GRIMALDI, Boverello
Nacque a Genova, nei primi anni del XIII secolo, da Ingone di Oberto, importante esponente dell'aristocrazia cittadina.
I Grimaldi costituivano, insieme con gli Spinola, i Doria e i Fieschi, una fra le quattro più importanti consorterie aristocratiche della città, la cui presenza ai vertici dell'amministrazione del Comune fu pressoché continua a partire dalla metà del XII secolo. Le origini della famiglia erano abbastanza oscure e, forse in relazione ai suoi successivi legami con la casa d'Angiò, venivano fatte risalire agli antichi conti di Narbona o alla nobile casata normanna dei Crespin, che come i Grimaldi portavano quale insegna lo stesso scudo a fusi rossi e argento.
Del G. non si hanno notizie fino al 1242 quando, ormai adulto, figura tra gli otto nobili che, a Genova, costituivano il Consiglio del podestà forestiero. La città era, all'epoca, in guerra con Federico II e il governo del Comune era stato assunto nell'anno precedente dalla fazione dei rampini, alla quale appartenevano i Grimaldi, determinando l'esilio per i numerosi fautori dell'imperatore, detti "mascherati", tra i quali figuravano i Doria, gli Spinola e i De Mari.
Tutte queste famiglie si erano da tempo impegnate nell'acquisizione, ai margini del territorio comunale, nell'entroterra appenninico e nell'oltregiogo, di castelli e terre da utilizzare come rifugio e come base per radunare uomini e mezzi da impiegare nelle lotte civili genovesi. In questa direzione si erano mossi anche i Grimaldi e, in particolare, proprio il G. che, già intorno al 1248, risulta signore, insieme con il fratello Luca, del castello di Stella, nell'entroterra di Varazze, già possesso di un gruppo di domini locali, ex gastaldi dei marchesi del Bosco.
Stella, il cui possesso fu riconosciuto ai due fratelli nella convenzione stipulata tra il Comune di Genova e quello di Savona nel febbraio 1251, era destinata a rappresentare nei decenni successivi la più importante roccaforte guelfa a ponente di Genova, frequentemente utilizzata dai Grimaldi quale rifugio durante le guerre civili genovesi per quasi un secolo.
Quasi negli stessi anni il G. e Luca ottenevano dagli eredi del marchese Guglielmo Tagliaferro di Clavesana il castello di Andora, presso Albenga, quale pegno per un prestito di 8000 lire; tuttavia, nel 1252, essi avrebbero ceduto tale signoria al Comune di Genova. Inoltre, sempre nello stesso periodo, i due fratelli si impadronivano anche di Carrosio, piccolo villaggio posto lungo l'asse viario che da Genova, per la Bocchetta, conduceva a Gavi e Novi. Tanto accanimento nella formazione di proprie signorie territoriali è certo indizio della precisa volontà del G. di dare una solida base di tipo feudale al proprio potere, ma anche di garantirsi da avversi colpi di fortuna, giacché il ruolo di punta acquistato dai Grimaldi all'interno del ceto dirigente genovese li esponeva assai più di altri ad attacchi e gelosie.
La rivolta popolare del 1257, che portò alla nomina di Guglielmo Boccanegra a capitano del Popolo, fu in gran parte diretta proprio contro di loro, giacché dietro ai rivoltosi erano in realtà le famiglie mascherate (sostenitrici dell'imperatore) che, seppure riammesse in città dopo la pace del 1251, erano state tuttavia tenute ai margini del governo. L'estromissione dalle cariche pubbliche voluta dal Boccanegra e la perdita di alcune rendite fiscali di antica origine viscontile durarono però ben poco, tanto che già a partire dal 1258 i nobili tornarono a sedere nelle magistrature e a guidare flotte ed eserciti.
Lo stesso G. figura infatti, nel febbraio 1262, quale membro degli Anziani, il Consiglio privato del capitano del Popolo: la qual cosa non gli impedì di partecipare al complotto che, nel maggio successivo, portò alla deposizione del Boccanegra e alla restaurazione di un governo nobiliare. Che egli fosse tra i congiurati può essere dimostrato dal fatto che proprio lui (insieme con un altro capo dei nobili come Tedisio Fieschi) venne designato a far parte degli ambasciatori inviati nel luglio di quello stesso anno ad Aix-en-Provence per concludere un trattato di amicizia con Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX e, all'epoca, conte di Provenza.
Questo fu probabilmente il primo incontro tra il G. e Carlo, ma è difficile dire se fu in tale occasione che vennero poste le premesse per il solido rapporto di fedeltà che lo avrebbe in seguito legato agli Angioini. Il conte, del resto, non appariva ancora il campione della causa guelfa, né le sue aspirazioni nei confronti dell'Italia avevano avuto modo di delinearsi con chiarezza.
Negli anni successivi la posizione dei Grimaldi all'interno di Genova andò consolidandosi anche se, di pari passo, si acuirono le rivalità con le altre famiglie dell'aristocrazia e, in particolare, con gli Spinola. Nel 1265, in occasione del tentativo di Oberto Spinola di Lucoli di farsi eleggere capitano del Popolo, il G. e i suoi parenti si videro costretti a ritirarsi prudentemente a Stella, di dove fecero ritorno in città solo nella primavera del 1266, dopo che la stessa nobiltà ghibellina aveva provveduto a sventare le ambiziose mire dello Spinola.
Nel frattempo Carlo d'Angiò, vittorioso su Manfredi di Svevia a Benevento, aveva ottenuto il Regno di Sicilia, alla cui conquista era stato sollecitato prima da papa Urbano VI e poi dal suo successore, Clemente IV. I Genovesi, che nella guerra avevano mantenuto una stretta neutralità, inviarono al nuovo sovrano di Sicilia, nell'aprile 1266, una solenne ambasceria, della quale fece parte anche il G.; gli ambasciatori genovesi si fermarono pochi giorni a Roma, quindi proseguirono per Napoli dove si trattennero presso il re oltre due mesi, trattati con grandi onori, ma senza ottenere dal sovrano altro che la conferma di quanto concordato ad Aix anni prima.
Il lungo soggiorno alla corte angioina fu tuttavia l'occasione per il G. di consolidare il suo rapporto con Carlo il quale, in segno di benevolenza, lo volle fare cavaliere, concedendogli anche una pensione di 600 once d'oro, garantita sulle rendite dei giustizierati di Calabria e Terra di Lavoro. Dopo la missione a Napoli il G. fu annoverato, con altri esponenti della famiglia Grimaldi, tra i più sicuri partigiani del sovrano angioino, svolgendo a Genova, in più occasioni, il ruolo di suo fiduciario.
Consigliere del Comune ancora nel 1267, il G. morì fra il 1269 e il 1274.
Dalla moglie Agnese (di cui si ignora il casato) ebbe vari figli, tra cui Corrado (che ereditò, col titolo di cavaliere, i benefici paterni alla corte di Napoli) e Giacomo, il quale fu scudiere presso Carlo I e Carlo II d'Angiò.
Fonti e Bibl.: Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori, a cura di C. Roccatagliata Ceccardi - G. Monleone, Genova 1923-30, V, p. 42; VI, p. 152; I registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, II, Napoli 1951, n. 56, p. 19; IX, ibid. 1957, n. 189, p. 152; I Libri iurium della Repubblica di Genova, I, 4, a cura di S. Dellacasa, Roma 1994, nn. 711, 754, 758, 814, 820; I, 5, a cura di E. Madia, ibid. 1999, n. 824; I, 6, a cura di M. Bibolini, ibid. 2000, n. 1004; Ch. de Venasque-Farriol, Genealogica et historica Grimaldae gentis arbor…, Parisiis 1647, p. 119; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, II, Genova 1826, Famiglia Grimaldi, p. 6; G. Caro, Genova e la supremazia nel Mediterraneo, in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XIV (1974), 1, pp. 151, 177, 221, 289.