BONIFACIO da Ceva
Nacque a Ceva (Cuneo), nella famiglia marchionale che prendeva il nome da questo feudo, presumibilmente tra il 1460 e il 1470. Inviato giovanissimo, in qualità di paggio, alla corte di Sassonia, B. passò poi al servizio militare del re d'Ungheria e di Boemia Mattia Corvino, partecipando alla guerra contro i Turchi. A dar credito alle più tarde vanterie dello stesso B., egli avrebbe inferto colpi durissimi alle armate del sultano: certo è che questa esperienza guerresca non dovette essere senza conseguenze nella formazione della sua personalità, poiché, passato poi alla vita monastica, diede prove clamorose di una intemperanza più consona all'aggressività del militare che non alla teorica mansuetudine del francescano.
B. tornò in Piemonte intorno al 1490, forse in seguito alla morte di Mattia Corvino. Dovette compiere nel periodo immediatamente successivo i suoi studi letterari e giuridici, sebbene non se ne abbia notizia sicura e anzi presuinibilmente non giungesse al dottorato. Vestì quindi l'abito dei frati minori nel convento di Rougemont, appartenente alla provincia francescana di Borgogna: non è possibile stabilire la data del suo passaggio alla vita religiosa, ma esso non dovette essere di molto anteriore al 1500.
Il convento in cui B. prese i voti apparteneva alla Congregazione dei minori coletani, una famiglia francescana costituita da s. Coletta al principio del secolo XV. Il culto di questa santa era molto diffuso in Savoia, e questo è presumibilmente il motivo per cui B. preferì entrare in quel lontano monastero: al tempo suo, infatti, la piccola congregazione costituita da s. Coletta non aveva più conventi al di qua delle Alpi. Il temperamento aggressivo di B. lo portò subito a prendere una posizione spiccata nelle contese che travagliavano l'Ordine francescano, ed in cui i coletani avevano una parte importante. Questi propugnavano infatti la restaurazione integrale della primitiva regola francescana, mostrandosi perciò assai più severi che non le due famiglie dei conventuali e degli osservanti che allora si contendevano il predominio nell'Ordine. Praticamente i coletani erano estranei sia agli osservanti sia ai conventuali, sebbene questi ultimi esercitassero su di loro una sorta di patrocinio che tuttavia non ne toccava l'autonomia tenacemente difesa. B., sin dal suo esordio nella vita religiosa, raccolse le posizioni polemiche dei confratelli portandole ad una tonalità acutissima sia nei riguardi dei conventuali sia, soprattutto, verso gli osservanti. Egli cominciò a concepire il disegno di una vasta riforma dei conventuali delle province di Borgogna e di Francia per mezzo di una graduale conquista dei loro conventi da parte dei coletani; il passo successivo avrebbe dovuto essere la conquista e la riforma degli osservanti ed infine la ricostituzione di tutti i francescani in una sola grande famiglia che avrebbe dovuto ritornare alla più stretta osservanza della regola primitiva, che egli considerava come intangibile. In questo disegno B. poté contare sulla comprensione e sul sostegno non soltanto di eminenti personalità francescane, ma anche di autorevoli personaggi politici, tra cui la duchessa di Savoia Margherita d'Asburgo. Personalmente assai devota a s. Coletta, Margherita fu in rapporti abbastanza stretti con B., sostenendolo particolarmente durante il suo governo delle Fiandre e raccogliendone spesso le confidenze sulle burrascose vicende del suo tentativo riformatore. In Francia, poi, B. poté contare sull'appoggio dello stesso Luigi XII e sull'influente cardinale Giorgio d'Amboise, politicamente interessati a una definitiva ricomposizione delle contese francescane che avevano le loro turbolente ripercussioni sull'ordine pubblico e che non potevano non vedere con simpatia un tentativo di eliminare la corruzione ed il disordine in cui versavano da tempo i conventi minoriti.
B. compare per la prima volta nella storia dell'Ordine nel 1500, quando prese parte al capitolo generale dei conventuali tenutosi a Terni. In questa occasione si strinsero definitivamente i suoi rapporti con Egidio Delfini, che era il candidato di papa Alessandro VI al generalato e che pertanto non poteva non risultare eletto. Il Delfini condivideva completamente il piano di riforma dei conventuali e di assorbimento degli osservanti proposto da B. e convenne con lui nell'iniziare il tentativo nella provincia di Francia, dove l'opera di riforma e di conquista avrebbe potuto contare sul contributo delle forti comunità di coletani.
B. ed il Delfini ottennero un primo, importantissimo successo già nel marzo del 1502, quando riuscirono a porre i coletani alla direzione del grande convento francescano di Parigi, togliendolo ai conventuali: furono decisamente appoggiati in questo dalle autorità civili, che consideravano i cordeliers come degli inguaribili perturbatori della quiete cittadina. La campagna riformatrice del Delfini e del suo ispiratore proseguì nella Francia meridionale, con un capitolo generale della provincia di Borgogna, tenuto il 18 giugno 1503, nel quale il Delfini, in virtù di poteri assai ampi concessigli da Alessandro VI, impose l'unificazione di tutte le famiglie e congregazioni francescane della regione, sottoponendo di fatto sia i conventuali sia gli osservanti alla direzione dei coletani. Alla nuova provincia francescana, così costituita, il Delfini assegnò il nome di San Bonaventura, da quello del convento di Lione, il maggiore della regione. Poi il Delfini convocava a Troyes, il 26 maggio 1504, un capitolo generale dei conventuali in cui dava i più ampi riconoscimenti pubblici al suo più prezioso collaboratore, creando B., in virtù di un particolare privilegio, dottore in sacra teologia (per cui poi gli avversari del coletano piemontese lo derideranno chiamandolo dottore "creatum sub camino") e soprattutto lo investiva della direzione della riforma in qualità di ministro per la provincia di Francia e di suo commissario generale nelle altre province di Borgogna e di Aquitania.
Da allora e sino alla morte B. fu impegnato in una fervida campagna per la realizzazione della sua riforma. Egli affermerà poi che "ad integram reformationem adduxi quasi totam provinciam Franciae" (Bihl, p. 142). Ma le sue vittorie non erano facili: a Margherita d'Asburgo confidava: "a Lisle, j'ay trouvé visage de bois, et après que suys entré, l'on m'a faict prisonnyer dedens le couvent"; e a Mons "les apostaz qu'estoyent au couvent se sont rebellés contre moy" (Bihel, p. 494); spesso erano le stesse popolazioni, eccitate dai frati recalcitranti, a insorgere contro le iniziative riformatrici di B.: e allora l'intervento dei poteri pubblici diventava decisivo.
Gli avversari della riforma del resto non mancavano di passare al contrattacco: era, per esempio, il caso degli osservanti delle Fiandre e della Lorena, che facevano parte della provincia francescana di Francia, i quali tornarono a impadronirsi dei conventi di Gand, Ypres, Namur, Rouen, Toul e Neufchâteau "post reformationem meam", come scriveva amareggiato Bonifacio (Bihl, p. 142). E B., per scacciarne i suoi avversari, giunse persino a falsificare una lettera di N. Denyse, vicario provinciale degli osservanti, sicché lo stesso Denyse, nel maggio del 1503, dovette smentirlo davanti ad un notaio. Nel sud della Francia, nella nuova provincia di S. Bonaventura, le cose non andavano meglio, poiché il ministro Pietro Grandis, un coletano già conventuale, deposto dalla sua carica dal capitolo generale dei conventuali celebratosi a Roma nel 1506, consegnò per vendetta venti conventi dei coletani agli osservanti. Infine B. riceveva il colpo più duro da Giulio II, il quale, per le pressioni degli osservanti, il 16 giugno del 1506 ordinò lo scioglimento dei coletani e la consegna dei loro conventi di Francia agli osservanti, i quali in effetti non esitarono ad approfittare delle decisioni pontificie.La replica di B. fu estremamente decisa, e anche provvisoriamente fortunata. Egli infatti si presentò direttamente al pontefice per chiarirgli i termini della riforma da lui intrapresa, per chiedergli la revoca dei provvedimenti decisi contro i coletani e per sollecitarne l'appoggio. Egli poté contare sulla incondizionata solidarietà del generale dei conventuali. Rainaldo Graziani da Cotignola, succeduto nel 1506 al Delfini e fermamente intenzionato a proseguirne l'opera. Giulio II si lasciò convincere dal Graziani e da B. e il 17 genn. 1507 revocò con il breve Exponi nobis fecisti le decisioni prese nel giugno precedente, autorizzando la sopravvivenza autonoma dei coletani e obbligando gli osservanti a restituire a B. i loro conventi. Autorizzò inoltre il Graziani ad elaborare nuovi statuti generali la cui redazione fu affidata ad una commissione nella quale B. ebbe una gran parte. Essi furono presentati al pontefice il 12 maggio del 1508 e furono confermati e pubblicati il 1º gennaio dell'anno successivo dal generale protettore dell'Ordine Domenico Grimani. B. provvide poi a pubblicarli nella sua provincia, ma con modifiche talvolta assai rilevanti, che ne accentuavano il carattere rigorista.
La vittoria di B. ebbe tuttavia breve durata. Già il 23 ott. 1507 gli osservanti, che si rifiutavano di eseguire le disposizioni pontificie relative alla restituzione dei conventi della provincia di Borgogna, ottenevano da Giulio II che una decisione in proposito fosse rinviata al giudizio arbitrale del vescovo di Grenoble, e questi si pronunziò in favore degli osservanti. B. dovette ricorrere allora al Parlamento di Parigi, che gli diede ragione obbligando i suoi avversari ad una restituzione quasi integrale; ma in possesso degli osservanti rimanevano alcuni importanti conventi della provincia di Francia, particolarmente in Lorena e nelle Fiandre, mentre d'altra parte un nuovo ripensamento di Giulio II rimetteva completamente in discussione le basi stesse della riforma di Bonifacio.
Il 18 febbr. 1510 Giulio II cedeva infatti alle pressioni degli osservanti, annullando il breve del 1507 e confermando l'assorbimento delle maggiori famiglie francescane delle congregazioni minori, compresi i coletani "etiam sub Bonifacio provinciae Franciae... ministro"; e il 22 novembre dello stesso anno revocava anche le nuove disposizioni statutarie, le quali, si giustificava il pontefice, gli erano state "extortae quam impetratae" dal Graziani e da Bonifacio. Si apriva così, ineluttabilmente, un periodo di decadenza e di sconfitta per la riforma perseguita da B., ma le nuove gravissime difficoltà non solo non scoraggiarono l'animoso francescano piemontese, ma ne stimolarono lo spirito combattivo.
La nuova battaglia di B. fu condotta ora essenzialmente sul terreno della discussione e della limitazione delle ultime, sfavorevoli decisioni pontificie. Capziosa, ambigua, cavillosa, la polemica di B. si scatenò in una valanga di scritti che giungevano persino a mettere in dubbio - contro ogni evidenza - l'autenticità dei documenti papali, e comunque li respingevano come contrari ai valori dell'autentica tradizione francescana. Contemporaneamente egli intraprendeva nuove battaglie giudiziarie per recuperare i conventi sottrattigli dagli osservanti; ma ora anche l'appoggio delle autorità civili era largamente compromesso dalle decisioni pontificie. Un suo appello al Parlamento di Parigi, nel gennaio del 1511, vide un suo vivace contraddittorio con il commissario ultramontano degli osservanti, Giovanni Silvestris. B. ribadì le sue tesi sul ritorno alla regola e sulla fusione di tutte le famiglie francescane, il suo avversario fece appello alle decisioni pontificie ed alla conformità degli osservanti alla disciplina francescana. B. pubblicò gli atti della controversia a Parigi, nel 1511: Articuli in supremo parlamenteo Senatu Parisiensi ad... Ludovici XII iussum... convocatis partibus duarum Observantiarum eiusdem Ordinis... exibiti, s.l.né d. Quando la decisione del Parlamento, sebbene con molti ritardi e perplessità, sembrava orientarsi in senso favorevole a B., i suoi avversari preferirono chiedere l'intervento della facoltà teologica della Sorbona. In questa sede, dove pure B. intervenne con violentissimi attacchi contro gli osservanti, la discussione ebbe un corso a lui nettamente più sfavorevole, finché la facoltà decise la controversia, nel 1514, a vantaggio degli osservanti, mentre d'altra parte rimaneva ancora aperto il procedimento presso il Parlamento parigino.
Mentre ancora duravano queste discussioni, B. pubblicò quella che rimane la sua opera di maggiore impegno, Firmamentum trium ordinum beatissimi patris nostri Francisci, Parisius 1512: con essa egli intendeva chiamare in soccorso delle proprie tesi rigoriste la storia stessa dell'Ordine, ricostruita con una vasta scelta di documenti: gli opuscoli di s. Francesco, una cronaca del movimento francescano, un Bullarium Ordinis, statuti pontifici e generalizi, un cerimoniale dell'Ordine, varie discussioni e interpretazioni della regola, le regole delle congregazioni minori delle clarisse e dei coletani e così di seguito. La silloge di B., filologicamente tutt'altro che ineccepibile, era largamente inframmezzata dalle sue chiose interpretative, che spesso forzavano polemicamente i testi in senso rigoristico e avverso dunque alla prassi instaurata dagli osservanti. L'opera ebbe comunque una larga fortuna, perché costituì un punto di riferimento nei dibattiti disciplinari del tempo e perché venne variamente tenuta presente nelle analoghe, successive compilazioni francescane.
Le dispute tra i conventuali riformati di B. e gli osservanti a proposito del controllo dei conventi investivano frattanto anche le autorità politiche delle Fiandre. Appena giunto a maggiorità, nel 1515, il giovane Carlo d'Asburgo, animato dalle sue grandi aspirazioni riformatrici, decideva di intervenire anche nelle contese dei francescani di quella parte della provincia di Francia che cadeva sotto la sua giurisdizione e della vicina provincia di Colonia, anch'essa in parte soggetta all'autorità politica del giovane duca. I rappresentanti delle due fazioni furono convocati presso la corte per il 20 genn. 1516: B. vi intervenne con una completa delega del provinciale di Colonia e sostenne il dibattito con una moderazione in lui inusitata, che si spiega probabilmente con la reverenza verso la corte e soprattutto con la sua devozione a Margherita d'Asburgo, già tutrice del giovane Carlo. Al termine delle discussioni il duca, con una decisione tipica dei suoi orientamenti riformatori rivolti decisamente in senso conciliare, propose ai contendenti di rinviare la questione al concilio lateranense, allora in corso. B. aderì con imprevedibile mansuetudine, ma pochi mesi dopo pubblicava a Parigi un Defensorium elucidativum observantiae regularis fratrum minorum, s.l. né d., che era un violentissimo attacco contro i suoi avversari osservanti e una chiara rottura con le speranze di un'accordo suscitate dalla moderazione dell'incontro di Gand.
L'intemperante iniziativa di B. nocque decisamente alla sua causa; la stessa magistratura civile cominciava a considerarlo ora come uno tra i maggiori promotori dei disordini francescani: il Parlamento di Parigi, già tendenzialmente disposto a sostenerlo, rinunziò a prendere una decisione, rinviandola al papa. E Francesco I, il 18 marzo 1517, intervenne direttamente contro B., proibendogli ogni pubblicazione. Era la sconfitta definitiva del suo programma riformatore: essa sarebbe stata sancita dal capitolo dell'Ordine convocato da Leone X per il maggio del 1517, che avrebbe stabilito la definitiva separazione dei conventuali e degli osservanti e l'abolizione delle congregazioni minori.
Ma B. non vide questa estrema conclusione della sua vicenda: morì infatti a Parigi il 12 apr. 1517.
Oltre alle opere citate nel testo, ricordiamo: Adventuale seu conciones tempore adventus Domini habitae, Parisiis 1512 e 1518; Responsio ad quandam apologiam a se factam, ibid. s.d.; Tractatus de scientia ac arte bene moriendi, ibid. s.d.; Sermones quadragesimales, s.l. né d. (ma Parigi 1517); Opus de perfectione christiana, Parisiis 1517; Viaticae excursiones. De variis hominum vitiis, ibid. 1518.
Fonti e Bibl.: Chronica fratris Nicolai Glassberger, in Analecta franciscana, II, Quaracchi 1887, pp. 522 s., 528 s., 531, 533 s., 541, 543, 548, 556; Les actes de l'assemblée d'Amboise (1504), a cura di G. Delorme, in La France franciscaine, III (1914), pp. 90-113; Documents pour l'histoire du bienheureux Gabriel-Maria, a cura di G. Delorme, ibid., X (1928), pp. 113 ss., 118, 258-260, 457; G. Oliviero, Memorie storiche della città e marchesato di Ceva, Ceva 1858, pp. 114 s.; H. Holzapfel, Manuale historiae ordinis fratrum minorum, Friburgi Br. 1909, pp. 121, 131-134, 254, 263; M. Bruchet, Marguerite d'Autriche,duchesse de Savoie, Lille 1927, passim; F. Bihel, A propos de Marguerite d'Autriche, in La France franciscaine, XI (1928), p. 494; F. Van den Borne, De Observantie-beweging en het onstaan der provincie Germania inferiori, in Collectanea franciscana neerlandica, II (1931), pp. 162-167; M. Bihl, Fra' B. da Ceva († 1517)e i suoi giudizi su Bernardino da Siena, in Studi francescani, XVII (1945), pp. 132-172.