BONIFACIO da Morano
Apparteneva a una famiglia che nella prima metà del secolo XIV si stabilì definitivamente a Modena e che traeva origine, e avrebbe tratto il nome, da una terra dell'alto Appennino, nel contado di Gombola. Nato da Guizzardino, non sappiamo se ancora a Morano o già a Modena, B. ebbe due mogli: prima una Bartolomea, e poi una Betta, di Egidio Guiturisii (e non l'inverso, come pure è stato scritto), e sei figli: Gherardo, Ilario, Rico, Bartolomea, Francesca e Filippa. La casa modenese dei Morano sorgeva in corrispondenza dell'odierno numero civico 19 di corso Canal Chiaro.
Noto oggi solo come autore di una importante cronaca della sua città dal 1188 al 1347, B. fu essenzialmente uomo di legge (notaio e giudice) e come tale lo ricorda la tradizione locale, anche perché la sua cronaca ebbe in sorte una vita confusa e anonima. B. compare più volte e a diverso titolo (come procuratore, come testimone) in atti degli anni 13271344, spesso in connessione con membri di famiglie illustri e con personaggi di primo piano della Modena del tempo, fra i quali anche Guido Pio di Carpi. Nel 1348 fu uno dei revisori degli statuti cittadini. Fece testamento nel 1341 e poi, di nuovo, il 26 genn. 1349, mentre era ricoverato nell'infermeria del convento di S. Francesco; a questo secondo testamento aggiunse due codicilli, l'11 giugno (nel frattempo era tornato a casa) e il 3 luglio dello stesso anno. Morì (di peste o dei postumi della peste) poco dopo, forse già l'8 agosto, se la data riportata nella iscrizione della pietra tombale sotto cui furono sepolti, in S. Francesco, B. e i suoi fratelli, si riferiva proprio alla morte di Bonifacio. Su tale pietra - come ci informa il Muratori, che fece ancora in tempo a vederla - egli era rappresentato "doctorali bireto ac veste".
Del testamento, lungo e dettagliato, attirano l'attenzione non tanto i numerosi legati, che praticamente esauriscono il volto religioso di Modena trecentesca, o le disposizioni relative alla moglie e ai figli, quanto la parte in cui B. divide fra i tre figli maschi la sua non trascurabile biblioteca: a Rico, "legum doctor", vengono attribuiti i testi di diritto civile e canonico, i libri di filosofia morale e, in genere, di filosofia; a Gherardo un lotto di fonti canonistiche; a Ilario una cospicua raccolta di testi utili per la professione notarile, e in più libri di filosofia morale, di storia ("istoriales") e vari. È da ricordare a questo proposito che un altro membro della famiglia, Barnaba, appartenente alla generazione immediatamente successiva, anch'egli uomo di legge, morto a Verona nel 1411 dopo avere assistito con la sua dottrina Scaligeri, Visconti e Carraresi, provvide a spartire, con testamento, fra nipoti e pronipoti, una biblioteca di composizione simile a quella di B. e forse ancora più ricca, che comprendeva tra l'altro i "plures Sermones editi a domino Rico de Morano" - probabilmente un'opera del già ricordato figlio di B., passato, si direbbe, dal diritto all'omiletica.
Il testamento del 1349 e il primo codicillo con cui B. volle parzialmente correggerlo furono rogati da Giovanni da Bazzano, autore di un'altra cronaca di Modena (1188-1363), col quale B. intratteneva da tempo intensi rapporti di carattere, se non altro, professionale.
In due distinte occasioni, nel dicembre del 1341, B., nella veste di procuratore di Giovanni, riceveva delle terre ch'erano state attribuite a quest'ultimo nel corso di procedimenti giudiziari contro debitori insolventi. Giovanni da Bazzano, che esercitava il notariato solo saltuariamente, era invece attivissimo come uomo d'affari: allogava bestiame, prestava denaro, era socio di una bottega di pellicceria di fronte al duomo e reinvestiva gli utili di tali attività in beni immobili.
Rogato durante un intervallo di un'attività così multiforme e redditizia, il testamento di B., pubblicato dall'editore della cronaca di Giovanni da Bazzano nella ristampa muratoriana, documenta, insieme con i due atti cui si è accennato più sopra, un legame di natura non solo professionale, ma anche esistenziale fra gli autori dei due più importanti testi cronachistici modenesi del secolo XIV, a proposito dei quali, viste le indubbie affinità che per un lungo tratto li accomunano, si è discusso a lungo se l'uno dipendesse dall'altro oppure entrambi da una fonte comune ora perduta.
Il problema potrà essere forse definitivamente risolto da chi ci darà un'edizione critica della cronaca di B., che per ora non abbiamo, e che non è neppure detto possa mai essere una fedele ricostruzione del testo come è uscito dalla penna dell'autore, senza le interpolazioni, le contaminazioni e i guasti che ne compromisero ben presto l'integrità. Oggi come oggi, si può solo fornire uno status quaestionis, con qualche considerazione finale.
Nel tomo XI dei Rerum Italicarum Scriptores (Mediolani 1727), quando venne il momento di Modena, il Muratori non si trovava a disporre di nessun testo cronachistico sulla storia della sua patria scritto prima del 1500. In particolare, non era riuscito a mettere le mani sul testo completo della cronaca di B., di cui gli era noto soltanto il tratto relativo agli anni 1306-1330 (-1345), e questo non direttamente, bensì attraverso lo storico umanista ferrarese Pellegrino Prisciano (fine sec. XV), che ne aveva riversato l'essenziale ("res quidem, non autem verba... mutuatus") nella sua storia di Ferrara, quando, arrivato al 1336, aveva voluto dare uno sguardo retrospettivo agli "urbis Mutinae gesta a die rebellionis civitatis ipsius [contro gli Estensi, nel 1306] usque ad annum 1336 [restaurazione del dominio estense]". E infatti, nel tomo XI dei Rerum, ciò che va sotto il nome di Chronicon Mutinense di B. (coll. 93-130) corrisponde alla sola parte di esso tramandata dal Prisciano: nient'altro, dunque, che un brandello ("licinia"), come riconosce a malincuore lo stesso Muratori, di un'opera presumibilmente assai più vasta, che, redatta all'evidenza da un contemporaneo di quegli avvenimenti, si spingeva forse al di là del 1345 e iniziava certamente molto prima del 1306. A quest'ultima conclusione il Muratori era arrivato anche mettendo a confronto ciò che B. (sempre, naturalmente, nella versione di Prisciano) racconta a proposito del 1306 e ciò che di questo stesso anno si leggeva nella cronaca del modenese Alessandro Tassoni (nato nel 1488, morto all'incirca nel 1565). La constatata strettissima parentela fra i due testi faceva intravvedere al Muratori la possibilità che dietro le "cedulae, in quibus breviter scriptae extabant complures memoriae rerum praeteritarum, quae Mutinae et alibi acciderant", di cui il Tassoni diceva di essersi servito sistematicamente nella prima parte della sua compilazione, trascrivendole alla lettera, si celasse, anche per gli anni precedenti al 1306, proprio B., privo, per di più, del travestimento umanistico con cui aveva creduto di doverlo nobilitare Pellegrino Prisciano.
A trattenere il Muratori dal proposito di presentare senz'altro le "cedulae" tassoniane per gli anni 1131-1336 come una parte della cronaca di B., e a fargli invece adottare la soluzione più prudente consistente nel pubblicare il suddetto materiale sotto il titolo anodino di Annales veteres Mutinenses (coll. 53-82), intervenne il sospetto che, fra B. e il Tassoni, ci fosse stato di mezzo un membro della famiglia Petrezzani, che avrebbe provveduto a inzeppare il testo originario della cronaca bonifaciana di menzioni, non sempre opportune, dei suoi vecchi. Con il suo solito acume il Muratori ricavava così tutte le possibili indicazioni che i testi molto tardi di cui disponeva erano in grado di fornirgli circa Bonifacio. Nel tomo XV dei Rerum (Mediolani 1729, coll. 555-634) egli fu poi finalmente in grado di pubblicare, anche se da un codice tardo e scorretto, un cronista "coevo" di Modena trecentesca: non però ancora irraggiungibile B., bensì Giovanni da Bazzano, che con le altre cronache modenesi pubblicate nel tomo XI (Annales veteres Mutinenses; Chronicon Mutinense di B.) aveva molti punti di contatto, che però il Muratori non cercò di spiegare.
Quello che non era stato concesso al Muratori sembrò che fosse dato di fare, nel 1888, a L. Vischi, T. Sandonnini e O. Raselli, che, nella serie "cronache" dei Monumenti di storia patria delle provincie modenesi, pubblicarono, insieme con Alessandro Tassoni, dall'autografo e per intero, e con Giovanni da Bazzano, senza i tagli cui l'aveva sottoposto il Muratori, anche la cronaca completa di B. (1108-1347), quest'ultima da un codice miscellaneo, conservato nella Biblioteca Universitaria di Bologna (n. 377) ed esemplato intorno al 1565 per iniziativa del cancelliere del Comune di Modena, Giovanni Maria Barbieri. Nel manoscritto bolognese (ed in un altro, simile a questo, conservato nella Biblioteca Estense di Modena) la cronaca di B. è anonima e senza titolo. Ma in una nota di quel medesimo ms. bolognese, il Seghizzo, successore del Barbieri, riportava un passo della cronaca di B. precisandone titolo e autore, senza accorgersi che essa si trovava in quello stesso codice. La nota del Seghizzo ci fornisce alcune notizie preziose sull'opera di B.: conosciuta sotto il titolo di Chronica circularis, si estendeva dal 1188 (e non quindi dal 1108) al 1347, e nel 1578 si trovava presso un consigliere di segnatura del duca di Ferrara. Quanto ai rapporti intercorrenti fra i vari testi fin qui nominati, i tre editori del 1888 erano del parere che B. non fosse noto a Giovanni da Bazzano e che né l'uno né l'altro fossero conosciuti da Alessandro Tassoni.
Nel 1890, in una comunicazione alla Deputazione di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, I. Malaguzzi Valeri propose una sistemazione dell'intera materia alquanto diversa da quella proposta dal Vischi, dal Sandonnini e dal Raselli. Secondo il Malaguzzi Valeri, la Chronica circularis di B. deve considerarsi un'"opera perduta", cui va però riconosciuto un posto assolutamente centrale (come di "ceppo") nella formazione della tradizione cronachistica modenese. Ad essa attinse anzitutto Giovanni da Bazzano, che la rifuse e la continuò dal 1347, al 1363 (ma anche il testo di questa cronaca, quale noi l'abbiamo, è da ritenersi assai diverso dall'originale); poi, verso il sec. XV, fu di nuovo rimaneggiata ed interpolata, ed è da questo rimaneggiamento che discendono, da un lato, le "cedulae" di cui si servì il Tassoni, e, dall'altro, i codici bolognese e modenese della seconda metà del sec. XVI: comuni a questi due filoni di una tradizione ormai intorbidata, dalla quale scompare il nome dell'autore, sono la parte precedente al 1188 (il genuino B. muoveva dallo scavo di "foveae", a Modena, di là della vecchia cerchia di mura, appunto nel 1188) e le notizie sui Petrezzani, che costituiscono un indizio indiretto sull'identità dell'interpolatore o di uno degli interpolatori.
T. Casini, editore di Giovanni da Bazzano nella rist. carducciana dei Rerum Ital. Script. (XV, 4, 1917-1919), attacca a fondo la costruzione del Malaguzzi Valeri, sia per ciò che concerne la tradizione della cronaca di B.: niente più testo interpolato petrezzaniano di essa come fonte di Alessandro Tassoni, ma una vera e propria Chronica de Petrezzanis, dalla quale, infatti, il Tassoni attinse almeno una notizia che non si ritrova nella cronaca di B., così come è stata pubblicata nel 1888; sia per ciò che concerne i rapporti fra Giovanni da Bazzano e B.: non più dipendenza del primo dal secondo per il periodo 1347-63, ma una, due, tre fonti comuni perdute, o quasi, per lo più di carattere ufficiale, registri dell'archivio comunale, e anche "una cronaca municipale officiale, o redatta almeno negli uffici del Comune, una specie di 'memoriale potestatum' come ebbero altri comuni emiliani" (ibid., pp. LXV e LXVIII). Esclusa in partenza la possibilità (e su questo punto è senz'altro da convenire) che i "libri istoriales" che si trovavano nella biblioteca di B. fossero la Chronica circularis, il Casini ritiene che "quei libri altro non fossero se non una vera e propria istoria modenese [il "memoriale potestatum"] posseduta da B., il quale se ne fosse già valso per la sua Chronica circularis, insieme con altre opere storiche allora correnti, come potevano essere per esempio le cronache generali di Martino di Troppau etc.; mentre Giovanni da Bazzano, "chiamato a rogar il testamento di B., poté facilmente avere tra le mani quei 'libri historiales' che erano tra le cose forse meno curate dagli eredi, e attratto dalla curiosità di leggerli vi avrà trovato la fonte per comporre egli stesso una cronaca degli avvenimenti della sua città" (ibid., p.XLI).
Rispetto al Malaguzzi Valeri, il Casini ha avuto il merito di confrontare anno per anno le cronache di B. e di Giovanni da Bazzano, mostrando come la tesi di una pura e semplice derivazione non sia sostenibile. Ma restano sempre in piedi le considerazioni del Malaguzzi Valeri sulla scarsa attendibilità del testo moraniano nell'edizione del 1888, fatto che toglie in parte valore all'accennato confronto; e, soprattutto, troppo macchinosa risulta, nel Casini, la spiegazione, affidata esclusivamente a supposte fonti comuni, degli innumerevoli punti di contatto che pur sempre sussistono fra i due cronisti modenesi. Laddove, paradossalmente, proprio la scoperta del testamento del 1349 - di là dell'accenno ai "libri istoriales", che non potevano essere se non una, o più d'una, di quelle enciclopedie storico-ecclesiastiche, compilate da frati mendicanti, che allora erano tanto di moda, e di uso così prezioso per i cronisti cittadini che vi attingevano i necessari collegamenti, particolarmente di carattere cronologico, con la storia generale - veniva a ribadire su di un altro piano il rapporto fra B. e Giovanni, facendo intravedere, sulla base anche degli altri documenti che lo stesso Casini ha rintracciato, una consuetudine di collaborazione professionale, in cui si inquadra perfettamente anche la rielaborazione e continuazione della Chronica circularis, cui Giovanni prese ad attendere, dopo la morte di B., attingendo pure a ricordi personali, a documenti pubblici e probabilmente ad altre cronache.
Fino a prova contraria, così, e senza escludere la possibilità che esistessero in precedenza degli annali cittadini anonimi, la cronaca del notaio-cronista B. va considerata come il primo tentativo di rappresentazione complessiva delle vicende di Modena nel periodo comunale ed oltre, fin dopo la restaurazione estense del 1336, o, meglio, il tentativo in tal senso che ebbe più successo, al punto di far perdere in tutto un ampio settore della tradizione il ricordo stesso del nome dell'autore, tanto la sua opera era sentita come patrimonio comune.
Fonti e Bibl.: Le edizioni della Chronica circularis, o di parte di essa, sono citate nel testo, con riferimenti alla tradizione manoscritta, diretta ed indiretta. A pp. XXXII-XLI della introduzione di T. Casini alla edizione del Chronicon Mutinense di Giovanni da Bazzano, in Rer. Ital. Script, 2 ediz., XV, 4, si trovano notizie sulla biografia di B. e sui suoi rapporti con Giovanni da Bazzano (il testamento di B. è a pp. XXX-VXII. Il riassunto della comunicazione di I. Malaguzzi Valeri è in Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le provincie modenesi, s. 3, VI (1890), I, pp. XXII-XXXI. Su Barnaba da Morano vedere il saggio di L. Simeoni, Il giurista Barnaba da Morano e gli artisti Martino da Verona e Antonio da Mestre, in Nuovoarchivio veneto, n.s., XIX (1910), pp. 216-36.