MANETTI, Braccio
Nacque probabilmente a Firenze nel 1607 da Giovanni di Giannozzo e da Lucrezia del senatore Braccio Ricasoli Baroni.
Ebbe due fratelli, Buonagiunta, Giannozzo che gli sopravvisse e due sorelle, Gostanza e Maddalena. Giannozzo rivestì cariche di rilievo nell'amministrazione granducale, con compiti soprattutto finanziari ed economici, fino a far parte della Pratica segreta, il consiglio ristretto del principe.
Il M. ebbe un'educazione varia e di alta qualità. Ebbe come precettore nelle lingue classiche e nel toscano il sacerdote Vincenzio Bruni; in seguito fu istruito nella musica da Francesco Nigetti e fu allievo di Galileo Galilei allo Studio di Pisa. Anch'egli svolse una carriera nella burocrazia medicea, dove fu impiegato soprattutto nelle magistrature di carità e assistenza. Nel 1648 il suo nome compare tra i duecento senatori; nel 1644 e nel 1651 fu tra i soprastanti delle Stinche (ufficio tenuto anche dal fratello Giannozzo nel 1639).
Il M. fu soprattutto incline alle opere assistenziali. Probabilmente nei primi anni Trenta, quando la città venne colpita dalla carestia e dalla peste, fu creato da Ferdinando II de' Medici provveditore dei Mendicanti, divenendo in seguito provveditore del Bigallo, la Confraternita con funzioni assistenziali vocata alla cura degli orfani e consociata con quella della Misericordia. Diede ottima prova di sé, sia con il risanamento della contabilità dell'ospedale, trovata compromessa al suo arrivo e da lui lasciata in salute al suo successore, sia nell'organizzazione materiale dell'opera di assistenza, tanto che davvero "parve anch'egli nato per giovare altrui" (Coltellini). A detta del Coltellini sembra che proprio alla sua iniziativa si debba la costruzione di un nuovo cimitero della Misericordia, dove egli fece erigere una cappella.
Le capacità dimostrate come provveditore del Bigallo convinsero il granduca ad affidare al M. l'amministrazione del suo patrimonio personale. Divenne così personaggio di rilievo nell'entourage di Ferdinando II. Coltellini ne accosta la persona a quella del depositario generale Cosimo Del Sera, di Persio Falconcini, auditore e soprintendente dell'azienda granducale, nonché di Cristofano Marzi Medici, incaricato della giurisdizione. Accanto a loro il M. fu dal 1651 ministro generale dello Scrittoio delle possessioni granducali. Nell'estate del 1651 venne anche chiamato a occuparsi di opere di ingegneria pratica: si occupò della costruzione di nuovi argini in muratura dell'Arno a San Lorenzino a Varlungo, davanti a Rovezzano, da sostituire agli argini di legno dimostratisi insufficienti. A questo tipo di intervento spingeva una relazione fatta da Evangelista Torricelli e Alessandro Bortolotti, e il M. si cimentò nell'incarico coadiuvato da Famiano Michelini, anche lui allievo di Galilei e insigne matematico. Non riuscirono tuttavia a risolvere in via definitiva il problema del contenimento delle acque che fu superato da un successivo progetto di Vincenzio Viviani.
Alla fine del 1651 il M. nella veste di amministratore delle proprietà del principe partì per la Maremma con un esiguo seguito di collaboratori. Ma nel corso del viaggio si ammalò, forse di malaria, e morì a Grosseto nella primavera del 1652, tra marzo e aprile, dopo aver lasciato disposizioni di essere seppellito nella vicina chiesa di S. Maria a Batignano, amministrata dagli agostiniani scalzi, già beneficiati dall'avo Giannozzo.
Gli incarichi pubblici non consentirono al M. di coltivare gli studi iniziati a Pisa con Galilei, che rimasero sempre un suo forte interesse. A detta dei contemporanei, fu eccellente matematico e geometra, con vaste cognizioni di fisica meccanica. Dimostrò anche notevoli capacità nell'astronomia e nella musica. Fu infatti un discreto suonatore di vari strumenti, soprattutto il liuto. Degli scritti di cui parla G. Negri non resta però traccia. Fu invece scrupoloso collezionista di autografi galileiani. Fra i discepoli del maestro fu quello che ne possedette il maggior numero; infatti, oltre alle carte galileiane di sua proprietà, ereditò anche i manoscritti appartenuti a Niccolò Aggiunti e Dino Peri, ed entrò in possesso anche degli scritti autografi dello stesso Aggiunti. Ludovico Serenai, in una lettera a Francesco Torricelli, "drappaiolo" del papa a Roma, in cui diede notizia della malattia di Evangelista Torricelli che lo porterà alla morte, definì il M. "mio padrone gentiluomo" (Le opere dei discepoli, I, p. 418). Il M. aveva la piena fiducia di Galilei, tanto da rappresentarne gli interessi finanziari presso il Monte di pietà di Firenze: nel dicembre 1635 Galilei sollecitò Mazzeo Mazzei, impiegato del Monte, a consegnare proprio al M. gli interessi maturati su un deposito di 4000 scudi.
Oltre ai rapporti che lo legavano agli esponenti del mondo scientifico, il M. fu partecipe della vita letteraria di Firenze. Nel 1642 divenne membro e consolo dell'Accademia fiorentina; fu accademico della Crusca, dove risulta ascritto dal 21 luglio 1644. Qui non sembra avere svolto alcuno dei lavori filologici e linguistici dell'Accademia, ricoprendo soprattutto una carica formale. Nell'ottobre 1651 faceva parte dell'Accademia del disegno, dove si adoperava affinché fosse ammesso Viviani (Le opere dei discepoli, II, p. 52).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Scrittoio delle possessioni, 6863, c. 194s-d; Raccolta genealogica Sebregondi, 3241/a, Manetti; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., IX.71, c. 265; Carte Passerini, 189; Edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei, XV, Firenze 1936, p. 202; XVI, ibid. 1936, pp. 362, 477; XVII, ibid. 1937, p. 301; XVIII, ibid. 1937, pp. 277, 330, 333; XIX, ibid. 1938, pp. 449, 628; Le opere dei discepoli di Galileo, I, Carteggio 1642-1648, a cura di P. Galluzzi - M. Torrini, Firenze 1975, pp. 414, 418; II, Carteggio 1649-1656, a cura di P. Galluzzi-M. Torrini, ibid. 1984, pp. 50-52; A. Coltellini, Il ministro d'Iddio e del principe riconosciuto nella vita del signor B. M., gentiluomo fiorentino, Firenze 1654; A. Aprosio, La biblioteca Aprosiana, Bologna 1673, pp. 277 s., 281; S. Salvini, Fasti consolari dell'Accademia fiorentina, Firenze 1717, pp. 511-514; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, ad ind.; F. Brocchi, Collezione alfabetica di uomini e donne illustri della Toscana degli scorsi secoli fino alla metà del XIX secolo, Firenze 1852, p. 112; A. Favaro, Intorno ad alcuni documenti galileiani recentemente scoperti nella Biblioteca nazionale di Firenze, in Boll. di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche, XIX (1886), pp. 17 s.; A. Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo, II-III, Firenze 1983, pp. 1057, 1145, 1209, 1243.