MALVASIA (Boselli Malvasia), Bonaventura
Bonaventura Bonaventura Boselli nacque nel 1598 a Sestola, nel Modenese, da una famiglia legata da consolidati rapporti di servizio con i conti Malvasia. Quando questi ultimi fecero trasferire a Bologna i Boselli avviarono il giovane M. alla vita religiosa presso i francescani conventuali, facendosi carico del costo degli studi. Inoltre, nel 1627, fatta ottenere la cittadinanza bolognese ai Boselli, concessero al M. l'uso del proprio nobile cognome.
Iscritto nel Collegio dei teologi di Bologna già dal 1622, il M. si trasferì presto a Roma dove godé della protezione dei principi Ludovisi e della famiglia del papa regnante, Urbano VIII Barberini. A Roma, salvo poche brevi assenze per qualche predicazione, trascorse tutta la sua vita nel convento dei Ss. Apostoli, dedicandosi allo studio dell'arabo e della storia ecclesiastica. Fu qualificatore e teologo nella congregazione di Propaganda Fide, ma amò e coltivò anche la musica e la poesia; fu ascritto all'Accademia dei Fantastici. Agli inizi del 1639 aiutò il giovane conte Carlo Cesare Malvasia, futuro storico dei pittori bolognesi, a inserirsi nella vita culturale romana. Le competenze acquisite nella teologia, nell'orientalistica, nella storia dell'arte furono impiegate soprattutto in chiave apologetica al servizio della Chiesa romana, che in quegli anni dispiegava attraverso le congregazioni e gli ordini religiosi un ampio e complesso progetto di propagazione del cattolicesimo su scala planetaria.
Il suo primo lavoro, la Dilucidatio speculi verum monstrantis in qua instruitur in fide Christiana Hamet filius Zin Elabedin in Regno Persarum princeps, pubblicato a Roma dalla congregazione di Propaganda Fide nel 1628, è una esposizione dei principali misteri della dottrina cristiana (Trinità e Incarnazione di Cristo) e delle leggi delle grandi religioni monoteiste. Paragonando cristianesimo e islamismo tra loro, il M. giudica, secondo la tradizionale interpretazione apologetica, la religione islamica composta di norme tiranniche e contrarie al diritto naturale in contrapposizione alla fede cristiana, perfetta e universale. L'opera era una risposta a un'apologia dell'islamismo scritta dal persiano Aḥmad ibn Zain al-'Ābidīn al-'Alavī al-'Amilī e inviata a Roma dai missionari carmelitani insediatisi a Isfahan nel quadro delle buone relazioni che lo scià Abbas I tentava di instaurare, in chiave antiturca, con la S. Sede. In ogni caso, Propaganda Fide non ritenne sufficiente la confutazione contenuta nel libro del M., e nel 1631 avrebbe pubblicato, sempre in risposta al teologo persiano, una nuova Apologia pro Christiana religione dell'orientalista Filippo Guadagnoli, tradotta poi in arabo e diffusa in Oriente.
Negli anni Venti il M. entrò nel gruppo di studiosi che dal 1622 lavoravano per la congregazione di Propaganda Fide all'edizione araba della Bibbia (completata nel 1671). Estese anche i suoi interessi alla controversistica con i protestanti, criticando le tesi del calvinista francese David Blondel negli scritti Nuncius veritatis Davidi Blondello missus( contra ipsum Blondellum, pure edito da Propaganda Fide nel 1639, e Apologiae pro epistolis veterum Romanorum pontificum a b. Clemente usque ad Syricium, Romae 1658. Al medesimo filone appartiene anche il Cathalogus omnium haeresum et conciliorum per centurias veterum collatione errorum recentioribus, Romae 1661, un repertorio delle eresie antiche e moderne. In lingua italiana comparve l'opera tuttora più citata del M., il Compendio historico della ven. basilica di Ss. Dodici Apostoli di Roma, Roma 1665, scritta su invito del primo custode della Biblioteca Vaticana Leone Allacci.
Questo piccolo libro sulla storia della basilica e della presenza in essa dei minori conventuali, pur raccogliendo molte notizie leggendarie, come quelle sulla reliquia del sangue di s. Giacomo, conteneva importanti riferimenti alle vicende dell'edificio sacro. Uno di essi ha permesso di ritrovare nel 1959 e restaurare nel 1989-90 la cappella Bessarione, con i resti degli affreschi di Antoniazzo Romano e Melozzo da Forlì, che il M. ricordava essere stati coperti di calce nel 1545 a causa delle infiltrazioni d'acqua che avevano danneggiato la cappella (poi chiusa nel rifacimento architettonico della chiesa da parte di L. Rusconi Sassi nel 1722).
Lo stesso M., particolarmente legato al culto di s. Antonio da Padova, introdusse tra i fedeli della basilica la devozione a questo santo, recitando due panegirici al giorno e un apposito ottavario, e raccolse le offerte con le quali fu eretto un altare.
Il M. morì a Roma, nel convento dei Ss. Apostoli, il 1( ag. 1666.
Fantuzzi e Mazzuchelli attribuiscono al M. anche, come opere perdute o rimaste manoscritte, un Tractatus de plenitudine potestatis Romani pontificis, una Responsio apologetica ad P. Raberderium S.I., una versione in poesia della Passione di Cristo, varie orazioni alla Vergine e a s. Antonio, mentre una sua orazione funebre per il principe Michele Peretti fu stampata a Roma nel 1631. Due sonetti del M. sono stati inseriti nella raccolta Poesie de' signori accademici Fantastici di Roma, Roma 1637, pp. 26, 34.
Fonti e Bibl.: G. Franchini, Bibliosofia e memorie letterarie di scrittori francescani conventuali, Modena 1693, pp. 115-118; G. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1827 s. (s.v. Boselli, B.); G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 313 s.; G.G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci, II, Romae 1921, p. 190; D. Sparacio, Musicisti minori conventuali, in Miscellanea francescana, XXV (1925), 4, p. 84; E. Rossi, Elenco dei manoscritti persiani della Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano 1948, p. 68; G. Graf, Geschichte der christlichen arabischen Literatur, IV, Città del Vaticano 1951, p. 253; G. Perini, A scholar's Bildungsgeschichte in seventeenth-century Rome, in Art history in the age of Bellori. Scholarship and cultural politics in seventeenth-century Rome, a cura di J. Bell - T. Willette, Cambridge 2002, p. 56; M. Forlivesi, Scotistarum princeps. Bartolomeo Mastri (1602-1673) e il suo tempo, Padova 2002, pp. 88, 151, 345.