RUBINO (Rubini), Bonaventura
RUBINO (Rubini), Bonaventura. – Visse nel XVII secolo e nacque probabilmente a Montecchio Emilia; è ignoto il nome di battesimo.
Le notizie su di lui derivano essenzialmente dalle sette opere a stampa apparse tra il 1645 e il 1658 a Palermo, tutte riferite al periodo in cui fu maestro di cappella nel duomo. Nei frontespizi si dichiara originario di «Montecchio di Lombardia»: sotto questa denominazione, che nella letteratura – in base alla nozione attuale di Lombardia – viene variamente riferita a Montecchio di Darfo nel Bresciano o a Castel Montecchio di Alzano nel Bergamasco, va più verosimilmente individuata l’odierna Montecchio Emilia nel Reggiano (cfr. anche Sartori, 1989, dove Rubino è menzionato unicamente quale «p[adre] Bonaventura di Montecchio Emilia», p. 447). Quanto alla data di nascita, risalendo al 1643 la prima notizia documentata e al 1645 l’anno di pubblicazione della sua prima raccolta musicale, andrà fatta risalire al secondo decennio del Seicento.
Agli inizi degli anni Quaranta sbarcò in Sicilia, e nel 1643 fu nominato «maestro di cappella del duomo della felicissima città di Palermo», incarico che ricoprì sino al 25 luglio 1665. In tal giorno, infatti, Andrea Bini da Spello, padre generale dell’ordine, su richiesta dell’arcivescovo di Palermo, Pietro Martínez Rubio, confermò a Rubino la «licentia inserviendi pro magistro musices in Cathedrali Panhormi, sicut iam per 22 annos inserviit», esattamente gli anni che vanno dal 1643 al 1665 (Roma, Archivio storico generale dell’Ordine dei frati minori, Regesta Ordinis, 45, c. 186r). La sua presenza a Palermo si inserisce nella vivace temperie musicale che in Sicilia, dalla fine del Cinquecento e per buona parte del Seicento, ebbe fra i suoi esponenti diversi musicisti appartenenti all’Ordine dei frati minori conventuali vuoi autoctoni (Vincenzo Gallo, Antonio Campochiaro, Antonio Perconti e Bonaventura Aliotti) vuoi provenienti da altre province dell’Ordine (come il bolognese Bartolomeo Montalbano o l’astigiano Giovanni Battista Fasolo).
Nel 1644 Rubino concorse alla festa per il Ss. Stellario di Maria Vergine, celebrata il 27-28 agosto nella basilica di S. Francesco, con salmi e «armoniose sinfonie» composte e predispose per «dodici cori d’angeliche voci» (Cristadoro, 1644, p. 12). L’anno dopo comparve la Prima parte del Tesoro armonico, opera I: vi «si contengono Messe concertate a 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 voci, con sinfonie e senza». Nel frontespizio Rubino, «minore conventuale» e «maestro di cappella del duomo», si dichiara membro dell’Accademia palermitana dei Riaccesi, sodalizio che ebbe un ruolo di rilievo nelle celebrazioni religiose palermitane, fra cui la citata ricorrenza dello Stellario (della cui congregazione fu protettore Giovan Battista Simino, barone del Grano, dedicatario dell’opera).
La silloge, ispirata al modello della Selva morale e spirituale (1640-41) di Claudio Monteverdi, era la prima di un articolato progetto editoriale: lo rivela il compositore stesso nell’avvertenza «al virtuoso lettore», dichiarando di voler dividere la sua opera in quattro parti: Messe nella prima, salmi e inni «de’ vesperi» nella seconda, nella terza «mottetti e sonate», e nella quarta «salmi di compieta e litanie». Di queste quattro sezioni, solo la prima è completa (sette Messe, più una «messa de’ morti a 5 concertata»); delle rimanenti tre, due sono parzialmente complete (mancano gli inni previsti nella seconda, e le sonate nella terza), mentre l’ultima è vacante. Le Messe dell’opera prima sono concertate in modi differenti, sì da soddisfare diverse esigenze di ordine pratico determinate sia dalla minore o maggiore importanza della funzione, sia dalla disponibilità di voci e strumenti. Salvo la «messa sesta a 8 concertata», l’unica disposta ‘a cori battenti’, in tutte le altre il numero delle voci obbligate è variabile. In alcune è inoltre prevista la presenza di due violini e viola, quest’ultima sempre «a beneplacito».
Nel 1647 partecipò come «magister musices» ai lavori del capitolo generale dell’Ordine in Roma (Billio D’Arpa, 1988, pp. 113 s.).
L’attività di Rubino non si limitò alla cattedrale e a S. Francesco ma si allargò ad altre istituzioni cittadine. E se alcuni documenti risalenti agli anni 1649 e 1652 (mandati di pagamento a suo favore) ne attestano la presenza presso il monastero francescano di S. Elisabetta, impegnato a fornire ed eseguire «per giorni quattro» la musica per la «festa delle quarant’ore», nel 1651 compare nel monastero di S. Maria della Pietà, dal quale, con mandato del 14 marzo, ricevette «onze otto [...] per avere fatto la musica esso e suoi compagni», sempre per le quarant’ore (Grippaudo, 2014, p. 389). Nel 1651 uscirono altri due libri di Rubino: in marzo l’opera II, Messa e salmi a otto voci concertati nel primo coro, dedicata «all’Illustrissimo Senato» di Palermo; e a fine agosto l’opera III, Il primo libro de’ mottetti concertati a due, tre, quattro e cinque voci, dedicata a don Francisco Martín de León y Cárdenas, arcivescovo di Palermo.
Nella Messa e nei salmi Rubino diversificò i due cori (con o senza l’aggiunta di strumenti), assegnando il primo alle voci soliste e il secondo a una compagine più nutrita. I mottetti dell’opera III – come pure quelli del Secondo libro stampati nel 1653 come opera IV e dedicati a don Antonio Statella e Caruso, marchese di Spaccaforno – sono invece destinati a piccoli gruppi di due-cinque voci concertate con il basso continuo; i testi encomiastici celebrano un santo o una santa e la Vergine. L’opera IV si chiude con una «Messa de’ morti [...] a 5 concertata» (insieme con le due pubblicate nel 1645 e nel 1650 da Mario Capuana, è uno dei tre Requiem composti in Sicilia nel Seicento giunti a noi; cfr. Messe da Requiem di Mario Capuana (1650) e Bonaventura Rubino (1653), a cura di L. Buono - N. Maccavino - G. Nicoletti, Palermo 1999); non si sa con certezza in quali occasioni sia stata eseguita, anche se l’annotazione manoscritta di una «rubrica per la prosa» (che prescrive l’esatta successione delle strofe e dei relativi organici utilizzati nel Dies irae) vergata nelle pagine finali dei libri-parte dell’alto e del tenore nell’unicum conservato nella cattedrale di Malta fa supporre che essa sia stata ascoltata quantomeno a Mdina. Rubino impiega l’intero organico nei brani del Proprium e dell’Ordinarium, mentre per il Dies irae utilizza le voci – e in questo anticipa Francesco Cavalli – in maniera varia e articolata assecondando ed esaltando così i diversi momenti della sequenza.
Rubino esibì scelte analoghe anche nelle tre ultime raccolte: l’opera V contenente Salmi varii variamente concertati con sinfonie d’obligo et a beneplacito (1655; edizione a cura di G. Collisani - D. Ficola, Firenze 1996), dedicata a Cesare La Grua, duca di Villareale, e le opere VI e VII (1658), contenenti rispettivamente i Salmi concertati a cinque voci, dedicati all’arcivescovo Martínez Rubio, e i Salmi davidici concertati a tre e quattro voci, dedicati al marchese Giovanni Francesco Pallavicini. L’opera V, la più copiosa delle sillogi pubblicate da Rubino, reca ventitré brani; gli otto testi salmodici qui inclusi (gli stessi intonati anche nell’opera VI) consentono di celebrare un intero servizio vesperale per tre diverse occorrenze: il cursus maschile (feste intitolate a santi uomini), quello femminile (feste mariane) e l’officio dei vespri della domenica. Di sette salmi Rubino offre più versioni differenti, il che consente di variare di volta in volta la selezione dei pezzi, a seconda della minore o maggiore importanza della celebrazione liturgica. La locuzione «variamente concertati» nel titolo addita il numero cangiante dei solisti (a differenza dell’opera II, in cui i solisti appartenevano al primo coro, qui essi possono appartenere sia all’uno sia all’altro coro). Ampio è in questa raccolta, come pure nell’opera VI e VII, il ricorso a organici ridotti, ferma restando la possibilità di duplicare le voci, aggiungere strumenti ‘con la parte’ per raddoppiarle, ma anche di moltiplicare le otto parti per dislocarle nello spazio, ottenendo così effetti multicorali: è il procedimento con il quale, nell’agosto 1644, dovevano essere stati ottenuti i dodici cori dello «Stellario della Beata Vergine». Tre brani dell’opera V sono interamente composti su un basso ostinato: il Confitebor primo a tre voci e due violini (una bergamasca di conio monteverdiano), il Laudate Dominum a tre e il Lauda Ierusalem secundo a cinque con due violini (un basso di ciaccona ripetuto 193 volte, laddove l’insistente reiterazione è bilanciata dal succedersi di episodi sempre nuovi, ma anche dalla periodica comparsa di un ritornello, costituito dall’incipit del salmo enunciato dai due violini e poi ripreso dal soprano primo sul versetto iniziale del salmo; è evidente il richiamo al Monteverdi sacro, in particolare al Laetatus sum per sei voci e strumenti del 1650 e al Beatus vir a sei della Selva morale).
Accanto ai complessivi 117 componimenti ecclesiastici a più voci, tutti con basso continuo, Rubino (designato come «padre maestro Montecchi») compose le musiche (perdute) per La Rosalia guerriera in aiuto del Re Cattolico, dialogo di Giovanni D’Onofrio, rappresentato nella chiesa della casa professa dei gesuiti l’8 dicembre 1652 per celebrare la riconquista di Barcellona da parte di Filippo IV, che pose fine alla ribellione catalana.
Morì qualche tempo prima del 19 maggio 1668: in questa data, nel convento della Ss. Annunciazione di Palermo (vulgo l’Annunziatella, appartenente anch’essa all’Ordine, dove il musicista era vissuto) le camere «quae erant olim P. Bon[aventu]ra Rubino a Montecchio» furono assegnate al padre Francesco Foresti da Brescia (Roma, archivio storico generale dell’Ordine dei frati minori, Regesta Ordinis, 46, c. 33r).
Fonti e Bibl.: G.B. Cristadoro, Festevole trionfo per la coronazione dell’Immacolata Reina..., Palermo 1644; N. Billio D’Arpa, Il primo libro di mottetti concertati (Palermo 1651) di B. R., in Musica ed attività musicali in Sicilia nei secoli XVII e XVIII, a cura di G. Collisani - D. Ficola, Palermo 1988, pp. 113-129; U. D’Arpa, Notizie e documenti sull’Unione dei musici e sulla musica sacra a Palermo tra il 1645 e il 1670, ibid., pp. 19-36; D. Ficola, Il festevole trionfo per la coronazione dell’Immacolata Reina, in Musica sacra in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, a cura di D. Ficola, Palermo 1988, pp. 237-248; Id., Stampe siciliane a Malta, ibid., pp. 69-86; A. Sartori, Archivio Sartori: documenti di storia e arte francescana, IV, a cura di G.M. Luisetto, Padova 1989, p. 447; D. Ficola, Echi monteverdiani a Palermo: il “Lauda Ierusalem secondo” di B. R. (1655), in Ceciliana per Nino Pirrotta, a cura di M.A. Balsano - G. Collisani, Palermo 1994, pp. 145-160; F. Rotolo OFM conv., La vicenda culturale del convento di S. Francesco di Palermo, in La biblioteca francescana di Palermo, a cura di D. Ciccarelli, Palermo [1995], pp. 11-157; G. Collisani - D. Ficola, Un Rubino fra dodici stelle, in B. R.: Vespro dello Stellario con sinfonie ed altri salmi, a cura di G. Collisani - D. Ficola, Firenze 1996, pp. IX-XLI (recensione di L. Di Fonso OFM conv., in Miscellanea Francescana, 1996, vol. 96, p. 687); L. Bertazzo OFM conv., I Francescani conventuali e la musica, in Impegno ecclesiale dei Frati minori conventuali, a cura di F. Costa OFM conv., Roma 1998, pp. 671-713; The new Grove dictionary of music and musicians, XXI, London-New York 2001, p. 843; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIV, Kassel 2005, coll. 591 s.; M.A. Balsano, Composizioni musicali per i sabati dell’Immacolata, in La Sicilia e l’Immacolata. Non solo 150 anni, a cura di D. Ciccarelli - M.D. Valenza, Palermo 2006, pp. 41-48; P.E. Carapezza, Lo Stellario: una festa per l’Europa, ibid., pp. 161-168; G. Migliore, La pratica dei Vespri nel Seicento: due casi a confronto. Monteverdi e R. tra intima adesione liturgica e spettacolarità, tesi di laurea, Università degli Studi di Palermo, a.a. 2009-10; I. Grippaudo, Nuove acquisizioni sull’attività dei polifonisti nelle chiese palermitane (XVI-XVII secolo), in Studi musicali, n.s., V (2014), pp. 357-403; N. Maccavino, B. R. maestro di cappella in Palermo nel XVII secolo, note di copertina in B. R.: Messa de’ Morti à 5 concertata, 1653, CD Tactus TC.601803, 2014, pp. 2-6; Id., Capuana & R.: Requiem, note di copertina in Mario Capuana - B. R.: Requiem, CD Ricercar, 353, 2014, pp. 6-14.