CAMERANA (Camarano), Bonifacio da
Era figlio di quell'Oddone da Camerana, milite lombardo, che nel 1237 o poco prima aveva ottenuto dall'imperatore Federico II il permesso di immigrare in Sicilia, insieme con un piccolo gruppo di altri lombardi, per sottrarsi ai disagi provocati in Alta Italia dalle frequenti guerre. L'imperatore in un primo momento gli aveva assegnato la terra di Scupello, poi, rivelatasi questa inadatta, quella di Corleone in Val di Mazzara (cfr. Regesta Imperii, V, n. 2298). Il C. stesso viene ricordato per la prima volta nel 1249. Sappiamo infatti che il 20 novembre di quell'anno l'imperatore gli concesse in feudo la terra di Militello in Val di Noto, in cambio dei feudi posseduti in Val di Mazzara, recuperati da Federico II per la loro importanza strategica. Nessun documento ricorda il C. negli anni successivi, ma è lecito supporre che abbia continuato a risiedere nel castello di Corleone, del quale dopo la morte del padre assunse con tutta probabilità la direzione. Durante il regno di Carlo I d'Angiò (non si conosce la data precisa, ma sicuramente negli anni immediatamente precedenti alla rivolta del Vespro), il C. ricopriva la carica di magister aratiarum, cioè di maestro delle famose scuderie reali della Valle di Noto.
Alla notizia della rivolta scoppiata a Palermo il 30 marzo 1282 contro il dominio angioino, Corleone, ancora particolarmente legata al ricordo della dominazione sveva, si mosse, prima fra tutte le città e terre di Sicilia. L'iniziativa di aderire con la massima tempestività alla rivolta palermitana va ricondotta all'azione del C. che, eletto capitano della città, diresse le operazioni militari per espellere i Francesi dalla regione. Il 3 apr. 1282, appena cinque giorni dopo l'inizio della rivolta, i delegati di Corleone conclusero una confederazione con quelli di Palermo. Nel documento non figura il nome del C., che, tuttavia, secondo il cronista Saba Malaspina, sarebbe stato uno dei principali artefici dell'alleanza; anzi, a quanto assicura il Malaspina, egli avrebbe presenziato personalmente al Parlamento di Palermo, pronunciandosi in favore di una rapida conclusione dell'accordo con i Corleonesi e incitando alla più spietata persecuzione dei Francesi. In effetti fu proprio il C. a organizzare la caccia al francese, che condusse con efferata ferocia. Sotto la sua guida il furore popolare si rivolse con particolare accanimento contro le numerose scuderie e masserie reali dell'interno dell'isola che, considerate i centri principali dello sfruttamento della popolazione, furono assalite e saccheggiate. Poco dopo il suo arrivo in Sicilia, il 7 ott. 1282, il nuovo re Pietro di Aragona nominò il C. giustiziere della Valle di Noto. A tale nomina non dovette essere estraneo un prestito di cinquanta once concesso dal C. alla Camera reale. Il primo compito affidatogli dal re riguardava proprio quelle scuderie e masserie reali che erano state saccheggiate con la connivenza del C. al tempo della Communitas. Il 13 ott. 1282, infatti, Pietro d'Aragona lo incaricò di condurre nel territorio soggetto al suo giustizierato un'accurata inquisizione sui cavalli e gli altri animali, già sottoposti alle sue cure in qualità di magister aratiarum e dispersi nel corso dei saccheggi conseguenti alla rivolta del Vespro, che il re intendeva recuperare al demanio reale. L'azione di recupero dovette tuttavia presentare notevoli difficoltà, se il 20 febbr. 1283 Pietro intimava al C. di provvedere a mandargli, con la massima urgenza, i cavalli già appartenenti alle scuderie di Carlo d'Angiò. Per espresso desiderio del re, che da lui esigeva soprattutto il rifornimento dei cavalli, il C. non partecipò alla campagna calabrese del marzo del 1283.
Pare che il C. abbia continuato a svolgere le funzioni di giustiziere della Valle di Noto anche dopo la partenza di re Pietro dalla Sicilia; e fu probabilmente in tale veste che, il 1º giugno 1283, dette il consenso a una concessione fatta dall'arcivescovo di Monreale, Giovanni Boccamazza, in favore di Guglielmo de Carbonito giudice in Palermo. Si ha notizia di un successore del C. solo dopo la morte del re (1285), quando appare investito della carica di giustiziere della Valle di Noto Giovanni da Caltagirone.
Nel 1287 il C. fu mandato, assieme al figlio Oberto e ad alcuni contingenti corleonesi, a Marsala per sostenere il nobile Berardo de Ferro nella difesa della città dagli attacchi della flotta angioina. È questa l'ultima notizia a lui relativa: il silenzio delle fonti lascia supporre che, ormai in età assai avanzata, sia morto non molto tempo dopo.
Fonti e Bibl.: J. F. Böhmer, Regesta Imperii, V, a cura di J. Ficker-E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, n. 3762; De rebus Regni Siciliae (9 sett. 1282-26 ag. 1283). Documenti inediti estratti dall'Archivio della corona d'Aragona e pubbl. dalla Sovrintendenza agli Archivi della Sicilia, Palermo 1882-1893, ad Indicem; Catalogo illustrato del Tabulario di S. Maria Nuova in Monreale, a cura di C. A. Garufi, in Documenti per servire alla storia di Sicilia, s. 1, XIX, Palermo 1962, p. 61; Saba Malaspina, Rerum Sicularum Historia, a cura di G. Del Re, in Cronisti e scrittori sincroni napoletani, II, Napoli 1868, pp. 336-338; Bartholomaei de Neocastro Historia Sicula, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XIII, 3, a cura di G. Paladino, p. 95; M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, Milano 1886, I, pp. 204, 207; II, p. 185; O. Cartellieri, Peter von Aragon und die sizilianische Vesper, Eleidelberg 1904, pp. 145, 157; A. Nitschke, Karl von Anjou und Peter von Aragon. Ihre Stellung zur sizilianischen Bevölkerung, in Festschrift P. E. Schramm, Wiesbaden 1964, pp. 325 s.