BORSA (dal greco βύρσα "cuoio, pelle conciata"; lat. bursa, marsupium, gazophylacium; fr. bourse, aumonière, alloière, gibecière, escarcelle, a seconda della forma e uso; sp. bolsa, bolsillo; ted. Tasche, Beutel; ted. ant. Phose: ingl. purse, bag)
L'uso delle borse è di origine remota. Ma, essendo formate di materie poco durevoli, è difficile trovarne conservate, e per lo più bisogna trarne notizie da accenni nei documenti e da rappresentazioni in opere d'arte. L'uso della tasca tagliata nell'abito o ad esso applicata è assai tardo (secoli XVII-XVIII); prima le borse si portavano attaccate alla cintura per mezzo di cinghie o nastri, oppure si tenevano appese al collo o, viaggiando, a tracolla. Tesori delle chiese e tombe hanno reso alla luce varie borse di gran valore storico e artistico.
Comunissimo fu l'uso delle borse (che erano portate dagli uomini e dalle donne) dal sec. XII al XVII: vi furono ben presto fabbricanti specializzati, i borsai o scarsellai, e le forme delle borse si moltiplicarono ed ebbero ognuna un nome. Ma nei testi antichi si trovano spesso confuse le varie denominazioni.
Vi era la vera e propria borsa, a forma di sacchetto rotondeggiante in basso, e in alto con una ribalta; la quale, passata sotto la cintura, chiudeva la borsa con un bottone o delle stringhe; ma era abbastanza facile ai ladri, per ciò detti "tagliaborse", impadronirsi del sacchetto col contenuto tagliandone la parte superiore.
La borsa poteva pure venire appesa al collo - e allora, date le sue piccole dimensioni, si diceva borsetta (fr. bourcete) - se conteneva qualche oggetto al quale si annetteva un valore speciale: sono ricordate infatti in documenti del Trecento borsette per reliquie o per amuleti. Si trovano altresì ricordate le borse da matrimonio, spesso con i ritratti dei fidanzati o i loro stemmi o le loro iniziali a ricamo o in smalto (e nel secolo XVII Limoges fu celebre nel produrre questi smalti), che venivano donate dallo sposo piene di monete d'oro. Le borse avevano una designazione speciale secondo il loro luogo di fabbrica: erano chiamate per esempio parigine, senesi, ecc.
Oltre alla borsa vera e propria v'era l'elemosiniera (fr. aumonière, alloière; ted. Phose), che in origine serviva appunto a raccogliervi l'obolo per le elemosine, e che divenne in seguito un oggetto indispensabile in cui si metteva tutto ciò che faceva comodo avere a portata di mano. Pendeva dalla cintura, a cui era legata dapprima (sec. XI) per mezzo di un nodo scorsoio con le stesse strisce o nastri che chiudevano la bocca della borsa; la quale era di forma quadrata o trapezoidale. Dopo questo primo periodo conservò ancora la forma trapezoidale, ma il lato superiore s'inarcò: aveva all'imboccatura un cerchio di metallo (mascherato dalla seta o altra materia che la formava) sorretto per mezzo d'un piccolo anello che, saldato a tale cerchio, serviva a tener tutto attaccato alla cintura L'elemosiniera così costituita si chiudeva per mezzo di un pezzo di seta fatto a modello, che dalla parte del cerchio appesa all'anello scendeva sul sacchetto e si assicurava ad esso con bottoni o nastri. Entro l'elemosiniera poi esisteva una seconda borsa di cuoio, in cui si ponevano gli oggetti da portare. La elemosiniera deriva da borse di tipo orientale e fu introdotta in Europa e particolarmente in Francia dopo le Crociate, col nome di aumonière sarrazinoise o elemosiniera alla saracina.
Dal cerchio di ferro si svilupparono altri due generi di cerniere: una, del Quattrocento e quasi sempre opera francese, aveva un aspetto molto simile a quello delle cerniere attuali delle borse femminili, e funzionava su per giù come queste. Nel centro della cerniera si alzava allora un'edicoletta gotica - di ferro o d'argento secondo i casi - con guglie e colonnine e nicchie. La borsa chiusa da questo tipo di cerniera era per lo più di seta ricamata. Nel Cinquecento poi venne in uso una seconda forma di cerniera, consistente in un cerchio o in un ovale appena aperto, fra i due estremi disgiunti del quale era inserito un altro pezzo piccolo di metallo - tondo, ovale o quadrangolare - al quale poi era variamente applicato un anello che serviva a sospender la borsa alla cintura. La novità rispetto alla forma precedente era che tale congegno, di solito ricco per lavori all'agemina o di cesello (e se ne facevano di meravigliosi in Italia), era visibile. Sosteneva una borsa per lo più di cuoio o di velluto con applicazioni; e dentro questa prima, ma ad essa congiunta, ve n'era un'altra con chiusura a inguainatura: spesso poi all'esterno si aggiungevano numerose tasche, cucitevi sopra, e con lo stesso sistema di chiusura.
Altra forma di borsa fu la scarsella, per lo più portata da messaggeri o pellegrini, o fatta per tenervi il denaro o cose preziose. Somigliava per lo più alle attuali cartelle da scolari, e la parte che si sollevava passava sopra la cintura, e spesso portava inserito un pugnale o un coltello. Altre volte aveva l'aspetto della primitiva elemosiniera e serviva (fine del sec. XVI) per riporvi i sigilli del principe. Va ricordato anche il carnierolo (fr. gibecière, da gibier) o scarsella assai più grande, che serviva in origine per la cacciagione, e che poi fu invece usata per la campagna e i viaggi.
È facile trovare i varî tipi di borse qui descritti in monumenti della pittura o della scultura coeva: Villard de Honnecourt mostra in mano a una donzella un'elemosiniera; nelle Très Riches Heures a Chantilly si vedono a un pranzo signori con la loro scarsella attraversata dal pugnale; in ritratti del Cinquecento si notano le cerniere di metallo tonde a cui si è accennato. E finalmente si possono vedere anche oggi alcuni rari esempî di borse o loro accessorî nelle raccolte di oggetti d'arti minori, come nel Museo di Cluny a Parigi o nella collezione Carrand al Museo nazionale di Firenze. Abolite, con l'adozione delle tasche, le borse sopra elencate, se ne fecero delle minori a forma di minuscoli sacchetti, di stoffa o a maglia, spesso doppî, chiudibili con anelli scorrevoli. E al tempo della Rivoluzione, quando tornarono di moda quelle esterne ed evidenti, si vollero imitare i reticula dei Romani, i quali, francesizzati in réticules, furono dalle classicheggianti ma non colte dame ribattezzate come ridicules. Nella loro forma esse si avvicinano ai due tipi descritti di elemosiniera.
Sul loro modello e su quello delle elemosiniere medievali, si foggiano, secondo il gusto decorativo di oggi, le borse dei nostri tempi.
Bibl.: L. Frati, La vita privata di Bologna, Bologna 1900; Schultz, Das häusliche Leben der europ. Kulturvölker vom, Mittelalter, ecc., Monaco 1903; P. Molmenti, Storia di Venezia nella vita privata, Bergamo 1905; E. Rodocanachi, La femme italienne de la Renaissance, Parigi 1907, p. 120 (con ricca bibliografia); C. Enlart, Manuel d'archéol. française, III, Le costume, Parigi 1916; E. Haracourt, L'histoire de la France expliquée au Musée de Cluny, Parigi 1922; A. Liebreich, Kostümgeschichtliche studien zur Kölnischen Malerei des 14. Jahrhunderts, in Jahrbuch für Kunstwissenschaft, 1928, p. 97.