BONGIOVANNI da Cavriana
Nato sicuramente a Cavriana (Mantova), in data sconosciuta, ma presumibilmente compresa negli ultimi lustri del XII secolo, B. entrò ancor giovane nel convento di S. Maria dell'Incoronata a Mantova, fondato nel 1211 da san Francesco. Tutto ciò che di lui sappiamo è racchiuso in tre versi del suo poema, l'Anticerberus:"Mantua mihi patria est conflanti, quem meliores / Doctores mundi fratres docuere minores; / Me Capriana tulit; dicor Bonus ecce Iohannes"; solamente per congettura possiamo determinare, e anche con molta approssimazione, il tempo in cui egli fiorì.
Anzitutto, il solo codice in cui sia conservato l'Anticerberus, il Chigiano H.V. 151, è databile alla fine del XIII secolo. Nel suo poema, inoltre, B. non menziona alcun dottore posteriore ad Alessandro di Hales, morto nel 1245, e ad Alberto Magno, morto nel 1280 - e quest'ultimo, tra l'altro, non risulta citato che una sola volta -; sicché, tenuto conto di questi elementi interni al poema, e adottato come termine postquem l'anno di fondazione del convento dei minori francescani di S. Maria dell'Incoronata - il 1211, come si è detto -, se ne potrà quindi trarre la conclusione che B. potrebbe aver composto la sua opera tra il terzo e il quinto decennio del secolo XIII.
Dovette essere contemporaneo pertanto dei due grandi dottori su ricordati, i quali, dal modo in cui sono da lui menzionati, non mostrano d'avere ancora raggiunto il gran nome che avranno nella seconda metà del secolo stesso; conclusione, quest'ultima, che anche lo stile dell'Anticerberus, tra lo scolastico e l'epidittico, confermerebbe.
"Bonioannes Caprianus Mantuanus ordin. Minorum. Vivebat saec. XIII. Anticerberus, seu Poema quo christiana fides et morum probitas IV libris instillatur, scriptus circiter 1350 (sic), in 8º": questa la descrizione che del codice troviamo nell'antico catalogo della Chigiana; notizie chiaramente ispirate ad alcune note tracciate da ignota mano nel XVII secolo su alcune carte inserite libere nel codice all'epoca in cui se ne restaurò la legatura. In quelle note si apprende inoltre che, sotto gli auspici di un cardinale Chigi, quasi certamente da identificare con Flavio, si intendeva approntare una edizione dell'Anticerberus: cheperò, stando ai risultati delle nostre ricerche, non vide mai la luce.
Sono 1499 i versiritmici a rima baciata che compongono. l'Anticerberus. Precedono i quattro libri in cui esso è diviso: un Prologus in prosa, una Oratio ad Mariam, la Causa operis;li seguono una Addicio quedam, che suggerisce quali siano le ore più adatte alla preghiera; una Exortatio auctoris ad lectorem;e infine la Gratiarum actio, nella quale si trovano anche i tre versi in cui B. si nomina. Il poema è inoltre preceduto da una "summuncula" in prosa, nella quale B., "a quampluribus amicorum rogatus quampluries", intende chiarire schema e significato dell'opera sua. Anticerberus èl'arma atta a ferire mortalmente Cerbero trifauce, "illam triplicem radicem significantem, ex qua pullulat omne malum": la carne, il mondo, il demonio; questo l'intento dell'autore. Ovunque circondato dal male, l'uomo ne è preda; ambisce soprattutto il denaro: senza comprendere che solamente mortificazione, digiuno ed elemosine procurano le vere e durature ricchezze. Nel secondo libro B. lumeggia la tirannia cui i sette vizi capitali, riassunti nel "notaricon" saligia, asserviscono l'uomo; nel terzo, egli esorta gli uomini a non perseguire le vie dell'errore, quelle cioè di gioie e piaceri terreni, e a piangere: giacché il mondo è luogo di mestizie, ove sola riflessione e meditazione dev'essere quella rivolta alla morte, signora del tutto: cui sottostanno anche le donne, queste sentine di peccato che tarano e travolgono il mondo. Nell'ultimo libro, infine, B. ci dà una rappresentazione del mondo infernale, a spaventare i peccatori con la visione di ciò che li aspetta. L'opera qui termina: "Cerberus est vietus; qui vicit sit benedictus".
L'opera di B. si inserisce in quel genere di composizioni precettistiche, numerose nel Medioevo, che potrebbero classificarsi sotto l'unico titolo de contemptu mundi, e che costituivano per la gran parte veri e propri centoni di massime, di prescrizioni, di interi brani già in altre opere: per cui nulla o quasi vi compariva di creazione personale. Bisogna tuttavia riconoscere a B. il merito della diligenza e dell'abilità nell'acconciare tra loro i diversi brani, che egli attinse sia direttamente sia per reminiscenza a opere anteriori, tra le quali sono da citare il Liber floreti, l'Epistola ad Rainaldum, e specialmente un poemetto anepigrafe, che il Novati intitola De doctrina recte vivendi. Da notare poi che nel quarto libro il frate mantovano, pur senza dimenticare la leggenda medievale dell'Anticristo, della quale si ricorda anche Uguccione da Lodi nel suo Libro, attinge più che altrove a piene mani all'opera del suo grande conterraneo Virgilio, e in particolare all'Eneide, riportandone, più o meno mutati, interi versi. L'Anticerberus, se non peraltezza di ispirazione, è certamente di qualche importanza per la storia della letteratura medievale; e meriterebbe uno studio più accurato e più completo, che ne indagasse a fondo le fonti e la struttura.
Fonti e Bibl.: F. Novati, in Carmina Medii Aevi, Firenze 1883, pp. 22-24, pubblica un brano del terzo libro dell'Anticerberus dedicato alla satira misogina; V. Cian, Vivaldo Belcalzer e l'enciclopedismo italiano delle origini, in Giorn. stor. della lett. ital., suppl. 5 (1902), pp. 20-21; F. Novati, Un poema francescano del Dugento, in Attraverso il Medio Evo, Bari 1905, pp. 9-115, (da p. 103 a p. 112 è pubblicato il IV libro dell'Anticerberus. Le varie parti di questo lavoro vennero parzialmente pubblicate in Rivista stor. mantovana, I[1884], fasc. 1-2; in Miscell. francesc., V[1890], pp. 78-83, 97-101, 145-149; VI [1895], pp. 16-25); H. Holzapfel, Manuale historiae Ordinis fratrum minorum, Friburgi Brisgoviae 1909, p. 265; G. Rotondi, "Saligia" e "Chulcama": postilla all' "Anticerberus" di B. da C., in Rendiconti dell'Ist. stor. lombardo, s. 2, LXIII(1930), pp. 1110-1114; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1960, p. 272; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, col. 872.