BONSENIORE (Bonussenior, Bonsignore)
Non sono note le origini di questo cardinale, solo frammentariamente documentato nell'ultimo ventennio del sec. XI. La menzione del suo anniversario nel necrologio di S. Savino di Piacenza, dove B. viene ricordato del resto come vescovo della vicina diocesi di Reggio Emilia, non è sufficiente per trarne indicazioni circa la sua appartenenza all'importante monastero piacentino, da cui attorno a questi stessi anni provengono tuttavia altri due cardinali, Alberto di S. Sabina e Guido di S. Balbina.
È ricordato la prima volta tra i partecipanti alla riunione del clero romano del maggio 1082, convocata per decidere circa l'uso dei beni della Chiesa nella lotta contro l'antipapa. Qui, nell'elenco dei cardinali preti, B. occupa l'ultimo posto e si può pertanto ritenere relativamente recente la sua promozione al cardinalato.
Il suo titolo, S. Maria in Trastevere, è unicamente segnalato in questa fonte; l'altra menzione come "cardinalis venerabilis ecclesie Sancti Petri apostoli" va collegata con i turni di servizio presso le basiliche patriarcali, secondo i quali i cardinali dei titoli trasteverini erano addetti alla basilica di S. Pietro (Klewitz, pp. 47 ss.; Fürst, pp. 111 ss.); del tutto infondata è infine la notizia che gli attribuisce il titolo dei SS. Giovanni e Paolo (Jaffé-Löwenfeld, I, p. 657, ove del resto si rinvia, per la documentazione, a un privilegio di Urbano II in cui le sottoscrizioni dei cardinali non sono accompagnate dalla specificazione del rispettivo titolo).
Nel conventus romano del 1082 si delinea, sul problema dell'utilizzazione dei beni ecclesiastici per la lotta contro Enrico IV e Guiberto una presa di posizione - autonoma nel confronti della linea d'azione adottata dal papa - che prelude ormai ad atteggiamenti più radicali di diversi tra i presenti, i quali poco più tardi passeranno definitivamente al partito imperiale. B. tuttavia dovrà invece essere accostato agli altri partecipanti all'adunanza che, come Bruno di Segni rimasero fedeli sino in fondo alla causa di Gregorio VII. Il 28 apr. 1083 (o 1084: per le incertezze cronologiche vedi le note introduttive all'edizione, Schiaparelli, p. 492) vediamo infatti B. "cardinalis... ecclesie Sancti Petri" contrarre un forte prestito, impegnando - in contrasto con le decisioni del conventus sopra ricordato - alcuni beni della basilica, certo per provvedere alle necessità di una situazione che diveniva ogni giorno più critica per Gregorio VII.
Non diverso significato per la fedeltà "gregoriana" di B. deve essere attribuito alle notizie, sia pure estremamente frammentarie, relative alle presenze del cardinale di S. Maria in Trastevere al seguito di Matilde di Canossa.
Una testimonianza recente sulla permanenza di B. nei domini della contessa è offerta da un suo intervento a una donazione di Matilde per Saint-Pierremont, il 21 maggio 1095 (quanto alla data di questo documento [Overmann, n. 50] erroneamente attribuito al 1096, è sfuggito finora l'uso nella datatio dello stile dell'Incarnazione secondo il computo pisano). Per il periodo antecedente si deve con ogni probabilità identificare B. in uno dei due cardinali che godono la piena fiducia di Ugo arcivescovo di Lione, ricordati - attorno all'aprile 1087 - nella sua lettera a Matilde, ma i cui nomi sono indicati soltanto con sigle ("B." e "He.": il secondo è Erimanno, cardinale prete dei SS. Quattro Coronati, successivamente promosso a una sede episcopale contigua ai domini di Matilde, Brescia, e come vicario di Urbano II in Alta Italia largamente impegnato nell'opera di restaurazione). Ugo, che dimostra di ritenere i due cardinali presenti presso Matilde o comunque in contatto con lei, rinvia alla loro testimonianza per la conferma di talune accuse avanzate contro Vittore III. Se ne possono pertanto dedurre, se l'identificazione è esatta, anche indicazioni circa l'atteggiamento di B. nei confronti del nuovo papa.
Come cardinale prete infine egli sottoscrisse nel marzo 1095, al concilio di Piacenza, un privilegio di Urbano II per Saint-Gilles, datato da Cremona il 18 febbraio, ma per volere del papa confermato poi solennemente dall'assemblea conciliare. Quelle dell'anno 1095 sono le ultime notizie del cardinale, dopo di allora non più ricordato.
A cominciare, dal 1098 risulta tuttavia documentato, per un intero ventennio, un omonimo vescovo di Reggio Emilia, che è la sede episcopale al centro dei domini di Matilde. L'identificazione del vescovo di Reggio col cardinale di S. Maria in Trastevere, data per presupposta dall'Overmann e accolta dal Klewitz, è invece del tutto ignota alla storiografia locale, né trova ancora posto nel saggio di G. Schwartz. E in realtà essa non è esplicicitamente suggerita da alcuna delle fonti. Tuttavia il silenzio delle fonti non può assumere per B. rilevanza alcuna, in un momento in cui l'elevazione all'episcopato - tuttora sentita come promozione a dignità superiore - comportava automaticamente l'abbandono del titolo e la cessazione delle funzioni cardinalizie. Mentre proprio l'esatta successione cronologica delle due serie di testimonianze, i contatti con Matilde e le presenze nell'ambito dei domini della contessa documentate dalle ultime testimonianze per il cardinale, quindi il rilievo che la persona del vescovo pare assumere, rendono assai probabile l'identificazione. Si assisterebbe cioè anche con B., come già con Erimanno di Brescia e, più tardi, con Bernardo di Parma, all'assunzione da parte di un cardinale di responsabilità dirette e durature nel governo di una delle delicate diocesi padane, secondo una direttiva che appare costantemente perseguita nell'attuazione del piano di riforma.
B. vescovo di Reggio è ricordato la prima volta nella primavera 1098, quando egli prende parte - nonostante che la sua diocesi non appartenga alla provincia ecclesiastica ambrosiana - all'importante sinodo provinciale celebrato a Milano dal 5 al 7 aprile, voluto da Urbano II per accelerare il processo di restaurazione e risolvere in particolare i gravi problemi posti dalla perdurante permanenza in molte sedi di vescovi aderenti al partito guibertino (per l'identificazione del "Reginus episcopus", menzionato negli atti del sinodo, si veda la sottoscrizione nominativa di B. in calce al decreto con cui il 7 aprile, a conclusione dell'assemblea, l'arcivescovo Anselmo IV notificava ai canonici di S. Ambrogio le decisioni sinodali che li riguardavano: Sormani, p. 58). Nella metropoli lombarda egli fu ancora - forse in occasione della consacrazione episcopale di Erimanno di Brescia - l'anno seguente, allorché in febbraio sottoscrisse insieme col vescovo di Brescia una sentenza dell'arcivescovo Anselmo a favore del monastero di S. Sempliciano.
Per la sua presenza in diocesi la documentazione inizia dal 1º maggio 1101: qui, dove negli ultimi tempi si erano contemporaneamente avuti due vescovi delle opposte obbedienze e si era poi verificata, negli anni immediatamente precedenti, anche una prolungata vacanza del vescovo "cattolico", B. si trovò duramente impegnato in una difficile restaurazione. Gli inizi dell'episcopato corrispondono alle legazioni di Bernardo, cardinale di S. Crisogono e abate maggiore della congregazione vallombrosana, dal 1101 al 1109 vicario di Pasquale II in Lombardia, che opera in stretta collaborazione con Matilde di Canossa, e stabilisce proprio nei domini della contessa il centro della sua attività riformatrice. S'incontra pertanto ripetutamente nei documenti matildici di questi anni, accanto al legato, il vescovo di Reggio, partecipe delle iniziative della signora di Canossa tendenti a ristabilire il patrimonio di chiese e monasteri, depauperato dalle necessità della lotta nella fase acuta dello scisma.
Ma la notizia, registrata dall'Overmann (n. 91; cfr. anche p. 221 nota 5) e poi sempre ripetuta, secondo la quale B. avrebbe anche esercitato le funzioni di cappellano della contessa, è priva di fondamento. Si tratta soltanto del fraintendimento, occasionato dalla edizione non buona della Cartula offersionis del 19 luglio 1105 (L. V. Savioli, Annali bolognesi, I, 2, Bassano 1874, p. 146), per cui è stato possibile riferire a B., come apposizione, quella che è invece menzione di distinte persone (per il passo relativo vedi l'originale nell'Arch. Capitolare di Bologna, cart. 14, fasc. 10, n. 1: "...in presencia donni Bonisenioris, venerabilis Regiensis episcopi, et capellanorum domine cometisse, silicet Alberici et Froch[erii]").
L'attività stessa del vescovo, per quanto traspare dai non molti diplomi vescovili conservatici (l'esplorazione degli archivi reggiani rimane tuttavia, per questo periodo, ancora da completare) appare ispirata alle istanze care all'ambiente riformatore: preoccupata della diffusione della vita comune tra il clero, anche delle pievi rurali; larga di appoggio alle forme rafforzate del monachesimo, in particolare agli eremi, che si moltiplicano in diocesi.
Alla canonica della pieve montana di S. Maria di Campigliola (Bismantova), retta da un suo fedele collaboratore, il ricordato Frugerio, cappellano di Matilde e anche scrittore di documenti vescovili, B. concesse, proprio per il rafforzamento della vita comune, numerose decime il 25 marzo 1106 (per la data, arbitrariamente resa nell'edizione con "millesimo centesimo duodecimo" [Tacoli, II, p. 267], vedi invece Volpini, Additiones);un'altra donazione per la canonica rurale di Castellarano è destinata alla costruzione del dormitorio comune (Archivio Capitolare di Reggio Emilia, 7 ottobre del 1112, non edito). Costanti cure vanno all'eremo di Marola, di cui consacrò l'oratorio e a cui concesse più tardi, col consenso del legato e di Matilde, alcune decime (anche per questo documento, privo di data, vedi ugualmente Volpini, Additiones). Altre concessioni riguardano, il 19 dicembre 1103 (anche nella data di questo documento è usato il computo pisano dello stile dell'Incarnazione), l'antico monastero cittadino di S. Prospero; e non è improbabile che proprio negli ultimi anni del suo episcopato, grazie all'iniziativa coordinata di B. e dell'antico abate di Vallombrosa, ormai vescovo della vicina Parma, sia avvenuto il passaggio di questo monastero all'osservanza riformata della congregazione toscana: una breve parentesi tuttavia, che ha lasciato scarse tracce nella storia del ricco monastero e risulta già superata nella seconda metà del secolo, quando S. Prospero ha riacquistato piena autonomia.
Il 7 ott. 1106, alla vigilia del concilio di Guastalla, toccò al vescovo di Reggio procedere, alla presenza di Pasquale II, all'apertura della tomba di s. Geminiano nella nuova cattedrale di Modena.
Più tardi, durante gli avvenimenti romani del febbraio 1111 che videro il fallimento del tentato accordo tra Pasquale II ed Enrico V sulla questione delle investiture, B. esercitò un ruolo il cui preciso significato ci sfugge. Egli è infatti a Roma, prende parte con Bernardo vescovo di Parma e Aldo di Piacenza alle trattative dell'imperatore con i principi e i vescovi tedeschi nella sacrestia di S. Pietro dopo la richiesta, fatta dal papa a Enrico V, di tener fede alle promesse, ma è poi arrestato con gli altri vescovi emiliani assieme al papa ed ai suoi consiglieri.
La cosiddetta Relatio registri, che riflette l'opinione della Curia e segnala appunto questa partecipazione alle trattative della sacrestia di S. Pietro, vi accenna in un contesto che solleva un'ombra di dubbio sui tre vescovi italiani. D'altra parte Donizone ci informa dell'arresto di Bernardo di Parma e di B. (ma non diverse peripezie saranno toccate all'altro vescovo, anche se Donizone, cui il vescovo di Piacenza non interessa, non lo ricorda) e aggiunge che i due vescovi vennero più tardi liberati per l'intervento del vassallo di Matilde, Arduino della Palude, il quale ricordò all'imperatore gli accordi intercorsi con la contessa. Non si è probabilmente lontani dal vero se si pensa a un tentativo di mediazione, collegato con le più recenti posizioni della signora di Canossa, risultato, a seguito dello sviluppo degli eventi, sgradito ad ambedue le parti.
Non venne tuttavia meno al vescovo di Reggio la fiducia di Pasquale II, che l'anno seguente gli affidò l'incarico di risolvere, come suo delegato insieme con Gregorio cardinale diacono di S. Vito, una vertenza tra il vescovo di Modena e l'abate di Nonantola. A lui il papa aveva anche indirizzato una decretale sull'impedimento di affinità spirituale, passata nel Decretum di Graziano.
Le ultime testimonianze si riferiscono ancora a documenti matildici, in cui lo si trova, nuovamente affiancato al vescovo di Parma, il 15 giugno 1114 e in un altro documento non datato, ma attribuibile a questo stesso anno o ad anni vicini (Torelli, n. 166). Il 24 luglio 1115 assistette a Bondeno alla morte di Matilde di Canossa, cui amministrò gli ultimi sacramenti. Questa è anche l'ultima notizia del vescovo, giacché il placito della regina Matilde, moglie di Enrico V, del 20 sett. 1117, a cui ci si riferisce come ultimo documento di B. (Schwartz, Ganzer) contiene soltanto il ricordo di un precedente atto del vescovo di Reggio alla presenza della contessa Matilde, anteriore dunque all'anno 1115.
Una nota del Liber de temporibus, dell'ultimo quarto del sec. XIII, assegna la sua morte al 10 maggio 1118. La registra invece il 12 dello stesso mese il necrologio del monastero di S. Savino di Piacenza, senza indicazione di anno. Il suo successore, di nome Adelmo, compare soltanto, ed ancora come electus, il 10 febbraio 1123.
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