COCCONATO, Bonifacio di
Fratello di Uberto, cardinale di S. Eustachio, e di Alemanno, Emanuele e Guido. Allo stato attuale delle ricerche, non è possibile stabilire il grado di parentela che lo legava ai membri della casata attestati in epoche anteriori, Uberto "Comes Grassus" e l'omonimo nipote di questo. Il C. compare citato per la prima volta fra i canonici di Asti il 28 ag. 1227; accanto a lui figurò, dal 1226 al 1242, un Anselmo di Cocconato suo "servitore" che svolse talora funzioni di procuratore. Dall'8 sett. 1234 ricoprì la dignità di prevosto del capitolo di Asti; come tale, il 28 dic. 1240, grazie all'interessamento dell'arcivescovo di Canterbury, ricevette la concessione di un assegno annuale di dieci lire da parte di Enrico III d'Inghilterra, cosa che potrebbe far pensare ad una sua anteriore permanenza in quel regno, soggiorno peraltro non altrimenti documentato.
L'elezione del C. a vescovo d'Asti è sicuramente successiva all'aprile del 1242, quando egli figurava ancora soltanto come prevosto, ma è comunque anteriore al 22 nov. 1244, quando egli viene detto esplicitamente "prevosto eletto a vescovo". Rimase per oltre quindici anni in tale ambigua posizione, senza mai essere consacrato. In questo periodo di tempo, non lasciò la sua prima carica; nei documenti vescovili da lui promulgati, viene sottolineata la qualifica di "eletto", mentre quella di prevosto rimane costante nei documenti emessi dal capitolo, che lo vedono trattare solo scambi e affitti di terre e altri atti di ordinaria amministrazione. Importante, per contro, la sua attività di vescovo eletto, soprattutto rivolta, secondo quanto risulta dalla documentazione che ci è pervenuta, alla conservazione del patrimonio vescovile e alla difesa dei diritti signorili ad esso inerenti, insidiati tanto dal Comune astigiano quanto dalle tendenze centrifughe locali, nel quadro più ampio dei contrasti politici e religiosi che caratterizzano gli ultimi anni dell'impero di Federico II e quelli successivi alla morte di quest'ultimo. L'episodio più cospicuo della sua amministrazione fu lo scontro con i Bressano e con la Comunità di Mondovì, già scomunicati nel 1240 dal predecessore del C.: il ripetersi dell'usurpazione di beni e di ribellioni aperte contro il vescovo provocò l'intervento della stessa autorità papale e una nuova scomunica nel 1251; la questione si trascinò sino al 1258, quando si ebbero la parziale restituzione dei diritti usurpati e l'assoluzione dei colpevoli, ciò che non impedì però ulteriori sviluppi della controversia. Non meno grave fu la lotta impegnata dal C. contro il Comune di Asti, lotta nel corso della quale fu appoggiato da ripetuti interventi diretti di papa Innocenzo IV. Nel 1255 fu costretto a contrarre un mutuo per tacitare le pretese del Comune su Castagnito: un segno della crescente invadenza comunale nei riguardi del superstite potere vescovile.
L'Ughelli, il Savio e gli autori che muovono da essi affermano che il C. era già morto nel 1260; l'esame della documentazione, che si è arricchita di numerose nuove testimonianze ora edite, dimostra invece, al di là di ogni dubbio, che il C. tra il gennaio e il marzo del 1260 lasciò bensì l'incarico di procuratore della Chiesa d'Asti e la dignità di vescovo eletto, ma conservò quella di prevosto del capitolo e rimase accanto al nuovo vescovo di Asti, Corrado di Cocconato, probabilmente un suo cugino. Le ragioni che impedirono la consacrazione del C. a vescovo, dopo tanti anni spesi nella difficile amministrazione della diocesi, rimangono per noi ignote; esse dovevano procedere, assai probabilmente, da ragioni interne al capitolo e alla famiglia. È certo comunque che con l'avvento di Corrado i Cocconato trovarono il modo, non solo di conservare il potere vescovile nelle loro mani, ma, anzi, di rafforzarlo.
Nei primi due anni del pontificato di Corrado, il C. fu spesso presente con lui a importanti atti di significato politico; in seguito, dal 1263 al 1268, la sua attività si andò sempre più restringendo all'amministrazione dei beni capitolari. Del 1267 è l'unica attestazione diretta di relazioni fra lui e il fratello Uberto, cardinale di S. Eustachio, che gli inviò allora una cospicua somma di denaro. L'operazione è forse da connettersi con l'acquisto di diritti signorili relativi ad alcune località che Uberto andava allora trattando con la Chiesa astigiana. Dopo l'agosto del 1268 il C. depose la carica di prevosto e cessò di far parte del capitolo, proprio nel momento in cui compare tra i canonici di Asti un altro Bonifacio di Cocconato che è di certo un suo nipote. Probabilmente si limitò d'allora in poi a curare il patrimonio familiare, compresi i recenti acquisti fatti dal fratello cardinale. Un "Bonefacius de Cochonato" compare infatti nel 1271 a Torino a una concessione di decime ai signori di Sommariva, i quali stavano proprio allora cedendo i loro diritti su quella località al cardinale Uberto. Il 19 marzo 1277 infine - e questa è l'ultima notizia che abbiamo di lui - il C., "già prevosto astense", fu arbitro nelle controversie insorte tra i suoi fratelli e nipoti, soprattutto a causa dell'eredità lasciata dal cardinale morto l'anno prima; dal documento relativo risulta che al fratello Alemanno era stata affidata negli ultimi venticinque anni la gestione dei possessi comuni (una prefigurazione del futuro più ampio consortile) e che il C. non solo aveva prestato somme su pegno ai familiari, ma aveva da parte sua effettuato acquisti di beni e di diritti in Marmorito, in Schierano, nella pieve di Meirate (oggi Piovà Massaia), in Passerano, Bagnasco e Capriglio, terre e diritti che, insieme con gli altri già goduti in Cocconato, Casalborgone e Robella, passarono stabilmente a far parte del patrimonio del Cocconato nei secoli successivi. È chiaro dunque che i proventi delle prebende ed il lucro comunque derivato dalle funzioni ecclesiastiche godute dai singoli membri della casata venivano utilizzati nell'incremento del patrimonio familiare, che appare nel corso di tutto il secolo XIII in rigogliosa espansione.
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