FINETTI, Bonifazio
Nacque a Gradisca (ora Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia), capoluogo dell'omonima contea austriaca, il 16 febbr. 1705 da Antonio e Camilla Leonelli; l'8 marzo venne battezzato col nome di Germano Federico.
Entrato nel 1721 nell'Ordine domenicano, il F. compì il noviziato a Conegliano e subito dopo venne trasferito a Venezia; nel convento alle Zattere conseguì il 13 maggio 1728 il dottorato in teologia, discutendo la tesi sull'incarnazione secondo la dottrina di s. Tommaso (Thesis theologicae de ineffabili Incarnationis mysterio..., Venetiis 1728) e iniziò ben presto l'insegnamento.
Gli studi del F. risentirono sicuramente dell'influenza di due confratelli più anziani di lui, B.M. De Rubeis e N. Concina; del tutto personale sembra invece l'interesse che egli manifestò fin dalla gioventù per le lingue, sia classiche che moderne. I suoi esordi furono in ogni caso nell'esegesi scritturale e nella teologia polemica, secondo l'indirizzo allora prevalente nella Congregazione del beato Salomoni alla quale apparteneva. Nel 1744 tenne una pubblica confutazione dell'opera The scheme of literal prophecy, apparsa anonima a L'Aja nel 1726 e a Londra nel 1727, che negava l'autenticità del secondo capitolo del Vangelo di Matteo (l'autore era il deista A. Collins).
Negli anni Cinquanta il F. collaborò con il De Rubeis e altri confratelli all'edizione degli scritti del teologo bizantino Teofilatto di Acrida, uscita a Venezia in quattro volumi tra il 1754 e il 1763. In particolare egli curò il terzo tomo dell'opera, stampato nel 1758, contenente i commentari agli Atti degli apostoli e alle Epistole cattoliche, corredati dalla versione latina e da prefazioni critiche (Versio latina tertii voluminis operum graecarum Theophilacti... nonnullis dissertationibus, Venetiis 1758, ora in J.G. Migne, Patr. Graeca, CXXV s.).
Nel 1756 il F. aveva pubblicato, sempre a Venezia, un proprio scritto, Il trattato della lingua ebraica e sue affini, che in realtà rappresentava il primo capitolo, sui dodici previsti, della grande Glossologia che l'autore stava completando, destinata a "iscoprire una nuova Storia natural delle Genti" attraverso le lingue parlate dai diversi popoli della Terra. Al trattato faceva seguito, con paginazione a parte, la lezione del 1744, sotto il titolo Breve difesa del capo II di s. Matteo contra un anonimo inglese.
Nonostante lo scritto sulle lingue semitiche incontrasse un certo successo, in particolare le lodi entusiastiche (sia pur tardive) di G. Baretti nella Frusta letteraria, il F. non pubblicò mai il resto della Glossologia. Dopo un lungo silenzio, nel 1765 fece invece uscire un'opera latina di grande mole e di ben diverso argomento, i dodici libri De principiis iuris naturae et gentium adversus Hobbesium, Pulendorfium, Thomasium, Wolfium et alios.
L'opera, in due volumi, fu stampata a Venezia sotto il nome di Gianfrancesco Finetti e con una lunga ed encomiastica dedica all'imperatrice Maria Teresa d'Austria, datata Gradisca, 1° genn. 1765; una prima tiratura, senza la dedica e con la data del 1764, aveva avuto una limitata circolazione nel mondo accademico, tanto che l'autore nell'edizione definitiva potè riportare gli elogi tributatigli da alcuni dei primi lettori. Non è chiaro invece perché il F. adoperasse il nome di Gianfrancesco, senza fare alcun cenno alla sua condizione di frate domenicano. È ragionevole pensare che il F., rimasto sempre suddito fedele degli Asburgo, in questo modo abbia voluto superare il divieto posto dalle autorità politiche ai regolari del dominio veneto di avere relazioni con i confratelli della confinante contea austriaca, dopo la controversa istituzione su quelle terre dell'arcidiocesi di Gorizia (1751).
L'opera del F. sul diritto naturale corrisponde in pieno agli intenti controversistici della Congregazione del b. Salomoni e del resto si ricollega direttamente ad alcuni scritti di N. Concina, in particolare alla dissertazione Iuris naturalis et gentium doctrina metaphysice asserta (edita a Venezia nel 1736). Essa intende ripristinare la dottrina cattolica e tomista che pone Dio a fondamento del diritto di natura, contro i giustiaturalisti del XVII e XVIII secolo e le loro tesi sull'origine umana e contrattualistica di tale concezione. Il F. polemizza a fondo con U. Grozio, T. Hobbes, B. Spinoza, S. Pufendorf, C.T. Thornasius, C. Wolf e altri scrittori francesi e tedeschi, arrivando fino a J.-J. Rousseau (libro V, cap. 4) e, in Italia, a G.B. Vico, col suo discepolo E. Duni (libro VIII, cap. 3 e libro XII, cap. 6), tutti accomunati in una condanna severa e senza distinzioni.
Questi ultimi riferimenti suscitarono immediatamente vivaci reazioni. Il primo a intervenire fu il Journal encyclopédique, che nel numero del 15 luglio 1765 denunciò i pregiudizi e lo spirito confessionale del Finetti. Questi replicò, sempre col nome di Gianfrancesco, nel marzo 1766 con una lunga Lettera apologetica, che venne tradotta anche in francese (s.l., s.d.). Più articolata e diffusa la polemica del Duni, professore alla Sapienza di Roma e allievo di Vico, che nella primavera del 1766 pubblicò un'acre Risposta alle obiezioni del F. contro le tesi del maestro, fedelmente riprese nelle proprie opere. Negli stessi mesi un elogio del De principiis iuris naturae... compariva invece in un'operetta polemica e sostanzialmente antiecclesiastica di C.A. Pilati, allora docente di diritto a Trento.
Il F. rispose al Duni sul finire del 1767, sotto lo pseudonimo di Filandro Misoterio ("amico degli uomini" e "nemico delle bestie"), con un libello intitolato originariamente La falsità dello stato ferino degli antichi uomini dimostrato colla Sacra Scrittura, nel quale la concezione vichiana dell'"erramento ferino" veniva senz'altro identificata con lo stato originario di natura di Rousseau, e prima ancora con le teorie di Hobbes: una dottrina quindi materialistica e libertina, assolutamente incompatibile col cattolicesimo. In appendice al libretto l'autore dava qualche notizia di sé, rivelando d'essere "teologo, e revisore di libri e consultore del S. Offizio"; pubblicava inoltre due lunghe lettere che gli aveva indirizzato da Trento C.A. Pilati il 17 luglio e il 30 sett. 1766, con ulteriori attacchi al Duni.
Lo scritto incontrò immediato successo, tanto che il tipografo veneziano che lo stampò fece uscire nel 1768 quasi tutta la tiratura sotto il titolo di Apologia del genere umano accusato desser stato una volta bestia. Parte prima, annunciando la prossima pubblicazione di altre due parti. Per quanto i giornali letterari dell'epoca avessero dato ampio risalto alla polemica e il Journal encyclopédique avesse rinnovato il primo giugno 1768 i suoi attacchi al F., l'annunciata continuazione dell'opera non venne mai messa in circolazione (ristampa parziale dell'opuscolo, sotto il titolo Difesa dell'autorità della Sacra Scrittura contro G.B. Vico, a cura di B. Croce, Bari 1936). Forse nocque all'autore d'aver portato a suo favore, contro uno stimato docente dello Studio romano, la testimonianza di un anticlericale come il Pilati, la cui opera L'esistenza della legge naturale impugnata e sostenuta (Venezia 1764) era stata messa all'Indice il 30 giugno 1766.Da questo momento il F. non fece più parlare di sé. Il suo trasferimento nel convento domenicano di Farra, in territorio austriaco e vicino alla città natale, deve essere avvenuto in questi anni. Dell'opera maggiore uscirono ancora due ristampe, a Venezia nel 1777 e a Napoli nel 1780-81; una lettera al De Rubeis del 1774 testimonia che in quella data l'autore partecipava ancora alla vita culturale friulana, interessandosi ai ritrovamenti archeologici ad Aquileia.
Il F. morì a Farra (ora Farra d'Isonzo, Gorizia) il 20 giugno 1782.
Fonti e Bibl.: Bassano, Bibl. civica, Epistolario Remondini, n. 2338 (lettera a G.B. Remondini); Trento, Bibl. comunale, Mss. 2433, c. 4 (lettera a C.A. Pilati); Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. lat., cl. XIV, 137 (=4288), cc. 260-265 (lettera a B.M. De Rubeis); Arch. di Stato di Trieste, Atti amministrativi di Gorizia: 1783-1790, b. 6 (dispersione della biblioteca di Farra); B.M. De Rubeis, De rebus Congregationis sub titulo beati Iacobi Solomonii in provincia S. Dominici Fenetiarum erectae, Venetiis 1751, p. 490; La Frusta letteraria, 1° maggio 1764 (rist. in G. Baretti, La Frusta letteraria, Milano 1830, IV, pp. 118-132); Novelle letterarie (Firenze), XXV (1764), pp. 158 s., 204; XXVII (1766), pp. 337 s.; XXIX (1768), pp. 316-320, 328-334; E. Duni, Risposta ai dubbi proposti dal signor Gianfrancesco Finetti sopra il "Saggio sulla giurisprudenza universale" di E. Duni, Roma 1766 (rist. Opere complete, Roma 1845, III, pp. 1-59); C.A. Pilati, Lapi Coralicti Iudicium de duobus P. Joannis de Deo Staidelii libris, Lugani 1766, pp. 8, 20; Magazzino ital. (Venezia), 1 (1767), pp. 192-195 (rist. in Giornali venez. del Settecento, a cura di M. Berengo, Milano 1962, pp. 292-295); C. Morelli, Istoria della contea di Gorizia (1790 circa), Gorizia 1972, III, pp. 264-267, 345 s.; P.A. Codelli, Gli scrittori friulano-austriaci degli ultimi due secoli, Gorizia 1792, pp. 111-115; B. Labanca, Giambattista Vico e i suoi critici cattolici, Napoli 1898, pp. 165-172, 185-238 (non identifica Gianfrancesco Finetti con Bonifazio); L. Schiwitz von Schiwitzhoffen, Der Adel in den Matriken der Grafschaft Görz und Gradisca, Görz 1904, pp. 195, 385, 424; F. Furlan [F. Spessot], Una gloria gradiscano-farese. Il linguista P. B. F. dell'Ordine de' domenicani, in Forum Iulii, III(1912), pp. 15-20, 81-84; B. Croce, La ristampa di un libro raro, in La Critica, XXXIV (1936), pp. 232-238; P.A. Walz, Compendium historiae Ordinis praedicatorum, Romae 1948, p. 456; F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea in progresso in N. A. Boulanger, Bari 1947, pp. 127-132; B. Croce, Bibliografia vichiana, a cura di F. Nicolini, I-II, Napoli 1947-48, ad Indicem; F. Nicolini, La religiosità di Giambattista Vico, Bari 1949, ad Indicem; Id., Commento stor. alla seconda Scienza nuova, I-II, Roma 1949-1950, ad Indicem; G. Marchetti, Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1959, pp. 454-457; P. Zambelli, Dibattiti culturali nel Settecento a Venezia, in Studi sull'illuminismo, Firenze 1966, pp. 177 s.; E. Garin, Storia della filosofia ital., Torino 1966, pp. 1018-1020, 1035; Id., Dal Rinascimento all'Illuminismo, Pisa 1970, pp. 163-167; S. Sarti, Il presupposto filosofico della polemica tra B. F. e G. B. Vico, in La filosofia fliulana e giuliana nel contesto della cultura ital., Udine 1972, pp. 171-186; F. Venturi, Settecento riformatore. La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti, Torino 1978, pp. 251-254; S. Sarti, Vico e i pensatori friulani del '700, in Le Panarie, XII (1979), pp. 12-14; A. Battistini, Nuovo contributo alla bibliografia vichiana, Napoli 1983, ad Indicem; Storia della cultura veneta, 5, II, Vicenza 1986, pp. 211, 220 s.; S. Cavazza, Da Basilio Pica a B. F. Note sul convento dei domenicani di Farra, in Omaggio a mons. Francesco Spessot. Atti del convegno di studio, Farra d'Isonzo 1988 [Farra d'Isonzo 1993], pp. 17-22.