BRESSANO
Non conosciamo di lui altro nome; nelle carte medievali, a volte, dal luogo di nascita o di dimora è detto "Brexanus de Vico" oppure "de Monteregali". Solo con i suoi figli, Anselmo, Pietro e Giacomo, e con i numerosi nipoti "Brexanus" apparirà cognome.
Nacque in anno imprecisato del penultimo o, al più tardi, dell'ultimo decennio del secolo XII da famiglia ragguardevole, forse nobile, di Vico (ora Vicoforte in prov. di Cuneo), trasferitasi sul finire del secolo nel nuovo borgo di Monteregale (ora Mondovì). È nominato per la prima volta, quale teste, in uno strumento del 7 ag. 1210; ivi è detto "Brexanus juvenis", per distinguerlo da un altro Bressano, presumibilmente suo padre, il cui nome compare già in una carta del 20 sett. 1187. È dubbio se sia il iuniore o il seniore il Bressano che figura quale teste in due altri importanti documenti rispettivamente del 17 agosto e del 23 ott. 1210. Dopo la distruzione del borgo di Monteregale e la dispersione dei suoi abitanti, avvenute, a quanto pare, nel 1211 per l'ostilità di alcuni marchesi del Piemonte meridionale e del vescovo d'Asti, signore del luogo, B. tornò a stabilirsi a Vico e badò ad accrescere le proprie ricchezze svolgendo attività feneratizia. Il 2 giugno 1228 prestò 25 lire genovesi a Giacomo, vescovo d'Asti, e un altro prestito di ben 200 lire gli fece il 4 maggio 1231, ottenendo in pegno il mercato e il pedaggio di Vico. A più riprese diede denaro a mutuo alle monache di Pogliola. Nel 1232 finanziò largamente la ricostruzione del borgo di Monteregale, tanto che il 18 genn. 1243 ottenne dal podestà del luogo la restituzione di 500 lire genovesi per un prestito fatto alla rinascente comunità monregalese il 22 luglio 1232, 300 lire per un altro prestito fatto il 30 sett. 1232 al Comune ormai ricostituito e 1.326 lire per un mutuo al Comune in data non precisata. In buone relazioni col vescovo e benemerito del Comune, B. svolse nel 1233 un'azione mediatrice tra di loro, in seguito alla quale il 20 ottobre dello stesso anno i consiglieri monregalesi riconobbero la signoria del vescovo e s'impegnarono ad osservare verso di lui i loro obblighi secondo le vecchie consuetudini degli uomini di Vico. Però dopo che l'imperatore Federico II, durante la sua spedizione in Piemonte, ebbe nel marzo 1238 formalmente riconosciuto e preso sotto la sua protezione, tra gli altri, il Comune di Monteregale, fu proprio B. a capeggiare la ribellione dei Monregalesi al vescovo, spogliandolo dei mulini, dei forni e dei vari diritti signorili e sottraendogli i castelli e le ville di Montaldo, Roburent, Torre, Piozzo e Sant'Albano. Poi al principio del 1240, in alleanza con i Cuneesi, anch'essi in lotta con il vescovo d'Asti, partecipò alla presa della villa di Morozzo, facendo incendiare, tra l'altro, il mulino e gli altri beni che vi possedeva il vescovo. Come principale responsabile di tutte queste usurpazioni e violenze, mentre i consiglieri e gli altri ufficiali del Comune monregalese vennero scomunicati solo genericamente, B. il 22 mano 1240 fu nominativamente scomunicato dal vescovo Oberto Catena, succeduto in principio del 1237 a Giacomo; Monteregale e le ville assoggettate vennero sottoposte ad interdetto. B. non ci badò e fattosi nominare, con il figlio primogenito Anselmo e due cittadini cuneesi, arbitro delle vertenze tra i signori di Morozzo e i Comuni di Cuneo e di Monteregale, ignorò del tutto nel lodo, emesso il 31 agosto, i diritti vescovili. Essendo poi il vescovo Oberto stato fatto prigioniero dagli Imperiali nella battaglia presso l'isola del Giglio (maggio 1241), B. trattò con il capitolo d'Asti; pare che nell'agosto 1242 fosse prossimo un accordo sulla restituzione alla Chiesa d'Asti del castello di Sant'Albano e di altri beni. Però non se ne fece poi nulla o ciò non valse a far revocare la scomunica e l'interdetto; d'altra parte la politica antifeudale e antivescovile di B. e del Comune di Monteregale non risulta negli anni successivi mutata. Il 27 dic. 1248, d'accordo con i Cuneesi, B. restituì ai signori di Morozzo il castello e la torre che in data imprecisata s'era fatti dare in custodia; ma subito dopo li fece distruggere con evidente spregio per la Chiesa d'Asti.
Certo fin dal 1239, e forse anche prima, B. appare come l'ispiratore di tutta la politica monregalese. È vero che, per la rarità dei documenti, non è possibile precisarne sempre la posizione ufficiale in seno al Comune, giacché solo per gli anni 1251-1254 (e, forse, anche per il 1245) è documentato il titolo di rector odi potestas communis Montisregalis, ma, anche quando nelle pubbliche scritture compare un altro podestà, il nome, di B. è quasi sempre ricordato accanto a quello del supremo magistrato, come se egli fosse dotato di un potere autonomo. C'è da pensare che egli abbia saputo realizzare in Monteregale una particolare forma di signoria. È certo che con le sue ricchezze s'era creato una vasta clientela, da cui si faceva prestare un giuramento di fedeltà personale, e che, forse anche a titolo di ipoteca per le somme imprestate al Comune, godeva e disponeva a suo agio di vari proventi comunali.
Il 31 mano 1251 B. indusse il Consiglio di Monteregale ad acquistare per 600 lire genovesi da Audisia, figlia ed erede del signore Trencherio di Carrù, e da suo marito, Filippo conte di Ventimiglia, la metà del castello e della villa di Carrù e nello stesso giorno si fece rivendere per 800 lire l'intero castello (evidentemente una metà già apparteneva al Comune) con la villa e tutti i diritti signorili, rimanendo al Comune solo l'alto dominio. Poi assediò il castello e se ne impadronì, cacciandone Bonifacio, vescovo eletto d'Asti, che già aveva scagliato contro di lui una nuova scomunica. Sollecitato da Bonifacio, il 20 luglio 1251 papa Innocenzo IV ordinò al canonico vercellese Niccolò di Sala di ammonire B. e i Monregalesi a dare soddisfazione all'eletto d'Asti e, in caso negativo, di ripetere la scomunica e di rendere più rigido l'interdetto; ciò che Niccolò fece il 2 ottobre dello stesso anno, dopo aver lanciato vanamente un mese prima il suo monito.
Ancora una volta, però, B., che poco prima sera assicurato l'appoggio del Comune d'Asti, anch'esso in lotta con l'eletto, non se ne diede per inteso e continuò a padroneggiare per alcuni anni il Comune di Monteregale, che aveva coinvolto in una non troppo fortunata guerra contro i confinanti marchesi di Ceva e di Clavesana e il Comune di Alba, sotto la cui protezione questi serano messi. Il 18 apr. 1255 si fece concedere dal Consiglio comunale, come pegno per un prestito di 1.300 lire genovesi, il castello, la villa e il distretto di Sant'Albano, da tenersi, con ogni giurisdizione, fino a che a lui fosse piaciuto, conservando il Comune solo il dominio eminente. In data imprecisata già aveva avuto il castello di Carassone. Ancora il 14 nov. 1256 nel, suo palazzo in Monteregale, a nome proprio, oltre che per conto del Comune, rappresentato anche da tre consoli, B. strinse un'alleanza con il marchese Giacomo Del Carretto, che era riuscito a distogliere dall'alleanza albese.
La sua egemonia sul Comune, però, volgeva alla fine. Il 29 marzo 1257, su proposta dell'abate di S. Dalmazzo, che era d'accordo con l'eletto d'Asti, il Consiglio di Monteregale elesse 30 notabili, che, con B. e i suoi due figli superstiti, avrebbero dovuto trattare con l'eletto per una riconciliazione. B., che non aveva partecipato all'adunanza, non osò rifiutare il consenso alle trattative, ma, mentre gli altri Monregalesi, avendo giurato di ubbidire all'eletto, vennero il 12 (0 il 16) giugno assolti dalla scomunica e dall'interdetto, egli non volle consegnare i castelli di Torre, Roburent, Montaldo e Frabosa, che teneva sotto il suo controllo, e fu, con i figli e i nipoti, escluso dall'assoluzione. Prima ancora del 12 (0 16) giugno, egli con i suoi s'era allontanato da Monteregale, ribellandosi apertamente al Comune, che ne sequestrò i beni; per parecchi mesi, dai castelli in suo possesso, combatté contro i Monregalesi e contro le farze vescovili. Solo il 2 marzo 1258 nominò tre procuratori per trattare con l'eletto. Il 1º aprile successivo due canonici astigiani, in veste di arbitri, sentenziarono che B., assolto con i figli e i nipoti dalla scomunica, dovesse tenere in feudo dalla Chiesa d'Asti i castelli di Carrù e di Carassone e restituire, invece, gli altri castelli e i beni di cui si era impossessato. L'eletto Bonifacio lo stesso giorno ratificò la sentenza e s'incaricò di rappacificare B. con i concittadini. Il 4 aprile in Monteregale B. promise al podestà di far restituire dai notai agli interessati gli strumenti contenenti i giuramenti di fedeltà a lui prestati da Monregalesi e da uomini del distretto, fatta eccezione per quelli prestati per ragioni feudali. La riconciliazione con il Comune fu tuttavia lenta. Solo il 6 giugno si giunse ad una transazione per cui B., anche a nome dei figli e dei nipoti, rinunciava a tutti i crediti verso il Comune di Monteregale e i Comuni minori dipendenti, e il Consiglio di Monteregale, a sua volta, prometteva di considerare B., i figli e i nipoti come buoni, leali e nobili cittadini, di restituire loro i beni sequestrati e di non esigere la restituzione delle tasse e delle multe da B. esatte e neppure dei redditi dei beni comunali.
La pace, però, durò poco. In data imprecisata B., per ragioni ignote, abbandonò nuovamente Monteregale. Stretti accordi con il Comune di Cuneo, di cui, a quanto pare, si fece cittadino, e accolti aiuti cuneesi nei castelli di Carrù e di Carassone, riprese a combattere contro i Monregalesi. Una nuova pace stipulata presso Spinetta fu anch'essa effimera. Infine, fatto egli stesso prigioniero con il figlio Pietro e i figli di questo e condotto a Monteregale, accettò il 27 apr. 1259 l'eletto d'Asti come arbitro. Questi, con la sentenza pronunziata l'8 maggio, ordinò la liberazione di B. e dei suoi congiunti, lasciando loro il castello di Carrù, ma stabilì che quello di Carassone tornasse ai Bressano solo dieci anni dopo. L'11 giugno 1259 B. già si trovava nel castello di Carrù e ivi passò, con ogni probabilità, gli ultimi anni della vita. Il 31 maggio 1264, stando in detto castello, fece una donazione pro remedio animae suae al monastero di Pogliola. È presumibile che sia morto poco dopo.
Fonti e Bibl.: G. Grassi, Memorie istoriche della Chiesa di Monteregale in Piemonte, II, Torino 1789, pp. 18, 24, 31-37, 41-79, 180 s.; L. Bertano, Storia di Cuneo, II, Cuneo 1898, pp. 316-318, 320 s., 330, 332-337, 339, 341, 343-350, 352, 354, 356, 362; E. Morozzo della Rocca, Le storie dell'antica città del Monteregale ora Mondovì in Piemonte, II, Mondovì 1899, pp. 153-164; III, ibid. 1905, pp. 287-290; E. Milano, Il "Rigestum Communis Albe", II, Pinerolo 1903, pp. 139-145, 151 s.; G. Barelli, Il "Liber Instrumentorum" del Comune di Mondovì, Pinerolo 1904, pp. 5 s., 29-49, 52, 67 s., 86, 93-95, 208-211; G. Assandria, Il Libro Verde della Chiesa d'Asti, I, Pinerolo 1904 pp. 43-53, 61-65, 75 s., 87 s., 305-312, 314-323, 329, 335-338, 340 s., 344-352; F. Gabotto-N. Gabiani, Le carte dell'Archivio Capitolare di Asti (830, 948, 1111-1237), Pinerolo 1907, pp. 312 s.; G. Salsotto, IlLibro Verde del Comune di Fossano ed altri documenti fossanesi, Pinerolo 1909, pp. 98 s., 102; L. C. Bollea, Due documenti astesi inediti del secolo XIII, in Boll. stor. bibl. subalpino, XV (1910), pp. 207 s.; L. Vergano, Le carte dell'Archivio Capitolare di Asti (1238-1272), Torino 1942, pp. 60 s.; G. Barelli, Cartario della certosa di Casotto (1172-1326), Torino 1957, pp. 7, 103, 165, 276. Qualche notizia è stata ricavata dal ms. settecentesco Exarchivio monialium S. Mariae Caritatis Poliolae della Biblioteca Reale di Torino (Misc. p. 142/30); L. Bertano, cit., I, Cuneo 1898, pp. 100, 140, 146 s., 151, 155, 170 ss., 181 s., 188, 196-203; E. Morozzo della Rocca, cit., II, pp. 15-21, 53-62, 69, 75-79, 81-83, 85-92, 102-104, 106, 115-123, 132-143; F. Cognasso, IlPiemonte nell'età sveva, Torino 1968, pp. 598, 636, 638, 669 s.