BEMBO, Bonifacio
Nacque intorno al 1420, forse a Brescia, dal pittore cremonese Giovanni; fratello dei pittori Benedetto e Andrea (per Giovanni e Andrea, v. G. Panazza, La pittura nella prima metà del Quattrocento, in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 896-907). È documentato a partire dal 1447, quando era tra i partigiani di Francesco Sforza. Nel 1452, col fratello Andrea, minia un Offiziolo per i frati ospitalieri di S. Antonio di Cremona; nel 1456-57 cominciano i rapporti con la corte sforzesca: è invitato dal duca a Pavia perché decori una sala del castello. Verso il 1462 dovette dipingere la pala dei SS. Crisante e Daria, commessagli dallo stesso duca per un altare in S. Agostino a Cremona, ora perduta; ai lati vi erano affrescati i ritratti dei duchi Bianca Maria e Francesco, unici superstiti del complesso e oggi conservati nella cappella Cavalcabò della stessa chiesa. Nel 1467 aveva eseguito l'ancona dell'altar maggiore del duomo di Cremona con Pantaleone de' Mazzolis. A partire dal 1469, tornato a Pavia, il B. decora le sale del castello con "soggetti" dettati dal duca Galeazzo Maria (cfr. Sacchi, pp. 215-219): gli affreschi, ispirati a scene di vita quotidiana e a diporti cortesi, furono visti e descritti (1515) da Pasquier Lemoyne, in Italia al seguito di Francesco I (cfr. L. Beltrami, 1890). Nel 1471-72 il B. è sempre in rapporto col duca di Milano, che richiede la sua opera per la cappella votiva in S. Maria fuori Vigevano (assieme a un altro cremonese, Leonardo Ponzoni). Quindi nel 1473 deve attendere alla decorazione della cappella ducale nel castello di Milano, con funzioni più che altro direttive, ma fornendo disegni. Nel 1474 ottiene la cittadinanza milanese e viene chiamato a decorare la cappella del castello pavese con V. Foppa e Zanetto Bugatto; dello stesso anno sono gli affreschi della cappella di S. Maria di Caravaggio, oggi scomparsi ma assai lodati dai contemporanei; nel 1476, col Foppa e Giacomino Vismara, lavora in S. Giacomo di Pavia; nel 1477 infine risulta alloggiato nel Collegio Castiglioni a Pavia (dove è stata di recente restaurata la decorazione ad affresco della cappella). Nel 1482 era già morto perché il figlio Ludovico, anch'egli pittore, risulta "fq. [filius quondam] Magistri Bonifacii" in un atto del 13 maggio di quell'anno (cfr. Maiocchi, p. 274, n. 1174).
Fittissime, oltre questi dati essenziali, sono le testimonianze, specie epistolari, della familiarità di cui il B. godette presso i duchi e la corte sforzesca. Ma purtroppo, di tutta questa attività documentata non rimangono che i due affreschi cremonesi coi Ritratti ducali e la decorazione della cappella del Castello milanese; ed è quanto mai difficile poter cogliere i caratteri di uno stile peculiare nell'iconografia convenzionale dei ritratti; e ancor più individuare fra diversi collaboratori, noti solo da documenti, la parte eventualmente eseguita dal Bembo.
Tuttavia, la restituzione della personalità artistica del B. fu avviata nel 1928 dal Longhi che, nel ricomporre il trittico con la Incoronazione (Museo di Cremona) e i laterali - Incontro di Gioachino ed Anna, Epifania (ora in raccolta americana) - suggeriva di intitolarlo a quel pittore "cui, secondo verisimiglianza, s'è amato imporre il nome storico di Bonifacio Bembo". In seguito, fu relativamente facile riunire attorno a quel nucleo altre opere in parte riferite a un medesimo esponente: le tre serie di tarocchi (Racc. Visconti, Brambilla e Accademia Carrara di Bergamo); le tavolette da soffitto con Storie della Genesi e di Giuseppe ora nel Museo di Cremona; quindi gli affreschi scoperti nella cappella Cavalcabò in S. Agostino a Cremona (Wittgens, 1936); le illustrazioni del cod. Pal. 556 della Bibl. Naz. di Firenze, Historia di Lancillotto del Lago (Rasmo, 1939); i SS. Alessio e Giuliano ora a Brera (Zeri, 1951) e, infine, il ciclo di affreschi del castello di Monticelli d'Ongina (Piacenza) da poco venuto in luce e pubblicato dal Quintavalle (1963). Fra le altre opere riferite allo stesso artista: i due Santi della Racc. Harris di Londra (Longhi, 1942), il Trittico della racc. Acton di Firenze e il Diurnale, ms. A, della Biblioteca di Mirandola, datato 1442 (Ragghianti, 1949, p. 298); il cod. della Iconografia Estense della Bibl. Naz. di Roma, ms. 293 (Longhi, 1950); una serie di tarocchi di Castello Ursino a Catania (Bottari, 1951); i Profeti nel chiostro di S. Maria di Castello a Genova (Longhi, 1957), ed altro (cfr. Puerari, 1951, pp. 34 s.).
Tali opere, per lo più stilisticamente omogenee e la cui paternità bembesca è quasi da tutti riconosciuta (circa i dissensi, cfr. Arslan, 1956), fanno del B. un tipico esponente della corrente tardogotica lombarda, continuatore di Michelino da Besozzo, quanto meno fino al 1460 circa, secondo il seguente percorso cronologico: Diurnale, 1442; i Tarocchi verso il 1445; Historia di Lancillotto intorno al 1450 (il cod. è dei 1446), come pure gli affreschi del chiostro genovese; gli affreschi della cappella Cavalcabò verso il 1452; l'Incoronazione del Museo di Cremona e il ciclo di Monticelli d'Ongina circa 1460. Dopo di che il B. avrebbe sempre più cercato, verosimilmente sugli esempi del Foppa, a fianco del quale lavorò più volte, di intonare il suo stile alle novità rinascimentali: come già s'intende nelle ultime opere citate e come più chiaramente dovrebbe mostrare la decorazione della cappella ducale di Milano, dove dai documenti (v. fra gli altri, L. Beltrami, 1894, pp. 296-299; C. Baroni-S. Samek-Ludovici, 1952, pp. 105 ss.) sembra potersi desumere che alla mano dei B. debba riferisi il Cristo risorto nella volta, mentre, stilisticamente, più assimilabile al ricostruito corpus bembesco è invece l'Eterno con gli Angeli nella stessa volta. E quanto agli affreschi della cappella del Collegio Castiglioni (Pavia; eseguiti nel 1475 per conto del vescovo Branda a quanto riferisce una scritta sotto la Resurrezione) segnerebbero una svolta più decisamente rinascimentale (cfr. Wittgens, 1949, p. 85), forse con l'intervento di Benedetto; ma ora il Pesenti (1963) propone di ravvisare certamente la mano del B. soltanto nella figura dell'Annunciata proprio per le forti analogie stilistiche coi Ritratti ducali di Cremona.
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