BORMIO (A. T., 20-21)
Comune della provincia di Sondrio, nell'alta valle dell'Adda, presso le ultime propaggini occidentali nell'Ortler. Il capoluogo, 1225 m. s. m., alle falde del monte Reit, 65 Km. da Sondrio, è allo sbocco della valle secondaria del torrente Frodolfo (che percorre la Valfurva e divide il centro in due parti disuguali) ed è l'ultimo centro lombardo della strada dello Stelvio; per il passo di Foscagno (2291) da Bormio si può anche raggiungere Livigno (valle dell'Inn). Bormio ha conservato aspetto decoroso, con bei portoni e finestre del Quattrocento e Cinquecento e fregi, affreschi e decorazioni nelle facciate delle case. La chiesa del Crocifisso conserva alcune pitture bizantine, altre del sec. XV e del XVI, e un'interessante Crocifissione di Agostino Ferrari (1476). La parrocchiale fu ricostruita nel 1621, dopo un incendio. Sono perdurate fino a tempi recenti alcune usanze caratteristiche, come quella del re del carnevale e dell'agnello pasquale dato in dono ai poveri. Nel palazzo, che era sede del podestà, in una torre isolata, si trovava la Baiona, campana del peso di 2900 kg., che chiamava a riunione il Consiglio delle valli; la campana attuale, fusa dopo distrutta la prima, è più piccola.
Il comune ha una superficie di 41,41 kmq., in gran parte improduttivi (29 kmq.); vi sono pascoli (7,62 kmq.), qualche bosco (1,08 kmq.) e anche qualche campo di mais e patate (1,14 kmq.). Gli abitanti, che erano 1858 nel 1881, aumentarono a 1953 nel 1901, a 2126 nel 1911; poi diminuirono a 1952 nel 1921; quasi tutti (1910) vivono nel capoluogo. Occupazione prevalente è l'allevamento. Le copiose miniere dei dintorni sono ormai tutte abbandonate e poca importanza ha la tessitura locale di panni. Bormio ha però ritrovato un certo incremento per la voga dello sport alpinistico e per lo sviluppo degl'impianti idroelettrici. Notevole l'emigrazione temporanea.
Bormio rivela nel suo stesso nome l'antichissima origine ligure. Nel sec. VIII d. C. era già ecclesiasticamente ordinata a pieve e, forse, civilmente, in corte. Carlomagno la donava nel 774 al monastero di S. Dionigi di Francia. Più tardi appare in possesso del vescovado di Coira, cui la terra giurava fedeltà. Dal vescovo curiense derivarono i loro diritti di gastaldia e di curia i signori di Venosta, avvocati di quella chiesa. Negli ultimi anni del sec. XII Como lottava già per richiamarla alla propria dipendenza. Ma a più riprese Bormio, già ordinata a comune, si sottrasse a Como per ritornare sotto l'egemonia curiense. Questa fu solo eliminata dai Visconti che, pur essendo anche signori di Como, non considerarono la terra bormiese come una pertinenza di questa. L'importanza commerciale e militare garantì a Bormio molteplici privilegi d'autonomia; specialmente notevole il monopolio del trasporto del vino nei proprî territorî. Bormio figurò come terra mastra di fronte alle valli o ai monti. I Grigioni tendevano sempre l'occhio cupido su di essa. L'irruzione del 1489 fu il prodromo di altre più gravi. Nel 1512 si ebbe l'occupazione che doveva diventare definitiva. Bormio fu considerata come un possesso delle Tre Leghe. Cercò, nell'assoggettamento, di mantenere le condizioni migliori e poté ancora per qualche secolo conservare la propria floridezza commerciale. Nel 1620 aderì con non troppo entusiasmo alla rivoluzione valtellinese. Durante le guerre che a questa seguirono vide operare nel proprio territorio il duca di Feria e il marchese di Coeuvres. La sua prosperità cominciava ormai a descrivere una parabola discendente. Vide qualche drammatica scena nei moti che tennero dietro allo scoppio della Rivoluzione francese. Nel 1797 venne, con la Valtellina, riunita alla Lombardia. Nel 1848, nel 1859, nel 1866 e nell'ultima guerra fu base di importanti operazioni guerresche contro l'Austria.
Bibl.: F. S. Quadrio, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi oggi detta Valtellina, Milano 1745; G. Romegialli, Storia della Valtellina e delle già contee di B. e di Chiavenna, Sondrio 1834; G. Alberti, Antichità di B., Como 1888-90; C. Cottafavi, Lotta tra Chiesa e Comune di B. negli anni 1462 e 1473, Sondrio 1890; G. Colò, Cronologia compendiata dei privilegi, ecc. del contado di B. dal 1365 al 1777, Como 1893.
I Bagni di Bormio. - Stazione idrominerale e climatica. Frazione del comune di Bormio nell'Alta Valtellina; la prossima stazione ferroviaria è Tirano, capolinea della Sondrio-Tirano; ne dista 42 km. serviti da autocorriere. I Bagni di Bormio distano 3 km. dal capoluogo.
Le sorgenti calde di Bormio erano conosciute ed apprezzate sin dall'era romana (Aquae Burmiae): fra queste acque lievemente alcaline, fortemente radioattive, termali, primeggiano la fonte S. Martino a 39°, la Arciduchessa a 40°, la Pliniana a 37°. Sono usate per bevanda, per bagni e per irrigazioni; vi sono pure dei fanghi, ottenuti dall'acqua termale per sedimento, e una grotta a calore umido, a temperature crescenti da 28° a 36°. Vi si curano le affezioni gastro-intestinali, il reumatismo e l'artritismo, l'obesità, alcune forme ginecologiche e delle vie urinarie, i postumi di lesioni traumatiche.
I due stabilimenti termali sorgono a circa un km. di distanza l'uno dall'altro: i Bagni nuovi, a 1340 m. sul livello del mare, hanno bagni ad acqua corrente, piscina, irrigazioni, fanghi e nel parco adiacente le fontane per la bevanda dell'acqua; sono aperti dal 1° giugno al 30 settembre. I Bagni vecchi, a 1410 m., hanno anche la grotta sudatoria e rimangono aperti dal 1° luglio al 10 settembre. Agli stabilimenti sono annessi gli alberghi.
La posizione dei Bagni di Bormio è ridente e pittoresca; per il clima alpino, secco e costante, fresco anche in piena estate, la località è centro frequentatissimo di villeggiatura.