolungamento che ne verrebbe dell'attività di B., dalla metà alla fine del sec. IV a. C. Egli infatti figura tra i collaboratori delle decorazioni plastiche del mausoleo di Alicarnasso ed è ricordato come autore di una statua di Apollo, esistente nel santuario di Dafne, presso Antiochia (Cedren., Comp. hist., p. 306 B; Liban., Orat., 61; Johann. Malal., Chronogr., X, p. 234; Theodoret., Hist. eccles., III, 10); città, questa, che fu fondata nel 301 a. C. Ma qualche altro suppone, in proposito, che nel santuario di Apollo possa essere stata collocata una statua eseguita in epoca anteriore.
La partecipazione di B. ai lavori del Mausoleo è attestata da Vitruvio (VII, praef., 12) e da Plinio (Nat. Hist., XXXVI, 30). Questo secondo scrittore anzi specifica che a lui sarebbe stato assegnato il lato di settentrione. Oltre alle opere di cui si è fatto cenno, B. avrebbe eseguito: cinque statue colossali di divinità, in bronzo, per Rodi (Plinio, Nat. Hist., XXXIV, 42); una statua di Zeus e una di Apollo, con dei leoni, per la città di Patara nella Licia (Clemente Alex., Protr., IV, 47, p. 41); una statua marmorea di Dioniso, per Cnido (Plinio, Nat. Hist., XXXVI, 22); un Asclepio e un'Igiea per Megara (Pausania, I, 40, 6; probabilmente l'Asclepio è la stessa opera ricordata da Plinio, Nat. Hist., XXXIV, 73); un ritratto in bronzo di Seleuco Nicatore (Plinio, Nat. Hist., XXXIV, 73). Taziano gli attribuisce inoltre una statua di Pasifae (Ad. Graec., 54, p. 117). Non sappiamo poi a quale opera di B. si riferisca la base trovata in Roma presso S. Marco e portante l'iscrizione: Opus Bryaxidis (Loewy, Inschr. griech. Bildh., n. 492). Ma un'opera non ricordata dagli scrittori, della quale è pervenuta fino a noi per lo meno una parte, è la base quadrangolare dei Filarchi, rinvenuta presso il cosiddetto Theseion in Atene. L'iscrizione dedicatoria ricorda una vittoria ippica di tre filarchi, Demeneto e i suoi figli Demea e Demostene, del demo Paiania, che sono rispettivamente rappresentati in tre facce con una figura di cavaliere davanti a un tripode. La quarta faccia con l'iscrizione contiene pure la firma dell'artista. In considerazione della mediocrità che dimostrano le tre figure a rilievo, si ha ragione di pensare che questo sia un lavoro giovanile.
Non è facile l'identificazione della parte dovuta a B. nella decorazione plastica del mausoleo. Le notizie, per quanto concordi, di Vitruvio e di Plinio sul modo come sarebbe avvenuta nel monumento la collaborazione di quattro o cinque scultori, hanno carattere leggendario. Se l'opera ci fosse pervenuta in uno stato meno frammentario, con molta probabilità riusciremmo a riconoscere che, non secondo i punti cardinali, ma secondo la struttura architettonica delle varie parti dell'edificio, dev'essere avvenuta la distribuzione del lavoro. E se fosse poi vero (e l'ipotesi non manca di attendibilità) che il torso di Vittoria senza ali (o di supposta Nereide), rinvenuta a non molta distanza dalla base dei Filarchi, era la figura che sormontava la colonna posta su quella base, avremmo una buona ragione per riconoscere la mano di B. nel fregio degli aurighi, di cui l'unica figura superstite presenta innegabili affinità di panneggio con il predetto torso.
L'attribuzione a B. delle sculture a tutto tondo dello stesso monumento, e particolarmente del supposto Mausolo e della supposta Artemisia, è del tutto inverosimile. Bisogna tener conto che, conforme alla cronologia comunemente accolta, al tempo dei lavori del mausoleo B. doveva essere molto giovane, ed è assai difficile supporre che non siano state riservate a Scopa le opere di maggiore importanza. La creazione briassidea che modernamente più ha dato luogo a discussioni, è la ricordata statua di Serapide di Alessandria. Si sa che era colossale, di legno e di vari metalli. In base alle descrizioni o agli accenni di antichi scrittori (Ps.-Call., I, 33, 10-11; Origen., Comra Celsum, V, 38; Rufino, II, 23), e alle molte repliche e derivazioni, si è creduto di poterne determinare la figurazione generale. Il nume, seduto, era vestito di chitone e himation, e aveva un modio sulla testa; con la mano sinistra si appoggiava allo scettro, e con la destra carezzava la testa del serpente attorcigliato al corpo di Cerbero, che stava accosciato ai suoi piedi. Delle tre teste del mostro, la centrale era di leone, quella di sinistra, aderente alla coscia del dio, di cane, quella di destra di lupo. Un'idea, specialmente nei riguardi della figura di Cerbero, può darcela la statua della Galleria Borghese (v. ill. s. v. ade).
La pretesa somiglianza del tipo del Serapide con il Giove di Otricoli, per cui anch'esso era stato attribuito a B., è alquanto generica. Data la molteplicità delle varianti nelle repliche del Serapide, è molto difficile stabilire quali siano quelle che più si accostano all'originale, che noi non conosciamo.
Bibl.: J. Overbeck, Die ant. Schriftquellen zur Gesch. der bild. Künste bei den Griechen, Lipsia 1868, nn. 807, 1176-1178, 1227, 1316-1327; H. Brunn, Geschichte der griech. Künstler, 2ª ed., I, Stoccarda 1889; C. Robert, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 916 segg.; W. Amelung, in Revue Archéol., II (1903), p. 177 segg.; id., in Ausonia, 1908, p. 115 segg.; id., in Thieme-Becker, Künstler Lexikon, V, Lipsia 1911, p. 164 segg.; G. Cultrera, Una statua di Ercole: contributo alla storia della scultura greca nel sec. IV a.C., in Mem. R. Accad. dei Lincei, XIV (1910); G. Lippold, Sarapis und Bryaxis, in Zeitschrift P. Arndt, Monaco 1925. Sull'origine caria del nome: B. Haussoullier, in Bull. de corr. hellén., IV (1880), pp. 16 e 17. Sulla possibile esistenza di due artisti di nome Briasside: J. Overbeck, Gesch. der griech. Plastik, 4ª ed., II, i, Lipsia 1893, p. 97 segg. Sull'attribuzione del Giove di Otricoli a Briasside: S. Renach, Rec. de têtes antiques, Parigi 1903, e W. Amelung, in Revue archéol., II (1903).