BRACCIALETTO (fr. bracelet, sp. brazalete, ted. Armband, ing. bracelet, armlet, armring, wristring)
Ornamento, come dice il vocabolo, del braccio, e precisamente dell'omero, dell'avambraccio, del polso, ma anche della caviglia (periscelide).
Etnologia. - L'uso di braccialetti è molto diffuso nei popoli delle civiltà inferiori e medie, mancando soltanto ad alcuni gruppi primitivi, nei quali non solo è ancora scarso il senso della decorazione del corpo (Pigmei, varie tribù australiane e sud-americane), ma la vita sociale è poco sviluppata. Come gli ornamenti del collo e della testa, quelli adattati alle estremità, gambe e braccia, hanno infatti in origine lo scopo di distinguere chi li porta e segnalare qualche loro qualità; sono perciò portati soprattutto dagli uomini e, per comodità, piuttosto al braccio che all'avambraccio. Il primo materiale utilizzato è vegetale: erbe o fibre vegetali e fibre intrecciate (Andamanesi, alcune tribù dell'Australia settentrionale, Melanesia e America tropicale); poi si utilizzano materiali più rari (avorio, conchiglie, tartaruga, pietre dure). Ma lo sviluppo massimo e la molteplicità dei cerchi, insieme con l'assunzione di uno scopo puramente ornamentale, si ha nelle aree tropicali che conoscono il metallo e quindi soprattutto nell'Africa negra, nell'Asia meridionale e nell'Arcipelago Indiano. I braccialetti di rame e di ferro sono quivi un segno di ricchezza e vengono portati con ugual frequenza anche dalle donne o, in qualche caso, piuttosto dalle donne che dagli uomini. Nelle culture sviluppate in climi freddi essendo le braccia normalmente coperte, il braccialetto manca, e la sua presenza in seno alla nostra civiltà moderna è da collegare alle prime origini mediterranee e subtropicali di essa.
Le civiltà orientali. - Fin dai tempi più remoti Egiziani e Babilonesi adoperavano braccialetti all'avambraccio, al polso e alle caviglie; li portavano donne e uomini. Erano spesso cerchi sottili ornati di gemme, in Egitto spesso di varî colori. Si distinguevano braccialetti portati al polso, e altri portati sopra il gomito; le due specie si trovano ricordate anche nella Bibbia (Genesi, XXIV, 27, 30, 47; Ezechiele, XVI, 11; XXIII, 42, per la prima; II Re [Samuele], I, 10: il braccialetto di Saul portato dall'Amalecita a Davide, per la seconda; Numeri, XXI, 50, dove il testo ebraico le distingue). Una terza specie di braccialetti è ricordata in Isaia, III, 19, insieme con gli altri ornamenti delle donne ebree.
Oggi nei popoli semitici soltanto le donne portano i braccialetti. Le Egiziane ne portano di vario genere (asāwir), d'oro e d'argento con pietre; il popolo usa braccialetti di vetro e anelli d'argento (Kulkhāl) per caviglie.
Anche gli antichi Indiani ebbero braccialetti di forma svariata; ancor oggi le vedove indù si spogliano dei braccialetti, spezzando quelli di vetro e di maiolica. Famosi i braccialetti dei Persiani che Erodoto (VIII, 113) chiama appunto ψελιοϕόροι "portatori di braccialetti".
Nella Cina antica invece non esistono braccialetti. Una parola per indicare il braccialetto compare la prima volta in un dizionario del sec. I d. C.; furono introdotti probabilmente dall'India, col buddhismo. Sono raffigurati nell'arte dell'Asia Centrale e quindi in quella cinese. Solo nelle poesie di Tu Fu e Po Chü-i (sec. VIII d. C.) sono ricordati braccialetti d'oro e d'argento. Una particolare forma cinese è costituita da braccialetti di giada, o di legno scolpito ed intarsiato, imitati forse da quelli che gl'Inglesi chiamano bangle (dall'ind. bangri). Tali braccialetti si trovano raffigurati nelle pitture di Ajanta e nelle sculture greco-buddhistiche del Gandhara. In Cina erano portati tanto da uomini quanto da donne, ma oggi più comunemente da donne. Talvolta si adoperano anche come amuleti; nel Fo-kien si pongono braccialetti di giada ad uno o ad entrambi i polsi dei defunti; dopo essere stati per anni nelle tombe, vengono portati, come amuleti, dai vivi. I Birmani "portano maniglie d'oro ne' polsi, e ne' piedi armille d'argento, per non esser permesse quelle d'oro che alla real famiglia, sotto pena capitale", osservava il p. V. Sangermano, Relazione del Regno Barmano, Roma 1833, p. 138. Tibetani e Mongoli portano pure braccialetti di varia forma.
Archeologia e antichità classica. - Nell'epoca del bronzo il braccialetto passa dalla forma semplice di un cerchio uniforme, liscio o faccettato, a quella di un cerchio ingrossato nel mezzo e con le estremità variamente caratterizzate, poi al cosiddetto "polsino" di più cerchi sovrapposti, indi alle grandi spirali, e al grosso bracciale in forma di cercine; nell'epoca del ferro si hanno braccialetti dei varî metalli e di vetro. Il braccialetto in Grecia è conosciuto già nell'epoca minoica, ed è raffigurato nelle pitture murali del palazzo di Cnosso; poi nell'arte micenea. In Italia lo portarono sull'omero sinistro gli Etruschi, da cui probabilmente l'uso passò ai Latini e ai Sabini; a ciò allude il racconto liviano del tradimento di Tarpea. In Gallia era con la torques (collana), ornamento nazionale, presumibilmente sotto il nome di viria.
La forma classica più comune è quella del serpente, che ha forse qualche relazione con le pratiche dei misteri. Frequentemente e in tutti i tempi ricorre però la forma del cerchio a cordone massiccio o vuoto, oppure a nastro, che si arricchisce di decorazioni e di figurazioni svariatissime di metalli preziosi e di pietre dure. Da ricordare il braccialetto ovale o rotondo con le estremità terminanti in due teste d'animali (serpente, capro, leone, ecc.), d'origine assira, ma che si ripete attraverso l'arte ionica, quella di Cipro, l'arte greca ed ellenistica fino alla tarda epoca romana. Da questo si sviluppa il tipo con duplice busto, come nel noto braccialetto di Kul-Oba, opera perfetta dell'arte attica, nel quale dall'anello a corda filigranata e smaltata si protendono e sono affrontate due sfingi che tengono nelle zampe un nodo serpentino. Un'altra foggia è quella del nastro ornato con un fregio semplice o duplice di fiori, animali e scene mitologiche, la quale già nel secolo I d. C. si complica con pietre preziose che dànno risalto al metallo; ma poi essa sempre più si sovraccarica e imbarbarisce. Braccialetti di gusto etrusco sono quelli composti di tante piastrelle congiunte a cerniera e decorate di rosoncini con filigrane e di paste vitree; assai in voga al tempo dell'Impero romano sono le armille con monete incassate. Oltre che di metallo si usavano braccialetti d'avorio, d'ambra, di corallo, di vetro. Gli scavi praticati intorno al bacino del Mar Nero, dove crebbero e fiorirono le colonie greche, a cominciare dal sec. VII a. C., hanno dato la più ricca messe di questi oggetti dell'arte industriale ionica, attica, ellenistica e romana. In Oriente e tra i popoli barbarici dell'Occidente l'uso del braccialetto è comune ai due sessi; nel mondo ellenico e romano tale ornamento è riservato alle donne, mentre negli uomini è segno di mollezza o di stravaganza.
In Omero il vocabolo ἕλιξ denota evidentemente il braccialetto a spirale o a serpente, chiamato più tardi ὄϕις o δράκων; oltre a queste e simili denominazioni greche che si riferiscono alla forma (p. es. ψέλιον), ce ne sono altre a indicare il modo di portare il braccialetto (περικάρπια, περιχείρια, per il polso, ἀμψιβραχιόνια per il braccio). Anche il latino ha parecchi vocaboli: oltre al più comune armilla (v. armilla), torques brachialis ricorda il tipo del cordone attorcigliato, spinter (dal greco σϕιγκτήρ) la forma a nastro da portarsi al braccio sinistro, a differenza del dextrocherium o dextrale; spatalium sarebbe il cerchio da portare al polso; infine viria o viriola, d'origine celtica (Plin., Nat. Hist., XXXII, 3: viriolae celticae dicuntur, viriae celtibericae), da cui il francese virole, l'italiano ghiera, il dialettale viera e vera, particolarmente in uso nel Veneto a significare in generale anello e specialmente anello matrimoniale, parapetto circolare di pozzo e simili.
Medioevo ed età moderna. - Nel Medioevo l'uso dei braccialetti (o maniglie o smaniglie, dal lat. manicula attiaverso lo sp. manilla) fu molto limitato ma non mai tralasciato, in particolare nell'oriente bizantino, come dimostrano diversi esemplari: un braccialetto d'oro del sec. VI, ora nel British Museum, un altro del sec. XIII, adorno di perle e di gemme, trovato ad Atene e ora nella collezione Goy. Le leggi suntuarie dimostrano che braccialetti si portavano allora anche in Occidente, ma assai sottili e semplici. Nel Quattrocento se ne osservano, massimamente in pitture, di bellissimi: come, p. es., quelli, di fastoso effetto decorativo, che porta Salome negli affreschi di Filippo Lippi a Prato. Negl'inventarî se ne trovano descritti alcuni ornati di gemme e di smalti.
Nel Cinquecento, i braccialetti cominciarono ad essere usati largamente: ed eran catene, o file di grossi chicchi d'ambra, o di perle, o cammei uniti da ornamenti d'oro, illuminatì dai colori schietti degli smalti; ed ora legavano, non troppo alti, con una striscia il polso, ora si espandevano al disopra del gomito. Motti, imprese, iniziali inttecciate (essi erano infatti spesso pegni amorosi) davano loro un'originalità individuale. Le eleganti Veneziane di Tiziano, Palma, Paolo Veronese, ecc., ne hanno di frequente, rispecchiando senza dubbio i prodotti più eletti dell'oreficeria contemporanea. Il Seicento continuò, più o meno, la tradizione del secolo precedente, ma secondo il gusto del tempo, in aspetti più ricchi e in proporzioni più espanse. Tuttavia l'uso maggiore e più svariato dei braccialetti coincide col Settecento. Per lo più una striscia di velluto al polso è pretesto a un fermaglio, prezioso per metallo, pietre, disegno; o addirittura al fermaglio schietto si sostituisce una miniatura, spesso ritratto, o un cammeo: tanto che in Francia a un certo punto si dice indifferentemente bracelet o botte à portrait. Pitture del tempo ne mostrano in quantità, molto raffinati. Così per tutto l'Ottocento le braccia delle donne si ornarono di tali gioielli, spesso a due, a tre per volta; in forme ispirate a presunti esemplari o medievali, o classici, o settecenteschi. Catenine, fermagli di pietre, strisce di velluto, cammei, furono combinati dagli orefici (alcuni, come il Castellani, peritissimi anche nelle tecniche antiche) in varie e ingegnose disposizioni. Vennero in quel secolo usati largamente quelli di capelli di persone care.
Oggi pure coesistono forme varie di braccialetti; alcune riallacciantisi alla tradizione, altre di gusto decorativo più moderno; e quest'ultime spesse volte s'ispirano alle sintetiche stilizzazioni futuristiche, specialmente a Parigi e in Germania.
Il braccialetto, il cui significato magico, presso i primitivi e quei moderni che anmra si dedicano a pratiche di magia, è identico a quello dell'anello - cioè il cerchio chiuso - è stato spesso adoperato anche come amuleto. Secondo alcuni, il braccialetto sarebbe stato appunto, in origine, un amuleto: checché sia di ciò, esso appare di frequente come un emblema della regalità. Tale è il ricordato braccialetto di Saul, portato a Davide insieme con il diadema del morto re; tali i braccialetti dei re di Persia. E in Inghilterra, dove sopravvissero a lungo tante usanze che attesterebbero il presunto originario carattere magico della regalità, braccialetti regi furono distrutti soltanto sotto Cromwell; né tornarono in uso con la Restaurazione.
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Per il braccialetto in Oriente: De Groot, The religious system of China, I, Leida 1892, p. 328; L. Bourdeau, Histoire de l'habillement et de la parure, Parigi 1904; Lanc, Modern Egyptians, II, Londra 1904, pp. 320-21; A. Foucher, L'art gréco-bouddhique du Gandhâra, I, Parigi 1887: Milès, la bijouterie, Parigi 1895; E. Molimier, L'orfèvrerie, ecc. Parigi 1905; Samarendranath Gupta, Les mains dans les fresques d'Ajanta, Parigi 1921; C. Bell, The people of Tibet, Oxford 1928, pp. 70, 154.
Per il braccialetto medievale e moderno: E. Viollet-le-Duc, Dict. raisonné du mobilier français, III, Parigi 1869, p. 68; R. De Lasteyrie, Hist. de l'orfèvrerie, Parigi 1877; G. Castelli, Anelli, braccialetti e collane nell'antichità, Ascoli Piceno 1885; Fontenay, Les bijoux anciens et modernes, Parigi 1901; E. Rodocanachi, La femme italienne de la Renaissance, Parigi 1907; H. Clifford Smith, Jewellery, Londra 1908; J. Evans, English jewellery from the fifth century a D. to 1800, Londra 1921; J. J. Marquet de Vasselot, Bibliographie de l'orfèvrerie et de l'émaillerie française, Parigi 1920.