CAETANI, Bonifacio
Secondogenito di Giovanni conte palatino e di Giovanna di Niccolò de' Conti, la sua data di nascita può fissarsi in un anno successivo al 1348 e precedente al 1355, in base a due documenti, rispettivamente in data del 7 luglio 1369 e del 21 settembre 1373, dove egli viene detto essere in età inferiore ai venticinque anni e superiore ai quattordici.
Il 5 marzo 1370 Urbano V, accogliendo una supplica di Giovanni, lo assolveva, insieme con i figli, dalle numerose condanne spirituali e temporali per gli eccessi compiuti nella Campagna e Marittima e il 10 marzo Giovanni, rappacificato con la Chiesa, vicino a morte, faceva testamento. Istituiva i suoi figli legittimi eredi di Norma, della metà di Ninfa, che avrebbero posseduto proindiviso con Onorato di Fondi e suo fratello Giacomo - ai quali lo stesso Giovanni ne aveva venduto la metà l'anno precedente - e inoltre di Sgurgola, della torre "de Costis", delle case in Anagni. L'amministrazione di questi beni era affidata al primogenito Antonio e disponeva che tutti gli altri figli vivessero "in habitu clericali", con la clausola, tuttavia, che se il primogenito non si fosse sposato e non avesse avuto figli legittimi entro cinque anni, il secondogenito potesse contrarre matrimonio. La disposizione, tesa a salvaguardare il patrimonio familiare, dové essere rispettata; e infatti in un documento del 3 apr. 1370, relativo all'acquisto da parte di Antonio - rappresentante anche i suoi fratelli - della metà di Ninfa dagli eredi di Nicolò Annibaldi, il C. compare con l'attributo di "canonicus Anagninus". Nel medesimo anno, il 25 agosto, Urbano V ordinava a Daniele del Carretto rettore della Campagna e Marittima di restituire al C. e ai suoi fratelli la torre dei Mulini, in diocesi di Anagni, che era stata tolta loro perché avevano rifiutato di rimborsare alla Chiesa le spese sostenute per il restauro della torre.
Nel 1371 il C. e i suoi fratelli chiudevano una vecchia controversia, nata da un furto di bestiame compiuto dal loro padre ai danni degli eredi di Bello di Guido da Velletri, vale a dire Giovanni e Pietro suoi figli e il nipote Andrea di Stefano. Precedentemente, il 21 nov. 1369, il C. era ricorso in appello contro la sentenza di condanna emessa dal giudice della Campagna e Marittima Andrea di Novello, ma il 17 dic. 1370 il giudice Giovanni di Gualdo ordinava l'esecuzione della sentenza passata in giudicato, con la quale gli eredi di Giovanni erano condannati al pagamento di 2.972 fiorini di oro ai successori di Bello: questi ultimi, appunto nel marzo-aprile 1371, venivano soddisfatti del loro credito da Antonio, dal C., da Tuzio e da Cecco, mediante la cessione dell'ottava parte della metà di Ninfa da loro posseduta.
Una controversia doveva essere in corso anche tra il castello di Paliano da una parte e Giovanna de' Conti e i suoi figli dall'altra: questi ultimi, infatti, il 21 sett. 1373 nominavano Pietro Rosello da Piperno, avvocato della Curia, procuratore per definire la questione.
In un documento del 17 luglio 1375 - era da poco più di tre mesi scaduto il termine previsto dalla clausola del testamento paterno - il C. "de Palatinis de Ninfa" appare sposato con Imperatrice del fu Matteo da Celano, vedova di Carlo conte di Campobasso.
Signore di Sgurgola, il C., il 28 ag. 1378, era nominato procuratore dai fratelli Benedetto e Pietro nella causa che il vescovo di Anagni Giovanni (di Iacopo Modeli) e i canonici di S. Maria della stessa città intendevano muovere contro di loro per il possesso di un territorio tra Sgurgola e Vallemagna, sul quale avanzavano ancora pretese, nonostante il 23 luglio dello stesso anno il rettore Daniele del Carretto, respingendo un loro ricorso, avesse confermato la sentenza favorevole ai Caetani, che era stata emessa sulla questione da Cristoforo de Scanellis da Benevento, giudice generale della Campagna e Marittima.
L'inizio dello scisma vide il C. e i suoi fratelli, rimasti fedeli a Urbano VI, divenire bersaglio del loro certamente poco gradito comproprietario di Ninfa, il cugino Onorato, e dell'antipapa Clemente VII. Clemente con varie lettere del 22 nov. 1378, appigliandosi al testamento di Francesco Caetani, dichiarava Giacomo fratello di Onorato e gli eredi di Giovanni conte palatino decaduti dai loro feudi, del possesso dei quali investiva il conte di Fondi.
Il 23 marzo successivo, inoltre, faceva citare vari baroni nemici di Onorato, e tra questi il C., perché rinnegassero Bartolomeo di Petrignano e gli prestassero obbedienza; l'ordine, rimasto inosservato, veniva ribadito, ancora una volta inutilmente, il 27 aprile, con la convocazione dei medesimi davanti al concistoro di Fondi.
Certamente, nel frattempo, i Caetani palatini continuavano a disporre del loro patrimonio: il 15 apr. 1379 il C., con i fratelli Benedetto e Cecco, vendeva a tal Giovanni di Giovanni Rubei "fidelis et vassallus de Normis" una terra ivi sita, ma Onorato, il quale annovererà i cugini tra i suoi nemici nel trattato con Velletri del 18 ott. 1380, al principio di quell'anno compì continue spedizioni contro di loro per impossessarsi effettivamente delle terre che l'antipapa gli aveva assegnato. Tra il giugno e il luglio con l'aiuto dei Sermonetani e dei Bassianesi e di mercenari guasconi, Onorato entrò in Ninfa, difesa da Benedetto, e la saccheggiò, quindi espugnò Norma e vi prese prigioniero il C., mentre gli Anagnini assediavano Sgurgola e la torre "de Costis".
Rinchiuso prima nella rocca di Sermoneta, poi in quella di Ceccano, il C. fu successivamente portato prigioniero a Fondi. Suo fratello Benedetto si rivolse allora a Urbano VI perché fosse fatta giustizia di tanti soprusi; ne seguì regolare processo, al termine del quale il giudice della Campagna e Marittima Antonio di Arpino, con sentenza dell'ottobre 1381, ribadita nel novembre e quindi nel febbraio 1382, condannava Onorato alla restituzione delle terre e ad una forte pena pecuniaria, minacciandogli, inoltre la pena capitale. Analoga condanna subivano le comunità di Sermoneta, Bassiano, Sezze, Anagni, colpevoli di aver collaborato alle imprese di Onorato contro i cugini.
Senonché, probabilmente perché le sentenze rimanevano inefficaci e unica speranza di essere reintegrati nei loro diritti era la pace con Onorato, il C. e i suoi fratelli si piegarono a riconoscere Roberto di Ginevra pontefice legittimo. Il 13 ag. 1392 il C. giurava fedeltà a Clemente VII e ad Onorato, col quale - riconosciutolo conte di Fondi - si impegnava all'osservanza dei patti presentatigli a Traetto e da lui già ratificati.
È probabile che allore il C. fosse reintegrato nel possesso delle sue terre, sia pure con limitazioni di potere e di godimento; certamente Onorato gli concesse, il 16 dic. 1392, una rendita annua di 15 once sui proventi della Balia di Itri. Seguace anche di Benedetto XIII ed accanto al conte di Fondi nelle prime lotte contro Bonifacio IX, il C. si staccò dal cugino quando ne vide declinare la potenza: il 4 maggio 1399 Bonifacio IX, accogliendone la supplica, lo assolse dalle colpe passate e il C. partecipò al principio del 1400 alle spedizioni promosse dal pontefice contro Onorato e i suoi seguaci e dirette dal cardinale Ludovico Fieschi, vicario della Campagna e Marittima.
Tornato in possesso dei feudi paterni di Ninfa, Norma, Sgurgola e signore di Collemezzo in un documento del 1414, il C. rimase fedele alla Chiesa e, il 15 dic. 1436, il cardinale Giovanni Vitelleschi disponeva che alcune case e terre in Anagni, confiscate dalla Camera apostolica a Nicola Magni, fossero concesse al C., che gliene aveva fatto richiesta, ricordando "cum ipse fecerit pluries et varias expensas in servitio Sancte Matris Ecclesie".
Del 10 ag. 1445 è l'ultimo documento a noi noto relativo al C.; il 29 nov. 1448 egli era morto e i suoi figli ereditavano le lotte con Onorato (III) per il contrastato possesso di Norma e Ninfa.
Fonti e Bibl.: Regesta chartarum, a cura di G. Caetani, II, San Casciano Val di Pesa 1927, pp. 292 ss., 298 s., 309-318, 320, 327; III, ibid. 1928, pp. 2-4, 15 s., 26 s., 46-56, 69-71, 77-85, 120, 125, 128-130, 150-153, 227, 232-241, 257 s.; IV, ibid. 1929, pp. 126-128, 171, 177, 260, 324 s.; G. Caetani, Caietanorum genealogia, Perugia 1920, tav. B-XLI; Id., Domus Caietana, I, 1, San Casciano Val di Pesa 1927, pp. 276 s., 294, 303-306, 318, 323; G. Falco, Il Comune di Velletri nel Medio Evo, in Arch. d. R. Soc. romana di st. patria, XXXIX (1916), p. 121; Id., I Comuni della Campagna e della Marittima, ibid., XLIX (1926), pp. 261, 263; L. Ermini, Onorato I Caetani conte di Fondi e lo Scisma d'Occidente, Roma 1928, pp. 84, 89; P. Paschini, Roma nel Rinascimento, Bologna 1940, p. 52; A. Esch, Bonifaz IX. und der Kirchenstaat, Tübingen 1969, pp. 293, 296.