BONIFAZI, Ennio, detto il Cerricola
Nacque a Cerreto di Spoleto, probabilmente negli ultimi anni del sec. XVI. Nipote del noto costruttore d'organi Armodio Maccioni, iniziò la sua attività a Roma nella fabbrica dello zio, di cui fu allievo e aiutante.
Dal 1624 apparve alla basilica di S. Pietro in Vaticano con incarichi di fiducia, riscuotendo fino al 1628 lo stipendio del Maccioni, "conservatore" di tutti gli organi di S. Pietro, e nello stesso tempo occupandosi, come ritiene il Lunelli, dei "grandi lavori" che si facevano "in S. Pietro proprio in questi quattro anni per rimodernare gli organi", in conformità del completamento della basilica già operato dal Maderno. Nei registri della Fabbriceria di S. Pietro il nome dell'organaro cui vennero affidati tali lavori non è menzionato, ma vi si nota che al B. furono pagati "scudi 150 per aver disfatto l'organo vecchio e fattura e messo in opera in nuovo" (Lunelli, p. 86). L'organo in questione era lo stesso strumento esistente nella vecchia basilica di S. Pietro e ricomposto nel 1609 dal Maccioni nella cappella Clementina. Iniziati nel settembre 1624, i lavori furono terminati ai primi di marzo 1626; qualche giorno dopo (12 marzo), l'organo venne inaugurato da Girolamo Frescobaldi.
Lo strumento - che aveva due facciate di canne e una sola tastiera - fu collocato in una grande arcata appositamente praticata in un muro comune alla cappella Clementina e ad una delle maggiori nuove cappelle, detta "del Coro nuovo", assai usata per le funzioni. Nella parte verso la cappella Clementina vennero eretti il prospetto (o facciata) nuovo, tripartito, e la cassa nuova, recante l'impresa di Urbano VIII, ricchi fregi e svariati bellissimi ornamenti, eseguiti dall'intagliatore G. B. Soria, mentre la cassa vecchia, restaurata, abbellita e adattata, fu sistemata nella parte verso la cappella del Coro nuovo. Non si hanno elementi sufficienti per stabilire, però, quale fosse la forma del prospetto di questa parte ricomposto dal B., forma che per il Lunelli "fu sicuramente diversa dall'attuale", risalente agli anni 1891-92, quando F. e N. Morettini di Perugia operarono un rifacimento dell'organo. Le canne di facciata vennero dorate (uso inconsueto nei prospetti italiani) da G. B. Ricci da Novara; la cassa fu dorata verso la fine del 1626 o al principio del 1627 da P. Franchi. Se dal punto di vista ornamentale le notizie coeve sul nuovo organo abbondano, dal punto di vista tecnico sono, invece, scarsissime: soltanto da un progetto di rinnovamento di Filippo Testa nel gennaio 1720 è possibile rilevare che l'organo "possedeva una sola tastiera, le vecchie canne del principale formavano "la mostra della parte fuori del Coro rispondente alla Cappella di S. Gregorio" [della parte, cioè, verso la cappella Clementina]; inoltre esistevano bassi di piombo e 5 mantici. È probabile che la disposizione descritta in questo progetto fosse quella originale, o meglio, conservasse ancora intatte le caratteristiche dello strumento ricomposto dal Bonifazi" (Lunelli).
Nello stesso anno 1626 fu progettato di rimodernare anche l'organo della cappella Gregoriana (eretto nel 1582 dai maestri Marino e Vincenzo da Sulmona su disegno di Giacomo Della Porta), che, rimesso in efficienza da G. Guglielmi dopo la devastazione subita nel 1597, veniva usato molto frequentemente dai primi anni del '600. S'ignora quale organaro ricomponesse lo strumento, tuttavia al Lunelli "non... pare possibile mettere in dubbio sia stato lo stesso Bonifazi, che aveva appena finito di sistemare l'organo del Coro" (p. 89). Il 13 apr. 1627 i lavori erano gia cominciati, come testimonia una registrazione della Fabbriceria in questa data: "Si aggiunge un'altra mostra all'organo della Gregoriana" (p. 89); alla fine di quell'anno o nei primi mesi del 1628 il B. doveva aver compiuto la sua fatica e collocato l'organo - che fu di sicuro inaugurato dal Frescobaldi - al suo nuovo posto, fra la cappella Gregoriana e la "Sacrestia Nuova" (l'attuale cappella del Santissimo).
Al contrario dell'organo del coro nuovo, questo strumento fu sistemato con il prospetto vecchio rivolto verso la cappella Gregoriana, mentre quello nuovo venne innalzato verso la sacrestia nuova. I lavori d'intaglio furono affidati nuovamente al Soria, la doratura della cassa fu eseguita da F. Inverno. Da una nota dei lavori fatti nel 1751 dall'organaro Giovanni Battista Testa risulta che l'organo possedeva 16 registri (ma mancavano le ancie) ed era di proporzioni maggiori di quello del coro nuovo. Per quel che riguarda la forma esterna, la sistemazione dello strumento rimase immutata fino al 1852, quando l'organo fu rimosso per erigere al suo posto il monumento a Gregorio XVI. Il bell'organo venne collocato dentro la contigua cappella del Santissimo, ma voltato, così che il vecchio prospetto sostituì quello eretto dal B., allora (nel 1852), in altro non consiste[nte] - come scriveva il diarista Debellini (citato dal Lunelli) - che in una semplicissima mostra d'organo con marmorea tribuna. Ancora al presente "nella cappella del Santissimo si vede il vecchio incassamento dell'organo della Gregoriana colla scritta a Gregorio XIII e colla data 1582" (p. 91).
Nel 1628 fu commissionato al B. anche il rifacimento dei due vecchi organi del veneziano "missier Venerano da Loggici" posti nel 1562 sopra l'antica cappella di S. Domenico nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. Il B. s'impegnò a terminare il primo nello spazio di un anno, chiedendo 1.000 scudi di pagamento, e alle stesse condizioni costruì il secondo organo; il maggior contribuente alle spese fu il card. Scipione Borghese. I due strumenti - la cui canna maggiore era lunga quattordici piedi - ebbero la parte decorativa disegnata dall'architetto romano Paolo Marucelli. Collocati l'uno sopra l'entrata absidale della chiesa, l'altro sulla cappella del Rosario. gli strumenti del B. continuarono ad essere efficienti - effettuati i necessari e periodici restauri - fino alla prima decade del presente secolo.
Ormai organaro affermato, insignito del titolo di cavaliere, il B. ricoprì anche l'importante carica di conservatore degli organi nelle principali chiese di Roma: alla basilica vaticana nel 1629, succedendo allo zio Maccioni con lo stesso stipendio di 2 scudi mensili, alla chiesa capitolina di S. Maria in Aracoeli il 31 nov. 1631 (la nomina datava dal 30 sett. 1630 e il 26 apr. 1642 gli fu conferita a vita) e infine a S. Spirito in Saxia nel 1642, secondo l'Allegra, ma si può credere che ancor prima di quell'anno il B. vi curasse la manutenzione degli organi, poiché in ordine di tempo successe anche qui al Maccioni. Il 10 marzo 1636, su istanza del card. Antonio Barberini, la Fabbriceria di S. Pietro fece costruire al B. un organo che potesse essere trasportato attraverso la basilica e collocato nel punto più indicato per l'esecuzione. La macchina a ruote di quest'organo, assai impartante, fu ideata e disegnata da Luigi Bernini (ma non ne esistono più i disegni) e il lavoro di decorazione venne eseguito ancora dal Soria. Lo strumento - a una tastiera e 14 registri - fu terminato verso la fine del 1637 o ai primi mesi dell'anno successivo, risultando di grandezza maggiore del previsto.
Il 26 apr. 1638, infatti, il B. chiedeva per il pagamento finale e per qualcosa in più a titolo di "ricognitione, che si può pretendere per aver servito con maggior studio e diligenza" che lo strumento fosse "stimato da persona intendente e spassionata" (Lunelli, p. 97). La richiesta fu passata al Bernini, "sovrastante" ai lavori del nuovo organo - e non al Frescobaldi, come si sarebbe giustamente supposto -, ma il B. non ricevette alcuno scudo in più degli 800, pari al costo effettivo dell'organo. Circa il 1720 F. Testa ne rifece la parte fonica e "lo strumento rimase in funzione, sia pure con vari rimaneggiamenti, fin verso la fine del secolo scorso" (ibid.).
Allo stesso decennio risale l'organo della collegiata di S. Maria Assunta di Trevi nel Lazio, la cui realizzazione - avvenuta tra il 1633 e il 1634 - venne commissionata a B. dal mecenate locale Giovanni Paolo Ciglia mediante atto pubblico redatto dal notaio Donatus De Donatis il 12 luglio 1633 alla presenza del sindaco Remolo Battista, detto Pollastro, per un compenso pattuito in 400 scudi; l'organo, costruito a sistema meccanico con tastiera di 45 note, pedaliera in sesta di 9 note, presenta una facciata a tre campate, ognuna con canna centrale a tortiglione, fregi lignei intagliati e dorati e registri potenti e dolci, che hanno mantenuto inalterata la freschezza timbrica.
L'ultimo organo costruito dal B. - di cui si abbia finora notizia - fu quello per la collegiata di S. Lorenzo a Sant'Oreste sul monte Soratte: il B. ne stipulò il contratto il 23 luglio 1638 e due anni dopo lo strumento era finito. La spesa di 350 scudi fu ripartita fra la comunità di Sant'Oreste, il card. Barberini e il cavalier G. F. M. Caccia, i cui stemmi figurano sulla facciata dell'organo.
Lo strumento - con prospetto a tre campate di canne e decorato con intagli e doratura di pregio - fu posto sopra la porta principale d'ingresso della chiesa. Il 1º luglio 1642 il B. si impegnò a curarne la manutenzione, nel termine di un anno a partire da quella data, una volta ancora gratuitamente, eccetto le spese di viaggio per sé e per il suo aiutante. Dal 1658 l'organo venne più volte restaurato e rifatto: nel 1918 l'organaro Paolo Quaresima di San Vito Romano operò un restauro completo al "nobile strumento" del B. che nel 1931 era ancora in grado di funzionare.
Il B. morì a Roma nel 1654.
Degno continuatore del Maccioni, egli ebbe a sua volta, nel suo laboratorio in piazza S. Stefano del Cacco, "nella casa grande delle monache" (Cametti, 1908, p. 44), come compagni e successori Giuseppe Catarinozzi - probabile allievo e parente - e il cognato Giuseppe Testa (ne aveva infatti sposato la sorella Lucrezia). Gli organi fabbricati dal B. furono accolti con favore e apprezzati dai contemporanei e dai posteri per l'armoniosità e la dolcezza dei suoni. A questa buona realizzazione della parte fonica contribuì forse, unitamente alla tradizione familiare, l'influenza del Frescobaldi, il quale, almeno per gli organi costruiti dal B. in S. Pietro, dovette indubbiamente "far sentire il peso della sua autorità", come scrive il Lunelli, per ottenere strumenti adatti alla ispirazione e all'arte sue e per valorizzare le capacità del B. nei lavori affidatigli.
Bibl.: A. Cametti, G. Frescobaldi in Roma 1604-1643…, Milano-Torino-Roma 1908, pp. 43 s.; J. J. Berthier, L'église de la Minerve à Rome, Rome 1910, pp. 251 s.; A. Cametti, Organi,organisti ed organari del Senato e Popolo romano in S. Maria in Ara Coeli (1583-1848), Torino 1919, pp. 24, 44 s.; M. De Carolis, La cappella musicale della ven. collegiata di S. Lorenzo martire in Sant'Oreste sul monte Soratte, in Note d'Arch. per la storia musicale, VIII (1931), 1, pp. 67 s.; A. Allegra, La cappella music. di S. Spirito in Saxia di Roma. Appunti storici, (1551-1737),ibid., XVII (1940), 1-2, pp. 34 s.; R. Lunelli, L'arte organaria del Rinascimento in Roma e gli organari di G. Pietro in Vaticano..., Firenze 1958, pp. 12, 82 s., 86-89, 97.