BOZZA di stampa (fr. épreuves; sp. pruebas; ted. Korrekturabzug; ingl. proof sheets, proofs)
Termine usato in tipografia per indicare le prove che vengono tirate affinché possano eliminarsi gli errori di composizione prima della stampa definitiva del testo.
Una prima lettura delle bozze viene fatta, in genere, dal correttore di tipografia in base alla stampa del testo appena composto. Il tipografo-compositore esegue o fa eseguire le bozze quando ha terminato la composizione tipografica, per farne emendare gli errori dal correttore o revisore-tecnico della tipografia, il quale deve aver cura di riportare, con differenti segni, ai margini laterali delle suddette prove, tutti gli sbagli sfuggiti in piombo nella riproduzione del testo (refusi, rovesci, lettere girate, lettere guaste o di differente carattere, doppioni, omissioni o pesci, ecc.) e dare così anche una certa uniformità al lavoro. Quelle che generalmente si chiamano prime bozze sono dunque in realtà le seconde, e vengono inviate all'autore. Le correzioni eseguite da questo vengono riportate in piombo e verificate dal correttore. Si provvede quindi a far tirare le bozze successive; su queste l'autore non dovrebbe segnare varianti tali da sconvolgere poco o tanto la composizione, ma soltanto correggere gli errori tipografici eventualmente rimasti: correzioni che verranno anch'esse riportate in piombo.
Le prime e le seconde bozze si tirano senza tener conto degli spazî bianchi, dei titoli, delle divisioni di pagina, o delle figure. Sono colonne di composizione distribuite alla meglio, su carta ordinaria, con margini sufficientemente ampî per le correzioni Dopo l'ultima revisione, invece, si ha l'impaginazione, che deve riportare il testo come esso apparirà nell'edizione.
L'uso delle bozze, che fu adottato largamente, se pure non sistematicamente, nei secoli XVII e XVIII (gli autori solevano mandare le prove di stampa in revisione ai loro amici), non si ebbe subito all'inizio dell'arte tipografica, e i primi prodotti di questa, che abbondano di errori materiali, dimostrano come nessuno avesse il preciso incarico di correggere gli sbagli di composizione. Ma lo sviluppo dell'editoria, e le maggiori esigenze del pubblico hanno fatto sì che oggi nessun lavoro tipografico potrebbe eseguirsi senza una correzione e una revisione di bozze.
Per tirare le bozze s'adoperarono in un primo tempo sistemi rudimentali; e anche oggi le cosiddette bozze a mano vengono tirate sui banconi della tipografia per mezzo di un rullo di legno ricoperto di panno, girato e compresso con l'impugnatura delle mani sopra un foglio di carta, possibilmente inumidita dalla parte esterna quando la composizione di un lavoro ecceda per formato le dimensioni del torchio o si renda malagevole, come nei manifesti murali, ecc. I primi apprendisti di tipografia tiravano le bozze col pugno della mano destra, e solo più tardi cominciarono ad usarsi le spazzole, i cuscinetti imbottiti di crine o i rulli. Si adoperarono poi anche i torchi, che, con l'invenzione della macchina in piano, furono adibiti direttamente a quest'uso. Oggi si usano per lo più torchietti ad hoc, perfettamente regolabili, che assicurano una nitidezza assai grande e permettono di fare a meno di bagnare la carta. Il rulletto o cilindro, imbevuto d'inchiostro, si fa scorrere sopra i pacchetti di piombo o colonne, collocate nel piano del torchio e già pronte per esser poste sotto la pressione di tiraggio.
Correzione. - Le cancellature su papiro venivano fatte anticamente mediante la spugna, quelle su pergamena col temperino. Nei codici manoscritti le correzioni venivano segnate sopra o sotto le lettere che si volevano annullare (litterae expunctae, donde il termine "espungere", anche oggi usato nella revisione testuale). L'invenzione della stampa naturalmente ha eliminato tutte queste forme di correzione.
Le bozze si correggono adoperando segni convenzionali, che si fanno sulle lettere, sulle parole, sui punti errati, e che si riportano in margine indicando vicino ad essi la modificazione da eseguire. Alcuni di questi segni sono di uso quasi universale, ma vano sarebbe pretendere che ogni correttore adoperasse gli stessi. Si deve assolutamente evitare di segnare le correzioni direttamente sul testo composto o di adoperare segni uguali a breve distanza l'uno dall'altro.
Fra le regole fisse della correzione vanno menzionate ancora le seguenti: dev'essere composto in carattere corsivo tutto ciò che viene sottolineato con una linea diritta; il maiuscoletto corrisponde a due linee, il maiuscolo a tre linee.
In generale, si comporrà tondo spazieggiato (vale a dire tondo allargato con uno spazio interposto tra lettera e lettera) tutto quanto sarà sottolineato con puntini; la spazieggiatura è usata soprattutto dai Tedeschi, i quali, non esistendo un gotico corsivo, se ne servono per richiamare l'attenzione del lettore su una determinata parola, ed è oggi spesso adoperata anche da noi. Una linea diritta e una a puntini corrispondono al corsivo spazieggiato, quattro linee al corsivo maiuscolo, ecc.
Queste convenzioni, peraltro, variano da paese a paese, da tipografia a tipografia. Un esempio di correzione è dato dalla figura, osservando la quale apparirà chiaro quanto sopra, e tutto ciò che in genere si richiede in un'accurata correzione di bozze. Giova peraltro avvertire che una bozza normale contiene abitualmente un numero molto minore di errori.
La correzione in piombo si eseguisce, per la composizione a mano, con le pinze o mollette, sostituendo le lettere da cambiare, avvicinando o allontanando gruppi di lettere, ricomponendo parole o righe, ecc. Se la composizione è stata fatta con la monotype, la correzione si effettua come la precedente, ma la grande divisibilità degli spazî può renderla malagevole e consigliare la spaziatura regolare, che la macchina stessa può dare. Se la composizione è stata fatta con la linotype o con macchine simili, occorre rifondere la riga anche se si aggiunge un solo segno tipografico, e rifondere più righe se vengono aggiunte o tolte intere parole. In questi casi s'impone speciale attenzione nel correggere, sia da parte dell'autore sia da parte del tipografo.
I correttori di bozze, addetti regolarmente a una tipografia, furono, in un primo tempo, considerati come elementi assai importanti nel complesso lavoro tipografico, e si richiedevano da essi, oltre a una buona cultura generale, doti singolari d'attenzione, di pazienza e di occhio.
Uomini illustri d'ogni epoca furono per un tempo più o meno lungo correttori di bozze: citiamo, tra gli altri, Erasmo di Rotterdam, Adolphe Thiers, Gaspare Gozzi, Sismondo Sismondi, Eugenio Camerini, ecc.; e altri illustri ebbero parole di altissimo elogio per l'opera dei correttori: così Victor Hugo, Dickens, Robert Browning, Pierre Larousse. Ma oggi l'opera del correttore di bozze è alquanto svalutata, e non forse opportunamente, poiché le difficoltà che presenta questo lavoro non sono granché mutate, anche se gli autori (che, tra parentesi, sono spesso i peggiori revisori delle loro opere) partecipano con maggior interesse di un tempo al lavoro propriamente tipografico. I correttori dei giornali quotidiani, che hanno un compito particolarmente delicato ed erano un tempo annoverati tra i giornalisti professionisti, sono oggi considerati come impiegati; le altre categorie di correttori sono state ascritte ai sindacati operai.