BONCOMPAGNO da Signa
Maestro di retorica, nato a Signa, poco lungi da Firenze, verso il 1165. Circa il 1190 incominciò ad insegnare a Bologna; e, tra i maestri dell'ars dictandi, cosi numerosi in Italia nei secoli XII e XIII, fu senza dubbio il più originale e versatile. Aveva tutte le qualità per suscitare l'entusiasmo degli studenti: ingegno, dottrina, spirito, eloquenza, grande memoria, carattere bizzarro e insofferente. Franco, anzi sboccato e mordace, non risparmiava nessuno. Salimbene lo chiama maximus trufator, ma non ne può negare l'ingegno. Oltre che a Bologna, insegnò a Venezia, a Padova e a Reggio; viaggiò molto e fu a Roma e pare anche in Germania. Morì vecchio e povero, dopo il 1240, in un ospedale di Firenze.
In servizio della scuola compose un gran numero di opere, le quali, a differenza della maggior parte delle artes dictandi medievali, che sono smilzi e aridi compendî di precetti retorici, rivelano ingegno e dottrina. Nel prologo della sua opera principale, intitolata Boncompagnus, ma conosciuta più comunemente col nome di Rhetorica antiqua, dà un elenco di undici opuscoli da lui composti. Essi furono scritti tra il 1194 e il 1215, e sono: Quinque salutationum tabulae, le quali trattano della salutatio e in cinque tavole contengono i titoli da usare scrivendo al papa, all'imperatore, ai vescovi, ai principi e così di seguito; Palma, che tratta dell'epistola in generale e registra una serie di definizioni; Tractatus virtutum, in cui si parla delle virtù da osservare nel comporre e dei vizî da evitare; Notulae aureae, ch'è quasi un'appendice all'opera antecedente, con alcune osservazioni sul modo d'incominciare le lettere; Oliva, Cedrus, Myrra, che dànno, rispettivamente, le norme per compilare i privilegi ecclesiastici, gli statuti, i testamenti; Breviloquium, che espone alcuni consigli intorno al modo di comporre gli esordî delle lettere; Ysagoge, che tratta delle epistole introduttorie. Il decimo opuscolo è un trattatello morale-retorico sull'amicizia, dove son distinte molte specie di amici. L'ultimo, Rota Veneris, è una specie di segretario galante. Oltre a queste opere didascaliche, scrisse pure il racconto dell'assedio sostenuto eroicamente, nel 1172, dagli Anconitani contro le soldatesche del Barbarossa. Questo Liber de obsidione Anconae, composto nel 1198-1201, venne rifatto e corretto negli anni seguenti: è dedicato a Ugolino Gosia, podestà di Ancona, ed è scritto in una forma studiata e oratoria. Pubblicò anche una seconda edizione dell'opuscolo Quinque salutatiom tabulae, intitolandola Liber decem tabularum, nel quale espone in quadri sinottici il modo di comporre le epistole, i sermoni, i privilegi, le orazioni retoriche e i testamenti. Ma le opere principali e più ampie sono il Boncompagnus o Rhetorica antiqua e la Rhetorica novissima. La Rhetorica antiqua è un'opera di grande mole, interessante per la storia di quei tempi e del costume. È divisa in sei parti e contiene un gran numero di esempî d'epistole. B. afferma nella chiusa che questo libro fu recitatus, approbatus et coronatus lauro Bononiae, apud S. Iohannem in Monte, in loco qui dicitur Paradisus, anno domini MCCXV, septimo Kal. Apr. coram universitate professorum iuris canonici et civilis et aliorum doctorum et scholarorum multitudine numerosa. Nel 1226 lo rilesse nella cattedrale di Padova alla presenza del legato pontificio, del vescovo di Milano e di grande moltitudine di professori e dotti. Più importante ancora è la Rhetorica novissima in tredici libri, scritta a richiesta del vescovo Niccolò da Reggio.
L'ultimo suo lavoro fu un breve opuscolo, Libellus de malo senectutis et senii, dedicato ad Ardingo, vescovo di Firenze.
Uomo di lettere e di legge, B. cerca di unire nelle sue opere il diritto con la retorica; ma ciò che le rende anche oggi interessanti sono gli esempî, le osservazioni personali, gli aneddoti, che paiono spunti di novelle, le allusioni a colleghi e ad altre persone viventi e i tanti accenni ad avvenimenti contemporanei. Spesso, tra gli aridi precetti retorici e le definizioni scolastiche, B. s'interrompe, prende a parlare di sé e dei suoi casi, di emuli e di amici, e schizza gustosissime macchiette. La sua lingua è un impasto di elementi disparati, frequenti sono le frasi e le reminiscenze bibliche; ma aborre le locuzioni oscure e stiracchiate, tanto care ai dittatori medievali, e quelle filze di proverbî e di citazioni che rappresentavano il non plus ultra della dottrina per i professori pedanti. Perciò costoro lo chiamavano illetterato. Pur applicando le regole del cursus, il suo periodare ha un'andatura chiara e spigliata. Il latino medievale acquista vita e calore sotto la sua penna.
Bibl.: La bibliografia su B. fino al 1894 si trova in H. Sutter, Aus Leben und Schriften des Magisters Boncompagnus, Friburgo 1894. E cfr. anche A. Gabrielli, Le epistole di Cola di Rienzo e l'epistolografia medievale, in Archivio della Società romana di storia patria, XI (1888), pp. 406-12; A. Gaudenzi, Sulla cronologia delle opere dei dettatori bolognesi da Buoncompagno a Bene da Lucca, in Bullettino dell'Istituto storico italiano, XIV (1895), pp. 85-118; G. Manacorda, Storia della scuola in Italia, II, Palermo 1913, pp. 260-67, 428. Il De obsidione Anconae, edito dal Muratori, Rerum Ital. Script., VI, pp. 919-46, si trova tradotto e annotato in G. Palermo, Ancona e l'Italia contro Barbarossa, Ancona 1928. La Palma fu pubblicata dal Sutter in appendice all'op. cit.; il Cedrus dal Rockinger, Briefsteller und Formelbücher des elften bis vierzehnten Jahrhunderts, Monaco 1863; il Liber de amicitia da S. Nathan, in Miscellanea di lett. del Medioevo, a cura della Società filologica romana, 1910; la Rota Veneris fu in parte pubblicata da E. Monaci, La R. V., dettami d'amore di B. da Firenze, in Atti della R. Acc. dei Lincei, Rendiconti, s. IV-V, i (1889); il De malo senectutis fu pubblicato e illustrato da F. Novati, ibid., s. V, i (1892). Estratti della Rhetorica antiqua diede il Rockinger nell'opera cit., pp. 128-74; la Rhetorica novissima fu edita intera dal Gaudenzi nei Monumenta iuridica M. Aevi, Bologna, II (1891), pp. 249-97.