CALVO (Calvi, Calbo), Bonifacio
Nacque a Genova, da nobile famiglia, nella prima metà del sec. XIII; non esercitò incarichi pubblici in patria, né risulta che ne abbia esercitati durante le sue peregrinazioni. Scarse e malcerte sono le notizie sulla sua vita; certo verso la fine del 1253 - perché bandito da Genova o forse perché attratto dal fasto e dalla liberalità della corte di Toledo - si recò presso Alfonso X re di Castiglia e León, vicino al quale restò alcuni anni e del quale fu intimo, fedele amico. Non sappiamo se egli abbia cominciato a poetare a Genova oppure in Spagna; in ogni caso doveva esser molto giovane allorquando lasciò la patria per la corte di Toledo, dove compose la maggior parte delle sue poesie pervenuteci.
Tutta la produzione poetica del C. è improntata al gusto della corte castigliana, dove era di gran moda la poesia poliglotta: lo stesso Alfonso X era elegante poeta in gallego, castigliano, provenzale e forse anche in latino. Del C. abbiamo infatti un canzoniere - pubblicato nel 1955dal Branciforti - che consta di 19 componimenti, di cui 16in provenzale, due in gallego-portoghese, uno plurilingue. Tra essi tre sirventesi, scritti per spronare Alfonso X alla guerra, sembrano databili al 1253-54, il primo pare accennare a una progettata conquista della Guascogna, gli altri esortano Alfonso a difendere i suoi diritti e i suoi possedimenti contro le insidie del re di Navarra e di Aragona; di essi uno è un sirventese-discordo scritto in tre lingue: in provenzale le strofe I e IV e la "tornada", probabilmente in un catalano orecchiato la strofa II, in lingua d'oil la strofa III. Un secondo gruppo di componimenti è composto da canzoni d'argomento morale, in cui il C. si limita a ripetere motivi comuni alla lirica trobadorica del tempo: valore e cortesia non sono più pregiati, i codardi e i dappoco sono ricercati ed onorati dai signori; unico sovrano che ancora sia fedele alle antiche tradizioni e dia onore ed ospitalità ai buoni ed ai valenti è Alfonso X, da cui soltanto ormai i prodi possono aspettarsi protezione ed onore. Le più interessanti sono le liriche d'amore, relative a due diverse vicende: alcune infatti parlano di un amore infelice e non corrisposto, al quale il poeta ha avuto la forza di reagire e di porre fine; altre esprimono il timore del poeta di non poter essere ricambiato nel suo amore per una dama d'alto lignaggio (che il Nostredame identificava con una Beringhiera della stessa famiglia reale), e si concludono con la più bella delle canzoni del C., un accorato compianto per la morte della donna amata. Tra le poesie d'amore del C. ci restano anche due "cantigas d'amor" in gallego-portoghese, riecheggianti la tristezza del poeta, e una canzone in provenzale, in cui egli rivolge a re Alfonso tutta una serie di consigli sul modo di comportarsi nelle battaglie amorose.
Il C. rimase alla corte di Alfonso X fino al 1260circa. Intorno a quell'anno abbandonò la Castiglia per tornarsene nella sua Genova, forse perché deluso nelle sue aspirazioni di ricchezza e fama ed amareggiato da quelle maldicenze e maligne offese, subite da parte dei rivali alla corte di Toledo, cui accenna nelle rime morali.
All'ultimo periodo della vita del C. appartiene uno scambio di sirventesi col trovatore veneziano Bartolomeo Zorzi, fatto prigioniero dai Genovesi nell'ottobre 1266, assieme agli altri passeggeri di una nave veneziana carica di mercanzie. Al nemico il C. lanciò un fiero sirventese, nel quale, benché non risparmiasse violente rampogne ai Genovesi sempre divisi da lotte civili, non dimenticava di scagliare feroci attacchi contro i Veneziani; ma lo Zorzi, rinchiuso nella prigione nella quale sarebbe dovuto rimanere ancora ben sette anni, rispose coraggiosamente alle accuse del C. con un altro sirventese che aveva lo stesso metro e le stesse rime, ribattendone punto per punto le rampogne e le insinuazioni, esaltando il valore dei suoi concittadini e sdegnosamente respingendo l'accusa di codardia ad essi rivolta. Il C., a quanto narra la biografia provenzale dello Zorzi, si pentì allora delle beffe che aveva rivolto al nemico ed in seguito fu grande amico dello sfortunato trovatore veneziano. Negli ultimi suoi anni il C. ebbe anche corrispondenza poetica con due trovatori suoi concittadini, Scotto Scotti e Luchetto Gattilusi, coi quali ebbe uno scambio di rime su problemi di casistica amorosa: ciò è testimoniato da due suoi componimenti, peraltro di scarsa importanza. Il Nostredame attribuisce inoltre al C. un'operetta che non ci è pervenuta, il Dels corals amadours.
Non conosciamo la data di morte del Calvo.
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