BORBONE-PARMA, Sisto, principe di
Figlio dell'ultimo duca di Parma, Roberto, e della sua seconda consorte, Maria-Antonia di Braganza, nato al castello di Wartegg (Svizzera) il 1° agosto 1886. Ebbe un periodo di notorietà durante la grande guerra europea, come intermediario nelle conversazioni relative all'offerta di pace separata, che l'imperatore Carlo d'Austria fece nel 1917 ai governi di Francia e d'Inghilterra. Il principe Sisto, fratello dell'imperatrice Zita, e capitano di riserva nell'esercito belga nel quale aveva preso servizio durante la guerra, appariva in quella doppia qualità particolarmente designato per le delicatissime trattative alle quali egli si dedicò con molto zelo, e per le quali fece con il fratello Saverio (nato nel 1889) più viaggi in Svizzera e fu ricevuto in segreto dall'imperatore a Vienna. Nella mente dell'imperatore e del principe Sisto quella pace separata dell'Austria con le potenze alleate avrebbe dovuto farsi a tutte spese dell'Italia, la quale doveva essere tenuta all'infuori delle trattative stesse per esser poi messa in presenza del fatto compiuto. Essa non avrebbe ottenuto che una semplice rettifica di confini nel Trentino e si contemplava anche una eventuale cessione della Somalia all'Austria-Ungheria. Legati dai patti con l'Italia, i ministri Ribot e Lloyd George dichiararono che non potevano esimersi di mettere, come fecero, il governo italiano al corrente dell'iniziativa austriaca, il che condusse naturalmente al naufragio delle trattative. Queste del resto erano sempre state considerate dai due governi occidentali con una certa diffidenza, non sembrando loro verosimile che, nelle condizioni militari e politiche nelle quali si trovava l'Austria-Ungheria nel 1917, l'imperatore Carlo potesse negoziare all'insaputa e contro la volontà del governo tedesco. Onde il sospetto che tutto ciò celasse una manovra di Berlino per saggiare lo stato d'animo degli alleati.
Il principe Sisto riassunse quelle trattative in un volume intitolato: L'offre de paix séparée de l'Autriche (Parigi 1920), nel quale abbondavano considerazioni e affermazioni che provocarono nell'opinione pubblica italiana un profondo e giustificato risentimento, e indussero il governo del tempo a prendere provvedimenti per interdire all'autore il territorio del regno.