BRASCHI
. Famiglia romagnola, venuta in fama dopo l'assunzione al soglio papale di Giovanni Angelo (Pio VI, 1775-99).
Secondo un'antica tradizione, non confortata di prove storiche, la famiglia Braschi ripeterebbe la propria origine dalla Svezia, dove i Brasck o Brascke, hanno ancora qualche discendenza insignita di titolo comitale. Certamente è da ripudiarsi la supposizione che i B. possano essere venuti in Italia in seguito alle persecuzioni di cui il re Gustavo Wasa fece oggetto il vescovo di Jönköping, Giovanni Brascke, e i suoi familiari, perché essi avrebbero abbandonato la Svezia nel 1528, mentre già da tre secoli alcuni rami di questa famiglia appaiono in Italia. Una certa analogia nella forma dello scudo e negli attributi dello stemma usato dai due casati svedese e italiano, può confortare l'ipotesi d'una comune origine; ma essa va riferita, se mai, al sec. XII.
Da Alessandria di Piemonte, i Braschi passarono, quasi contemporaneamente, a Vicenza e a Rimini: a Cesena figurano la prima volta tra la fine del sec. XV e il principio del sec. XVI. Non si sa con precisione quale filo genetico leghi tra loro i primi Braschi, che appaiono sui documenti cesenati: si sa però che un Giacomo di Francesco Braschi fu nominato castellano della Rocca di Cesena nel 1471; e poiché il nome di Francesco torna di frequente nell'albero genealogico della famiglia che diede al papato Pio VI, così è da ritenere che essa tragga origine da questo castellano e capitano d'armi, venuto da Alessandria, o da Vicenza.
Da Andrea Braschi (1548) al conte Francesco Braschi, fratello di Pio VI, la discendenza è rigorosamente accertata da numerosi documenti. In Cesena due furono le famiglie Braschi, distinte - come sempre accadeva in Romagna - dai luoghi di loro abitazione: "dei Servi" e "di Tavernello". Tra le due famiglie non esisteva alcun vincolo di parentela. Forse discendevano da un ceppo comune, ma il punto di separazione è rimasto ignoto ai genealogisti. I Braschi di Tavernello, di più che modesta fortuna, provenivano dal Riminese, e salirono in qualche considerazione soltanto verso la fine del sec. XVII. Gli ultimi di questa famiglia furono: Pietro Antonio (morto il 30 novembre 1727), ascritto al patriziato cesenate il 29 agosto 1721; e Giambattista, uomo dotto nelle discipline legali e letterarie, che fu vescovo di Sarsina dal 1699 al 1718 e poi vescovo di Nisibi "in partibus infidelium" e prodatario, fino alla morte (1736).
Fra i Braschi "dei Servi" si distinsero ben presto uomini capaci per dottrina e pietà religiosa, che salirono ai primi onori cittadini all'aprirsi del sec. XVII. Francesco di Pietro, di Andrea, fu ascritto al Consiglio, e perciò all'ordine patrizio, il 9 novembre 1607, e da allora i Braschi parteciparono ininterrottamente al governo della città. A lui successe il conte Pietro suo figlio (22 aprile 1644); a questi Francesco (7 ottobre 1690); a Francesco, Marco Aurelio (9 aprile 1720). Dal matrimonio del conte Marco Aurelio con Anna Teresa, della nobile famiglia Bandi, cesenate, già sua attinente, nacquero 4 femmine e 4 maschi: Maria Olimpia, Anna Maria Costanza, Maria Lucia Margherita e Giulia Francesca; Giovanni Angelo, Felice, Giuseppe e Cornelio.
Giovanni Angelo (nato il 25 dicembre 1717, come comunemente si crede), andato quattordicenne a Roma, fu eletto papa il 15 febbraio 1775. col nome di Pio VI (v.).
Dei suoi fratelli, Felice e Giuseppe, morirono in giovane età, Cornelio sposò la contessa Antonia Cappi, di Mantova, e morì senza discendenti l'anno 1764.
Delle sorelle di Pio VI, Maria Olimpia si rese monaca a Rimini, dove visse in fama di santità; Anna Maria e Maria Lucia morirono esse pure giovani; Giulia Franccsca sposò il conte Girolamo Onesti, dell'antica famiglia ravennate. Da questo matrimonio nacquero: Luigi (1745-1816) e Romualdo (1753-1817).
A impedire che il nome del casato avito scomparisse, Pio VI chiamò, nel 1778, a Roma, i nipoti ex sorore, e fece loro assumere il proprio cognome, autorizzandoli ad inquartare il blasone dei Braschi con quello degli Onesti. Nacque per tale fusione la famiglia Braschi-Onesti.
Romualdo, cadetto, entrò in prelatura, fu fatto maggiordomo dei Sacri Palazzi ed eletto cardinale il 18 dicembre 1786; Luigi, primogenito, fu destinato a perpetuare il casato. Il 9 giugno 1781 sposò, infatti, Costanza Falconieri, dalla quale ebbe parecchi figli. Non sopravvissero che donna Giulia, sposata a Bonaccorso Bonaccorsi, e il duca Pio, padre del duca Romualdo.
Oltre agli altri cospicui regali di nozze, il pontefice investì il nipote del ducato di Nemi, acquistato dalla famiglia Frangipane, e non mancò, in processo di tempo, di gratificarlo di altri numerosi e cospicui benefici, tanto da lasciar luogo a non infondate critiche di nepotismo. Il duca Luigi fece fabbricare in Roma, nel 1971, su disegno del celebre architetto imolese Cosimo Morelli, il maestoso palazzo che dal casato del papa prende appunto il nome.
Diversi sono gli stemmi adottati da Pio VI. Negli ultimi anni però egli si attenne esclusivamente a quello ereditato dal padre: d'azzurro diviso in due parti da una sbarra d'argento con 3 stelle d'oro. Nella parte superiore un'aquila nera bicipite (che manca in altre varietà dello stemma) con corona d'oro, e nella metà inferiore un giglio, che non si piega al soffio dell'aquilone.
Lo stemma dei Braschi-Onesti risulta invece dall'accoppiamento di quello più sopra descritto con quello dell'antica gente Onesta, che è: d'argento, al leone d'oro, tenente una pina nelle branche anteriori.