BOSA (A. T., 27-28-29)
Comune della Sardegna, in provincia di Nuoro. Il territorio del comune (kmq. 135,68) conta 6905 ab., quasi tutti, 6832, accentrati nel capoluogo. La popolazione non è aumentata adeguatamente, poiché era già di 5000 ab. verso il 1760 e di 6250 verso il 1833: molti bosani si sono però stabiliti nei villaggi dell'interno, dov'erano andati a esercitare la mercatura. L'aria non è salubre, il clima è mitissimo. Accanto all'allevamento del bestiame e alla cerealicoltura, si sono sviluppati i vigneti, gli uliveti e i frutteti d'ogni genere. Ottima è la malvasia, che si produce però in quantità relativamente scarsa. Le industrie della concia delle pelli, dei saponi, ecc. sono da un secolo in qua piuttosto in regresso. Per il commercio Bosa sarebbe in posizione favorevole, poiché il suo retroterra si estende sino a Nuoro e alla valle superiore del Tirso, a cui è congiunta dalla ferrovia secondaria; ma il porto, nonostante le spese fattevi, attende ancora una buona sistemazione. La città è sede di diocesi, ha un ospedale, un seminario, un ginnasio e varî istituti di beneficenza, oltre un R. Istituto zootecnico.
Monumenti. - La chiesa di S. Antonio extra Muros conserva in parte le primitive forme romaniche; la facciata fu rinnovata nel sec. XIV. Notevole anche la chiesa di S. Pietro, del 1173, con una facciata del sec. XIV. Il castello Malaspina o di Serravalle del sec. XII conserva ancora le mura di cinta e le torri.
Bibl.: G. Spano, Bosa vetus, Bosa 1886; A. Melis, Bosa, Oristano 1915; Elenco Ed. Mon., LXVIII, Roma 1922, p. 92.
Storia. - Etá antica. - Bosa ebbe origine punica. La baia del Temus, su cui essa sorgeva, era toccata dall'antica via litoranea tra Cornus e Carbia. Dalle costruzioni nuragiche e dalle tombe preistoriche si rileva che era centro antichissimo di popolazione; da un'iscrizione del sec. I dell'impero, rinvenuta a Cupra Marittima nel Piceno (Not. Scavi, 1888, p. 563), si apprende che il popolo bosano ebbe a suo patrono Aulo Cecina Alieno Largo, e che la stirpe Detelia era tra le più cospicue di Bosa. Un'epigrafe romana, conservata nella vecchia cattedrale (chiesa di San Pietro, sulla sinistra del Temo), ricorda la dedica solenne di quattro statue argentee ad Antonino Pio, alla moglie e ai loro due figli.
Bibl.: E. Pais, Storia della Sardegna, I, Roma 1923, pp. 298, 370; Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 740; E. De Ruggiero, Dizion. epigr. di antichità rom., s. v.
Età madievale e moderna. - Nel. Medioevo Bosa fu sede vescovile, non si sa da qual secolo, ma probabilmente prima che le invasioni saracene minacciassero l'isola. Nella quadripartizione di questa in giudicati fu attribuita al giudicato di Torres. Il suo porto ebbe dal sec. XII un importanza notevole. Fin dal 1230 la terra appare ordinata a comune. Non ne aveva impedita la formazione il dominio dei marchesi di Malaspina, che la munirono col castello di Serravalle, oggetto ancora di poetiche leggende. Nel 1308 passò sotto la signoria dei giudici d'Arborea, che la mantennero anche dopo la conquista catalana dell'isola. Nel 1354 il suo castello fu, nelle mani di Mariano, forte arnese di guerra contro il sovrano straniero. Fu infeudata ai Moncada prima, ed ai Villamarina poi; fu riscattata poi dalla corona (1559) Ma il riscatto non impedì che nel 1629 da essa fosse staccata la Planargia per farne un feudo a favore di Antonio Brondo marchese di Villacidro. Durante la dominazione aragonese, che rispettò l'autonomia della città, scemò l'importanza del porto. Principale decoro della città fu sempre la cattedra vescovile, illustrata da prelati assai distinti. Nel 1807 la città era stata fatta capoluogo di provincia, ma cessò di esserlo nel 1821.