BONCAMBI, Boncambio
Nacque a Perugia da Giovanni e da Eva di Angelino di Ceccolo in data da porsi tra il 30 apr. 1399 (atto di costituzione della dote della madre) e il 15 ag. 1401 (testamento della nonna paterna, Anna di Martino di Lello, che lo istituiva erede insieme con altri familiari). Rimasto orfano di padre in tenera età (Giovanni era già morto nel 1401), il B. dovette trascorrere la sua infanzia con il fratello Giovanni presso il nonno paterno Marco che provvide all'istruzione dei nipoti: di ciò fa fede il lascito disposto da Marco nel proprio testamento a favore del maestro Lucentino di Cola affinché continuasse a vivere in casa e ad occuparsi dei giovani nipoti.
Il 20 dic. 1419 il B. venne ammesso nel Collegio della Mercanzia. Dopo questa data non si hanno più notizie fino al 23 febbr. 1431 quando i priori lo mandarono, insieme con Giovanorso di Montesperelli, ambasciatore a Todi.
Un tale incarico fa ritenere che il B. godesse allora della fiducia del partito nobiliare salito al potere a Perugia alla morte di Braccio Fortebracci (1424), o perlomeno che il contrasto tra il B. e il partito al governo non fosse ancora scoppiato.
La situazione, però, mutò ben presto. Due anni dopo, l'11 febbr. 1433, il B. "mandò uno suo fameglio a Siena all'imperatore Sigismondo con lettere, e a messer Pauluccio de Ferrata dei Barzi, che era consigliero di ditto imperatore: fu preso el ditto fameglio a castel de la Pieve e martoregiato. Per tanto fu scripto qui in Peroscia al luocotenente: per questo fu ritenuto il ditto Buoncagnio per fina adì 7 marzo". La notizia, che si trova nel Diario del Graziani (pp. 365 s.), sembra doversi interpretare come un sintomo del disaccordo del B. nei riguardi del governo nobiliare. Il B., infatti, appartenente al partito popolare, dovette cercare appoggio per la propria fazione nell'imperatore, allora in Italia, in opposizione ai nobili perugini sostenuti dal pontefice.
Il fallimento del tentativo non dovette mutare l'atteggiamento politico del B. verso Sigismondo: questi l'8 giugno 1433 creava conti palatini il B. e il fratello Giovanni (il relativo diploma è conservato nell'Archivio di Stato di Perugia, Registri delle Bollee Brevi, IV, c. 119rv). Né dovette mutare l'opposizione del B. al governo perugino. Quando infatti, in seguito alla pace conclusa tra il papa e il ducato di Milano il 10 marzo 1435, Perugia e Firenze strinsero un patto di alleanza decennale (25 apr. 1435), nelle due città numerosi furono i cittadini contrari all'alleanza. A Perugia tra gli oppositori doveva esserci anche il B., dato che il suo nome compare nella lista delle persone escluse dai pubblici uffici, in virtù di una legge, perché sospetti di appartenere al partito dei "raspanti". Non solo: il 24 luglio il B. e il fratello Giovanni furono colpiti da una imposta decisa dal governo per mantenere le truppe mercenarie necessarie alla difesa della città, per un ammontare di 30 fiorini e il 26 agosto successivo per 20 fiorini.
Non del tutto chiare appaiono le vicende del B. alla fine del 1435 e all'inizio del 1436. Il Diario del Graziani (p. 407) riporta questa notizia alla data di maggio 1436: "A quisti dì retornò Buoncagnio da Ancona che fo assoluto che era stato confinato". Dal che dovrebbe desumersi che il governo perugino, dopo averlo escluso dai pubblici uffici e dopo averlo colpito con una imposta di una certa gravità, avesse disposto l'esilio del B. che si stabilì ad Ancona. Questa interpretazione potrebbe contrastare, però, con il testo di un'orazione (conservata nella Bibl. Apost. Vatic., Vat.lat. 3630, cc. 38r-39v) indirizzata dal B. agli Anziani di Ancona per ringraziarli del dono di un vessillo ricevuto come riconoscimento della sua opera di preside in quella città. In realtà l'orazione è priva di data e di elementi atti a collocarla nel tempo. È possibile quindi che il B. ricoprisse la magistratura anconitana in un altro periodo: ma a tal fine le fonti non ci vengono in aiuto, ché nessuna di esse attesta una tale attività del Boncambi.
Comunque si fossero svolte le vicende del 1435-36, il B., rientrato in Perugia, restò lontano dalla vita pubblica cittadina per molti anni. In questo periodo egli ci è ricordato soltanto da quattro documenti: due, del 16 febbr. 1438 e del 28 ott. 1441, sono contratti con cui il B. locava alcuni suoi poderi, mentre gli altri due, del 13 ag. 1439 e del 30 luglio 1439, sono atti con i quali il B. conferiva a cittadini perugini il titolo di notaio in virtù del privilegio concessogli da Sigismondo.
Nel 1445 il B. rientrava nella vita pubblica e in quest'anno i priori gli conferirono l'incarico di podestà di Firenze: egli lasciava Perugia il 18 settembre dopo esser stato nominato dal cardinale Capranica, legato in Perugia, cavaliere dello Speron d'Oro durante una solenne cerimonia svoltasi in S. Agostino il 28 agosto.
L'incarico di podestà e la nomina a cavaliere sono probabilmente da mettersi in relazione alla politica di pacificazione cittadina voluta per Perugia dal pontefice dopo la morte di Niccolò Piccinino (13 ott. 1444). Si cercò allora di attenuare, almeno formalmente, il monopolio del potere detenuto dai nobili facendo rivivere la magistratura del capitano del popolo e chiamando membri del partito popolare alla carica di priore.
In realtà, il potere restava sempre in mano ai nobili, pronti a riprendere in pieno il governo della città. Rientrato a Perugia alla fine dell'aprile 1446, il B. venne colpito, infatti, due anni dopo da un nuovo attacco dei nobili contro i popolari. Nel 1448 i priori e i Dieci dell'arbitrio decisero di esiliare "per suspitioni di stato" (Pellini, II, p. 570) numerosi cittadini tra cui il B., al quale imposero una tassa di 20 fiorini il 15 giugno e di altri 20 il 24 dello stesso mese.
L'esilio fu di breve durata: nel gennaio 1449 Braccio Baglioni, la cui preminenza in Perugia si andava ormai delineando, riusciva a far rientrare in città gli esiliati e a riammetterli all'esercizio degli uffici cittadini. Del provvedimento beneficiò anche il B. che due mesi dopo, nel marzo, fu nominato senatore di Roma.
Della sua attività romana ci è rimasta memoria attraverso la conferma fatta dal B. degli statuti di due corporazioni: dell'arte della Lana il 14 luglio e dei Mercanti di panni l'11 agosto. L'Oldoini afferma di aver visto il trattato De potestate senatorisin Urbe che il B. avrebbe scritto mentre era a Roma, ma l'opera non è conosciuta dai successivi biografi. È probabilmente da collegare alla sua permanenza a Roma il matrimonio della figlia Anna con Stefano Porcari, celebrato l'11 ott. 1450: il B. assegnò alla figlia una dote di 1.000 fiorini.
Rientrato a Perugia alla fine del 1449, nel 1452 il B. venne eletto capo dei priori. In tale veste dispose la costruzione di fortificazioni al confine con la Repubblica di Siena, l'esenzione dalle tasse di numerosi cittadini poveri, e la riscossione delle imposte di cittadini morosi da cinque anni: per quest'ultimo fine creò una commissione di cinque cittadini, uno per porta.
Ma proprio in quel periodo il genero Stefano Porcari prendeva parte a una congiura contro il papa Niccolò V. Scoperto, il 9 genn. 1453 veniva giustiziato. La condanna del Porcari coinvolgeva anche il B. che si dimise dalla carica di priore. È presumibile che egli fosse stato costretto a ritirarsi perché il pontefice non poteva permettere che la maggiore magistratura perugina fosse guidata da un parente di chi aveva congiurato contro di lui.
Il B. morì il 29 ag. 1454.
L'Oldoini sostiene che il B. fu professore di diritto nell'università di Perugia: il suo nome, però, manca nei ruoli dello Studio perugino del sec. XV né altri documenti possono essere addotti per avallare la tesi dell'Oldoini.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Consigli eRiformanze(Annales Decemvirales), a. 1435, cc. 84r, 93v; a. 1445, c. 83v; a. 1448, cc. 58v, 63v; Ibid., Livio Eusebi, Notizie storiche di diverse famiglie perugine, ff. 69v, 70v, 72v; P. Pellni, Dell'historia di Perugia, Venezia 1664, II, pp. 548, 570, 573, 575, 607, 619; Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 nota colnome di Diario del Graziani, a cura di A. Fabretti, in Archivio stor. ital., XVI (1850), n. 1, pp. 350, 465 s., 398, 407, 573, 574, 60s, 613, 615, 622; Statuti dei mercanti di Roma, a cura di G. Gatti, Roma 1885, p. 129; A. Oldoini, Athenaeum Augustum, Perusiae 1678, p. 62; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1568; A. Vendittini, Serie cronologica deisenatori di Roma, Roma 1778, pp. 88 s.; A. Vitale, Storia diplomatica dei senatori di Roma..., Roma 1791, II, p. 419; G. B. Vermiglioli, Biografia de li scrittori perugini, I, 2, Perugia 1829, pp. 217-220; L. Pompili Olivieri, Il senato romano, Roma 1886, I, p. 267; V. Ansidei, Memorie sulla famiglia Boncambj (nozze Pucci Boncambi-Ghigliarelli), s. l. 1903, pp. 7-18, 23-26.