Borinage/Misère au Borinage
(Belgio 1933, 1934, bianco e nero, 35m); regia: Joris Ivens, Henri Storck; produzione: Club de l'Ecran; soggetto: dall'inchiesta del dr. Paul Hennerbert Comment on crève de faim au Levant de Mons?; fotografia: François Rents, Joris Ivens, Henri Storck; montaggio: Joris Ivens, Henri Storck.
Il film documenta la vita durissima dei minatori del Borinage, regione del Belgio ricca di giacimenti carboniferi, durante e dopo i violenti scioperi del 1932, falliti per il tradimento dei vertici sindacali: la fame, il freddo, la malattia, le abitazioni precarie, le pessime condizioni di sicurezza e nonostante tutto la resistenza e la solidarietà dei lavoratori.
Nei loro scritti autobiografici, Joris Ivens e Henri Storck dichiarano che la scoperta delle penose condizioni in cui vivevano gli operai del Borinage li aveva spinti ad abbandonare ogni ricerca stilistica per fare della cinepresa uno strumento di denuncia e di protesta. Di conseguenza, i metodi tradizionali di lavorazione erano stati accantonati. I ripetuti spostamenti e le ristrettezze economiche avevano indotto i due cineasti a girare il film con mezzi leggeri che, se non permettevano la registrazione del suono, soddisfacevano però l'esigenza di un maggior contatto con gli operai. Le riprese vennero effettuate con cineprese Kinamo, la cui autonomia era limitata ad un solo minuto di girato. Questo problema venne risolto mediante un impiego cospicuo di sequenze realizzate con materiali di repertorio. In particolare, il film si apre con una serie di immagini tratte da cinegiornali relativi alla crisi del 1929: l'assurda distruzione di beni primari, la disoccupazione e le manifestazioni di sciopero che, in altre parti del mondo come nel Borinage, subiscono una violenta repressione. La situazione dei minatori belgi è pertanto collocata, grazie ai materiali d'archivio, nel quadro della crisi economica mondiale. Contestualizzazione sociale e vicende individuali sono i due aspetti che si alternano per tutto il film, attraverso un'opposizione continua tra categorie: da un lato il capitale, dall'altro il mondo del lavoro.
Ivens ha sempre considerato Borinage come il film che lo ha convertito al cinema militante, segnando in tal modo la sua svolta dall'esperienza dell'avanguardia ad un cinema impegnato socialmente e politicamente. Anche per Storck, benché il suo percorso non si sviluppi in un'unica direzione, questo film rappresenta il definitivo passaggio dalla sperimentazione d'avanguardia al documentario sociale. Tuttavia, mentre per il belga Storck lo scopo principale di Borinage doveva essere la denuncia della miseria, per l'olandese Ivens l'obiettivo fondamentale era quello di mostrare la capacità di reazione dei lavoratori. Questa divergenza di prospettive si trova probabilmente alla base del rifiuto di Ivens del titolo Misère au Borinage (proposto da Storck) e della sonorizzazione del film, avvenuta nel 1963. La versione sonorizzata presenta altresì alcune differenze nel montaggio rispetto a quella del 1934. La divergenza maggiore riguarda la collocazione delle immagini degli scioperi dei minatori belgi, che non risultano più consecutive a quelle iniziali degli scioperi in Pennsylvania, indebolendo così l'idea della continuità tra la lotta di classe nel Borinage e nel mondo. Benché abbia poi permesso al film una circolazione insperata, la sonorizzazione di Borinage fu considerata da Ivens una sorta di edulcorazione, poiché l'eliminazione delle didascalie comportava un'alterazione del ritmo con la conseguente perdita di 'epicità', nel senso brechtiano del termine.
Originariamente Borinage ebbe una scarsissima circolazione. Infatti, poco tempo dopo la prima, ne fu proibita la proiezione sia in Belgio che in Olanda e solo raramente il film venne mostrato nei cineclub e nelle Case del Popolo, perché i socialisti rifiutavano la rappresentazione di tanta miseria proprio in una delle regioni-baluardo del loro partito. È solo grazie al Théâtre Prolétarien diretto da Fernand Piette che il film poté essere proiettato una volta al mese, abbinato a diverse pièces, come Grève au Borinage dello stesso Piette e Hourrah l'Oural! di Louis Aragon. Il film fu comunque visto in alcuni cineclub francesi, dove suscitò l'interesse di intellettuali come André Malraux e André Gide, che nel 1934 vollero recarsi in visita nel Borinage. Nei rari cineclub in cui fu mostrato, diede spesso luogo ad accesi dibattiti non solo sul suo contenuto, ma anche sull'essenza stessa del cinema documentario. Sembra infatti che, nel 1936, l'americana Film & Photo League si sia definitivamente scissa in due parti proprio a seguito della proiezione del film quivi portato da Ivens.
Sui due cineasti Borinage provocò importanti ripercussioni: Storck ebbe vita difficile in Belgio, Ivens fu costretto a espatriare e a fuggire in Unione Sovietica. Qui nel 1935 realizzò una nuova e diversa versione del film, in cui venivano poste a confronto le pessime condizioni di lavoro in Belgio (immagini e rushes di Borinage) con quelle ‒ migliori ‒ degli operai sovietici nei cantieri della metropolitana di Mosca.
Nella storia del cinema a Borinage è stato riconosciuto un ruolo importantissimo, non solo come film di riferimento per tutto il cinema militante internazionale e per l'inchiesta filmata, ma anche come modello estetico. Appare significativa in questo senso la valutazione che ne dà nella sua Histoire générale du cinéma Georges Sadoul, il quale lo considera, insieme a Las Hurdes (1932) di Buñuel, come il primo vero documentario sociale realizzato al di fuori dell'Unione Sovietica e lo colloca all'origine dei capolavori del realismo poetico francese e del neorealismo italiano. Il film ha inoltre esercitato una certa influenza sulla produzione della scuola documentaristica britannica, come ricorda lo stesso Ivens nella sua autobiografia The Camera and I, mentre altri, come Gilles Marsolais, lo pongono all'origine del cinéma vérité.
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