BOVETINI, Bovetino de (Boatinus, Boentinus, Boventinus, Bovatinus de Mantua)
Le scarse notizie biografiche a noi note relative a questo glossatore canonista si traggono in parte dal suo epitafio, pubblicato dal Dondi dell'Orologio, in parte da numerosi atti, pubblici e privati, alcuni dei quali citati dal Gloria, ma per la maggior parte tuttora inediti, conservati negli archivi padovani. Nato a Mantova nella prima metà del sec. XIII, compì la sua formazione culturale con ogni probabilità nello Studio bolognese, dove si addottorò in diritto canonico (von Schulte, Beiträge..., p. 102). Non sembra, tuttavia, che egli abbia mai insegnato nell'università che lo aveva visto studente; e il Gloria poté a suo tempo dimostrare in modo esauriente come la disputa, che secondo la tradizione storiografica avrebbe visto contrapposti a Bologna il B. e il grande Azzone, sia in realtà una leggenda priva di fondamento, sorta verosimilmente sull'errata interpretazione di un passo della glossa di Enrico da Susa.
Docente di diritto canonico a Padova sin dal 1258, il primo documento a noi noto che lo menzioni, e con la qualifica di "doctor decretalium", reca la data del 30 ag. 1266, quando il B. intervenne con altri dignitari ecclesiastici alla stesura di un atto nel palazzo vescovile (Gloria, Monumenti..., p. 330 nota 2). "Canonicus Paduanus" e "magister decretalium" è per la prima volta designato il 27 luglio dell'anno successivo in un atto del capitolo della cattedrale; erra dunque il Teetaert, quando afferma (col. 976) che il B. divenne canonico solo dopo il 1275. Eletto arciprete della cattedrale dopo la rinunzia di Tommaso Guarmerini (1280), come "archipresbiter ecclesiae Paduanae" compare per la prima volta in un documento del 24 luglio 1283 (Gloria, Monumenti...., p. 330 nota 5), e poi di nuovo ancora in numerosi altri di quel medesimo anno e dei successivi 1284, 1285, 1287, 1289, 1290, 1291, 1293; ma dovette in seguito rinunziare a questa dignità, probabilmente in favore di un altro canonicato: perché nell'atto del 6 nov. 1295 relativo al diploma di dottorato conseguito da frate Tommaso, priore di S. Antonio a Bologna, egli non figura più come arciprete, ma come semplice canonico. Lettore delle decretali sino al 1283 - nei documenti anteriori a questa data reca infatti il titolo di "decretalium doctor" - passò quindi all'insegnamento del Decretum, e fu ammesso nel Collegio dei dottori giuristi (Gloria, Monumenti..., p. 330); nel 1297, col titolo di "doctor decretorum regens actu in Studio Paduano", figura come professore ordinario dei decreti. Che gli interessi del B. non si chiudessero tutti entro l'ambito dell'insegnamento e dello studio, ma che egli abbia partecipato attivamente alla vita della sua città d'adozione, possiamo arguire da alcune notizie di un certo rilievo, purtroppo frammentarie. Nel 1284 ottenne da papa Martino IV che dividesse un canonicato vacante, per crearne quattro "mansionerie curate"; quattro anni dopo nel 1288, ottenne per Bernardo di Prambach, vescovo di Padova, la conferma dei suoi privilegi. Sappiamo inoltre che, sempre in quel medesimo anno, si oppose alla promulgazione di uno statuto lesivo dei diritto del clero (Dondi dell'Orologio, p. 19).
Il B. morì a Padova, nell'agosto del 1301, giusta l'indicazione contenuta nel suo epitafio: "...obiit Augusto iam mille trecentis elapsis", - e cioè quando già si era compiuto l'anno 1300, e correva il successivo 1301.
La nota cronologica dell'epitafio, male interpretata dal Colle (Storia scientifico-letteraria..., p. 10) - seguito in ciò dal von Schulte (Geschichte..., p. 158)e dal Teetaert (col. 977), che datarono la morte del B. all'agosto del 1300 - trova invece conferma in due documenti citati dal Gloria (p. 331). Il 6 giugno 1301 il B. presenziava, insieme con un altro professore dello Studio padovano, Rizardo, al compromesso tra l'abate del monastero di S. Maria di Pratalia e Dalavanzio e Martino de Rivelatis;ed il 28 giugno successivo figura come esecutore testamentario del defunto Francesco da Novara, canonico padovano.
L'opera maggiore del B. è la Lectura super Decretales Gregorii papae IX, conservata nel cod. I.B. 4., ff. 1-70 del Museo boemo di Praga, e nel cod. 2219, ff. 11r/a-167r appartenente alla Biblioteca nazionale di Vienna. Nel codice la Lectura inizia: "Gregorius..., Ista constitutio sive prologus dividitur in IV partes. In prima "Gregorius" salutem praemittit; in secunda "Rex pacificus" causam sive rationem reddit ad inventionem compilationis huius sive iuris; in tertia "Sane diversas" subiungit multiplicem rationem sive causam huius praesentis compilationis superfluis omnibus resecatus; in quarta "Volentes" subinfertur quoddam preaceptum sive mandatum". Quindi segue la rubrica "De summa Trinitate et fide catholica", dopo la quale comincia il commento vero e proprio: ""Firmiter". Istud symbolum dividitur in VI partes. In prima inscribuntur et inseruntur proprietates, quae conveniunt soli Deo". L'opera termina: "Indignum. Naturaliter donatarius tenetur donatori ad antidota; sed numquid, si episcopus contulit mihi beneficium, potero ei facere homagium tamquam feudatarius domino. Certe non". L'opera, la cui autenticità è confermata dai numerosi passi di essa inseriti sotto il nome del B. nella Glossa ordinaria di Giovanni di Andrea (von Schulte, Die Dekretalen...., pp. 777 s. fu composta tra il 1274 ed il 1298: in essa vengono infatti citati i decreti del concilio di Lione del 1274, mentre vi manca qualsiasi allusione al Liber sextus Decretalium d. Bonifacii VIII, pubblicato con bolla Sacrosantae ecclesiae Romanae del 3 marzo 1298.
Da oltre mezzo secolo un'intensa attività esegetica e sistematica si era svolta sulle compilazioni decretalistiche che avevano preceduto la promulgazione delle Decretali di Gregorio IX (pubblicate con bolla Rex pacificus del 5 sett. 1234) e che in esse e nella loro glossa ordinaria fissata da Bernardo da Parma erano confluite insieme col materiale legislativo più propriamente gregoriano. Fondato soprattutto sull'opera di Bernardo da Parma - che il B. cita di solito "glossator" - ma utilizzando gli apparati, le glossae, le summae ed altri scritti delle cinque compilationes antique, la Lectura del B. si presenta come un commento, ordinato e continuo, di diversi capitoli del Liber extra. Ciononostante l'apparato è, nel suo complesso, incompleto e comunque insufficiente: non solo a causa del diverso sviluppo dato al commento delle singole parti del Liber extra - nel manoscritto di Praga il primo libro comprende i ff. 1ra-26rb; il secondo, i ff. 26rb-44v; il terzo, i ff. 45ra-58ra; il quarto, i ff. 58ra-61rb; il quinto, i ff. 61rb-70rb -, ma anche perché non tutti i capitoli hanno una loro interpretazione. Per un numero considerevole di essi l'autore si limita infatti a citare soltanto gli incipit, ilche si deve molto probabilmente spiegare con l'autorità goduta fin da allora dall'opera di Bernardo da Parma: prendendo la Glossa ordinaria come un dato di fatto, il commentatore si limita ad aggiungere, là dove lo ritiene opportuno o necessario, i pareri degli antichi o, se è il caso, anche i propri personali sviluppi. La Glossa offre, cioè, lo spunto ed i presupposti dottrinali al commento del B.: da questo punto di vista, dunque, la Lectura del canonista mantovano può venir considerata, come l'opera dell'Abbas antiquus, complementare all'apparato di Bernardo. Il nome dei giuristi dei quali allega i pareri, aggiunto, secondo il consueto, alla fine di ogni capitolo, ci permette di determinare le fonti utilizzate dal B.: Guglielmo Nasone, Guido da Baysio, Enrico da Susa, Bernardo da Pavia, Gilles de Fuscariis - di cui conobbe certamente una quaestio -, Goffredo da Trani, Giovanni di Petesello, Lorenzo e Vincenzo Ispano (di quest'ultimo sembra che egli abbia conosciuto il commento alle Decretali di Gregorio IX), Giovanni Anguissola. I canonisti che il mantovano cita più di frequente, e dai quali dipende in larga misura, sono - è già stato detto - Bernardo da Parma, Sinibaldo Fieschi, Rodoico, di cui utilizzò un trattato ed al quale improntò numerosi passaggi della sua opera. Insufficiente e manchevole in numerose sue parti, benché non rappresenti il frutto di un lavoro autonomo ed originale, la Lectura ha tuttavia una sua importanza particolare nella storia del diritto canonico, perché è una delle poche opere giuridiche nelle quali siano inseriti e commentati, sotto i corrispondenti titoli delle Decretali di Gregorio IX, anche i vari capitoli delle Decretali di Innocenzo IV, e alcune costituzioni di Gregorio IX, le quali ultime, venendo a formare in tal modo un tutto unico con le precedenti, è chiaro che venivano considerate come facenti parte integrante del Corpus e delle Extravagantes. Il fatto che il B. rinunzi al Decreto e al diritto romano come fonte essenziale delle sue argomentazioni per adottare la critica del testo e l'esegesi fondata non su elementi giuridici, ma sulla logica formale e sul semplice ragionamento condotto secondo i principî comuni, non solo, ma che il suo lavoro sia stato condotto in modo tale, da permetterci di comprendere immediatamente i metodi di insegnamento e di ricerca allora seguiti nell'Ateneo padovano, rappresenta senza dubbio la parte più interessante dell'opera.
Il B. è inoltre l'autore di una Lectura super Decretales Gregorii X, semplice analisi del contenuto delle costituzioni promulgate da quel pontefice, composta tra il concilio di Lione del 1274 (vi si cita una costituzione di Giovanni XXI, salito al soglio pontificio il 20 sett. 1276) ed il 22 febbr. 1281 (vi si ricorda il soggiorno a Padova di Simone di Brie, ma non la sua elezione al soglio pontificio col nome di Martino IV). Contenuta nei medesimi manoscritti della Lectura super Decretales Gregorii IX che segue immediatamente, e di cui può considerarsi una semplice appendice, l'opera inizia: "Gregorius, In concilio generali, "idem in eodem" et sic de ceteris; nam inspectis inscriptionibus omnes decretales inducuntur factae in concilio Lugdunensi, inspecta vero hac dictione "post" videtur, quod quaedam factae fuerunt in concilio et quaedam post..." (Schulte, Die Decretalen..., pp. 171 ss.). A differenza di quanto aveva fatto nel precedente apparato, qui il B. non rinvia a nessuna delle sue fonti; nemmeno Bernardo da Parma vi appare citato, anche se menziona opposti pareri di canonisti in rapporto all'uno o all'altro dei capitoli delle diverse costituzioni. L'opera ha comunque un indubbio valore come fonte storica, in quanto il B. ricorda numerosi fatti avvenuti all'università e nella città di Padova, e prende inoltre sovente posizione, in rapporto alla dottrine che vi erano allora insegnate.
Nel 1887 il Padrin, dotto latinista padovano, pubblicò un importante saggio di poesia preumanistica. Si tratta di una curiosa disputa accesasi nei primi anni del Trecento, e giunta sino a noi col titolo: "Quaestio disputata inter Lovatum et Musatum, videlicet utrum optabilius sit habere filios an carere", attraverso due redazioni, conservata l'una nel cod. Marc. lat. XIV 223, l'altra nel cod. Leidense lat. 440 del sec. XIV. I contendenti sono Lovato de' Lovati ed Albertino Mussato; arbitro è un Giambono di Andrea de' Bovetini. Il Padrin, che conobbe solo il manoscritto marciano, allorché pubblicò la disputa insieme con altri componimenti nello stesso codice, arricchendola di note, credette di poter riconoscere nell'arbitro - il cui nome non appariva integro nella sua redazione - il B., senza rendersi conto che né la data della contesa, né altre circostanze della vita dell'arbitro - note per una lettera di quest'ultimo all'amico Benvenuto Campesani, e per alcuni accenni di Sicco Polenton - rendevano accettabile una siffatta identificazione. L'errore è passato alla storia letteraria, che ci parla di un B. erudito nelle lettere, e amico del Lovato e di Albertino Mussato, nonostante il Novati, che conobbe il codice Leidense e pubblicò la redazione della "Quaestio disputata" in esso contenuta, abbia potuto dimostrare esaurientemente sin dal 1922 l'errore del Padrin.
Fonti eBibl.: G. Panziroli, De claris legum interpretibus, III, Lipsiae 1721, pp. 332 s.; A. Dondi dell'Orologio, Serie cronologico-storica dei canonici di Padova, Padova 1805, pp. 19 s.; F. M. Colle, Storia scientifico-letter. dello Studio di Padova, III, Padova 1825, pp. 8-10, 95; F. von Schulte, Lehrbuch des katholischen Kirchenrechts, Giessen 1868, pp. 70 s.; Id., Beiträge zur Literatur über die Dekretalen Gregors IX.,Innocenz IV.,Gregors X., in Sitzungsberichte,der philos.-histor. Classe der kaiserl. Akademie der Wissenschaften, LXVIII (1871), pp. 46-51; 98-103; Id., Die Dekretalen zwischen den "Decretales Gregorii IX" und "Liber VI Bonifatii VIII", ibid., LV (1867), pp. 771-774, 777-779; Id., Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1877, pp. 157-160; F. Novati, Una biografia di A. Mussato..., in Arch. stor. per Trieste,l'Istria e il Trentino, II (1882), pp. 79 s.; A. Gloria, Mon. della Univ. di Padova (1222-1318), Venezia 1884, pp. 329 ss.; App., pp. 26, 35, 39 ss.; L. Padrin, Lupati de Lupatis,Bovetini de Bovetinis,necnon et Iamboni Andreae de Farafuschis carmina quaedam ex codice Veneto nunc primum edita, in Nozze Giusti-Giustiniani, Padova 1887, p. 56; F. Novati, Nuovi aneddoti sul cenacolo letterario padovano nel primissimo Trecento, in Scritti storici in mem. di G. Monticolo, Venezia 1922, pp. 172-177; A. Teetaert, in Dict. de droit canonique, II, Paris 1937, coll. 976-980, sub voce;E. Bolisani, Un importante saggio padovano di poesia preumanistica latina, in Atti e mem. dell'Accademia patavina di scienze,lettere ed arti, LXVI, (1953-54), 3, pp. 61 ss., G. Billanovich, "Veterum vestigia vatum" nei carmi dei preumanisti toscani, in Italia medioevale e umanistica, I (1958), p. 162.