BONO, Michele, detto Giambono
Figlio di Taddeo di Giovanni, fu attivo a Venezia come pittore e musaicista nel secolo XV.
Il soprannome Giambono deriva dal nonno paterno Giovanni Bono o Giovannino "Zambon" anch'egli pittore, morto prima del 1391 (Paoletti, 1895, pp. 12 s.). Giovanni abitava a S. Gregorio, come più tardi lo stesso B., ed è ancora ricordato per questioni di eredità in un atto del 1451 come nonno del B. e dei suoi fratelli Giovanni e Niccolò (ibid., p. 15). La famiglia, originaria di Treviso, non sembra avesse legami con l'omonima famiglia nobile veneziana né con quella degli scultori e architetti.
Il B. compare per la prima volta in un documento del 1420 che si riferisce a sua moglie Lena: "Uxor ser Michaelis Zamboni pictor de confinio Sancti Angeli". Due anni dopo abita invece a S. Gregorio, quando entra a far parte della scuola di S. Giovanni Evangelista (ibid., p. 13); il 28 dicembre del 1440 egli abita a S. Apollinare e insieme con lo scultore Paolo Amadei riceve la commissione di una pala destinata alla chiesa di S. Michele in San Daniele del Friuli (oggi dispersa; v. Joppi, pp. 468 s.). Nel settembre 1443 (Archivalische Beiträge)è nominato arbitro, accanto a un pittore Francesco (forse F. dei Franceschi), in una controversia tra il pittore Niccolò di Domenico e gli intagliatori Matteo e Francesco Moranzone. L'anno dopo, in un documento dove compare come teste (Paoletti, 1895, p. 13), risulta abitante a S. Geminiano; è di nuovo a S. Gregorio nel 1446 e ancora nell'anno successivo, quando gli viene commissionata la pala con il Paradiso per la chiesa di S. Agnese (Venezia, Accademia), che doveva essere simile a quella di A. Vivarini e Giovanni d'Alemagna in S. Pantaleone: la parte lignea verrà affidata a Francesco Moranzone (Paoletti, 1893, p. 80; 1895, pp. 13-15). Nel 1449 il pittore si è trasferito a S. Marco (Paoletti, 1895, p. 15) ed è evidentemente impegnato nei musaici della cappella dei Mascoli, mentre a lavoro finito ritorna a S. Gregorio, come appare dal documento del 1451, più sopra ricordato, dove sono citati anche i fratelli Niccolò e Giovanni. Il B. è poi chiamato a far parte (1453, 29 giugno, 3 luglio e 21 ottobre) di un collegio peritale per parte del figlio del Gattamelata, Giovannantonio, per la valutazione del monumento al Gattamelata di Donatello a Padova (Milanesi, pp. 57, 60).
Non abbiamo poi altre notizie fino al 1459, quando sposa la figlia del pittore, Caterina; il 20 apr. 1462 il B. compare come teste ed è questa l'ultima notizia che abbiamo di lui (Archivalische Beiträge).
Poche sono dunque le opere documentate e datate, poche quelle dove appare la firma, per cui non è facile una ricostruzione critica della sua attività, svolta circa tra il 1420 e il 1462. Giovanili si considerano oggi i due polittici di Fano e di S. Michele (smembrato), entrambi eseguiti probabilmente prima del 1430.
La Madonna e i santi ora nel Museo Civico Malatestiano di Fano, in origine nel santuario di Ponte al Metauro della stessa città, mostra evidenti influssi del linguaggio di Jacobello del Fiore, mentre le mezze figure dell'ordine superiore appartengono ad altre mani, forse al maestro di S. Fidenzio di Roncajette come propose il Pallucchini (1950). L'altro polittico è stato idealmente ricostruito dal Longhi e dalla Vavalà (1947), con il San Michele in trono della collez. Berenson (Settignano, Firenze) come pezzo centrale, e come laterali i Santi Agostino e Gregorio Magno del Museo Civico di Padova, S. Giovanni Battista del Museo Bardini di Firenze, S. Pietro della coll. Kress, ora nella National Gallery di Washington; l'ordine superiore doveva comprendere il Santo Vescovo del Gardner Museum di Boston, il S. Marco leggente, della National Gallery di Londra, il S. Luigi di Tolosa del Museo di Padova e il S. Stefano della coll. Gilbert a Bellagio.
Come notò il Fiocco (1920), anche il S. Michele reca evidente il ricordo di Jacobello e testimonia le giovanili simpatie per la corrente fabrianesca e per lo stesso Pisanello. A quest'ultimo, ed a Stefano da Verona, vanno ricondotte anche altre opere successive del B., cominciando forse dall'affresco che completa il monumento a Cortesia Serego degli Alighieri in S. Anastasia a Verona, datato 1432 (Arslan, 1948; Pallucchini, 1956, pp. 102-108), al quale è stato connesso il Ritratto virile in Palazzo Rosso a Genova (Cuppini, 1962).
Al gruppo dei polittici dipinti dal Giambono vanno aggiunti quello di S. Francesco di Zara, dato altresì a Jacobello, e, più tardo, il S. Giacomo con quattro santi di Venezia (Gallerie dell'Accademia), cui è stato riferito un disegno dell'Albertina di Vienna (Stix, 1926). Nel frattempo, il B. dipinse diverse Madonne, da quella del Museo Nazionale di Budapest che ricorda per impaginazione il comparto centrale del polittico di Fano, alle varie edizioni della Madonna allattante il Bimbo, o con l'uccellino, sempre in quel tipico atteggiamento affettuoso che caratterizza le iconografie del mondo gotico internazionale. Ricordiamo la Madonna Hertz di Palazzo Venezia a Roma (firmata "Michael Iohannis Bono Venetus Pinxit") e quelle del Museo Civico di Verona, della Walters Art Gallery di Baltimora, del Museo di Bassano, della Ca' d'Oro e del Museo Correr a Venezia, dell'Accademia Iugoslava di Zagabria (Gamulin).
Tra il '47 e il '48 va collocata la Incoronazione della Vergine (la già citata pala del Paradiso;Venezia, Accademia), che i moderni restauri hanno ricondotto alla veste originaria. In quegli anni medesimi il B. lavorava alla decorazione musiva della cappella dei Mascoli in San Marco, ponendo la propria firma sotto il comparto raffigurante la Natività della Vergine e la Presentazione al Tempio; come chiari il Fiocco, egli intervenne parzialmente anche nella Visitazione e nella Dormitio Virginis rivendicata al Mantegna (Fiocco, 1920, p. 218, e 1927). Oltre alla firma ("Michael Zambono Venetus fecit") il musaico portava anche la data, che però andò perduta nei restauri settecenteschi.
Al medesimo periodo si assegna il fabrianesco San Crisogono nella chiesa veneziana di S. Trovaso, una delle opere più significative del Giambono, dove più spiccato appare il suo gusto quasi gotico-barocco (Coletti). Altre opere, non facilmente databili, sono il San Francesco che riceve le stigmate (Venezia, coll. Cini) di chiaro influsso pisanelliano (Longhi, 1946; Pallucchini, 1956, p. 110), l'Ecce Homo del Metropolitan Museum di New York e quello del Museo Civico di Padova. Nel catalogo delle opere tarde, l'Arslan (1948) pose anche la Crocefissione della coll. Saibene di Milano.
Ultimo erede della tradizione gotica internazionale a Venezia, il B. appare dopo Iacobello del Fiore il più raffinato assimilatore, sulla laguna, della cultura figurativa di Gentile e del Pisanello.
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