BOSCHI, Giuseppe, detto il Carloncino
Nacque in Faenza il 1º febbr. 1732 da Giovanni Battista e da Giovanna Tomba.
Giovanni Battista, come il nonno del B., Antonio, fu uno dei più attivi capimastri e costruttori faentini. È quella dei Boschi, come altre contemporanee, una dinastia di costruttori che lavoravano su progetti altrui, ma all'occasione sapevano progettare ed eseguire su disegni propri. Ad essi, come alle famiglie dei Bertoni, dei Campidori, dei Tomba, dei Mattioli, dei Petroncini e di altri, si deve la sistemazione edilizia della Faenza settecentesca e neoclassica.Il B., in confronto dei suoi vecchi e anche dei suoi contemporanei, ebbe una educazione artistica e scientifica più completa per cui poté sottoscriversi con la qualifica di architetto e pittore, mentre gli altri in genere si firmavano come "periti muratori". È probabile che il padre, dopo i primi rudimenti appresi in casa, lo abbia mandato a studiare a Bologna; è certo che egli risiedette poi in Roma per vari anni (sicuramente nel 1765-66), facendo rilievi e studi sulle costruzioni antiche e su quelle realizzate dai maggiori architetti dal Rinascimento fino al primo Settecento.
Lasciò ricordo di questi studi e rilievi in tavole disegnate a penna ad esemplificazione ed illustrazione della seconda parte d'un suo trattatello manoscritto, non datato, conservato, in due parti, nella Bibl. Comunale di Faenza: Meandri ed ornamenti sul gusto antico (I); Meandri sul gusto antico ed ornamenti di porte e fenestre che si vedono in Roma... (II).
Nella prima parte, entro riquadrature ornamentali che decorano tutte le pagine, un testo, in cui si spiega il significato della parola "meandro", è scritto in corsivo e riempie le riquadrature fino alla pagina 11; quindi, fino alla pagina 180, le inquadrature sono riempite di motivi ornamentali anche figurati. La seconda parte porta, sul rovescio del frontespizio, una dichiarazione indirizzata al "principiante mio caro" e poi disegni di porte e finestre entro le solite riquadrature fino a pagina 67, poi, da pagina 68 a pagina 100, le riquadrature rinchiudono spazi bianchi. Ogni porta o finestra ha scritto il nome dell'architetto che l'ha ideata. È da notare, come indicazione delle sue predilezioni e forse anche dei gusti del tempo, che fra i tanti esempi tratti da costruzioni dei maggiori architetti operanti in Roma da Raffaello in poi, nessuno è tratto da opere del Borromini.
Il Carloncino - era certo un soprannome di famiglia perché lo si trova attribuito anche a un Nicola Boschi, forse zio del B. ed egli pure costruttore edile - non fu molto prolifico come architetto perché di suo si conoscono solo due edifici sicuri: il corpo centrale a doppio porticato del vecchio seminario di Faenza (1783-86) e il demolito oratorio dei conti Ferniani a Cassanigo (1785). Inoltre pare eseguisse un progetto, in concorrenza con C. Morelli, per il completamento della chiesa di S. Maria della Misericordia a Castelbolognese (1772) e dirigesse i lavori di ricostruzione e completamento della parte terminale della facciata della collegiata di Brisighella (1785).
È da notare però che vari progetti che portano la sigla del padre (G.B.B.) sembrano disegnati dal figlio; ciò fa pensare che, finché fu vivo il padre, il B. lavorasse in sottordine. Infatti, mentre si conosce l'attività didattica e teorica del B. nel decennio 1770-80, non si ha notizia di lavori o progetti in proprio prima del 1782 e la morte del padre si presume avvenisse appunto attorno al 1780.
Della sua attività di pittore nulla si conosce, ma, poiché i suoi contemporanei, non si sa con quanta ironia, l'hanno definito "pittore di batterie da cucina", è da credere che si dedicasse alla raffigurazione di oggetti da cucina e in prevalenza di rami e terraglie: di questo genere non si saprebbe indicare che alcuni quadri anonimi del Settecento, di gusto fiammingheggiante popolaresco, che non erano da attribuire al Resani e nei quali erano rappresentati in primo piano casseruole, piatti, pentolini, ceste, stampi e altri oggetti di cucina, per lo più disposti su mobili rustici e per terra. Non è nota la data di morte del B., ma pare che non abbia raggiunto il nuovo secolo.
Il B. si dedicò all'insegnamento pubblico e privato e suoi allievi nel disegno e nei primi rudimenti di architettura furono l'architetto G. Pistocchi e il plasticatore G. B. Ballanti. La sua attitudine di teorico e pedagogo è dimostrata da cinque trattatelli manoscritti rimastici, oltre quello già citato: Forlì, Bibl. Civica, Raccolta Piancastelli: Ornamenti di vari camini moderni..., 1770 (diciotto tavole disegnate a inchiostro e chiaroscurate a bistro, più una col solo disegno a matita); Trattato pratico di balaustrate..., 1774 (cinquanta fogli disegnati a inchiostro e chiaroscurati a bistro preceduti da una prefazione); Armonia de colori e de gradi della loro vivacità, 1776 (venti pagine con sei figure geometriche); Trattato pratico delle proporzioni armoniche... senza data (cinquantuno carte scritte e figurate sulle due facciate); Faenza, Biblioteca Comunale: L'armonia di cinquanta altari, 1775 (cinquanta altari disegnati a inchiostro e chiaroscurati, seguiti da nove tavole di particolari, il tutto preceduto da un "Avviso" e da didascalie di commento che fronteggiano ogni singola tavola).
Bibl.: F. Argnani, La pinacoteca di Faenza, Faenza 1881, p. 89; A. Montanari, Gli uomini illustri di Faenza, II, Faenza 1886, pp. 80, 84; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 431, 450 (p. 522 per Giov. Battista); V. Ferniani, La collegiata di S. Michele, in La Rocca, 21 giugno 1914 (ristampato in Echi di Val d'Amone, ottobre 1962); E. Golfieri, Architetti e costruttori nella Faenza settecentesca, in Studi romagnoli, VIII (1957), pp. 86-109 (passim, anche per Giov. Battista); A. Corbara, S. Maria della Misericordia di Castel Bolognese, in Atti dell'Associaz. per Imola storico artistica, VIII (1957), pp. 13 s.; A. Archi, Guida di Faenza, Faenza 1958, p. 37 (pp. 44, 51, 63, 69, 85 per Giov. Battista); D.A.S. [D. Antonio Savioli], Molti architetti a Brisighella posero mano alla chiesa di S. Michele, in L'Avvenire d'Italia, 28 sett. 1962.