BONAVENTURA da Savignano
Membro d'una famiglia di parte guelfa, che, dalla campagna modenese, già prima del sec. XIII si era stabilita a Bologna.
Si hanno notizie del padre, Guido (era vivo nel 1250, ma non più nel 1265), oltre che dei quattro fratelli: Bonagiunta, Bonagrazia, Giacomo e Tosco e d'alcuni nipoti di B., figli dei fratelli: un altro Bonaventura di Bonagiunta (Chart., VII, doc. 2, 7 genn. 1267, pp. 3 s.), Paolo di Giacomo, un altro Bonaventura ancora, figlio di Tosco e attivo come notaro (Chart., VII, docc. 123, 20 maggio 1267, pp. 67 s.; 262, 13 ag. 1268, p. 138; 361, 3 nov. 1268, p. 183; cfr. anche i documenti inseriti dall'anonimo ducentesco nel Processus de causiscivilibus et criminalibus, edito da G. Rossi). Il patrimonio familiare restò probabilmente indiviso per qualche tempo, se il 6 luglio 1265 i quattro fratelli dividevano una somma di bolognini (Chart., V, doc. 48, p. 25) e se ancora il 10 maggio 1267 vendevano insieme un fondo di dodici tornature e mezza (Chart., VII, doc. 112, p. 61).
Di questa famiglia venne a far parte Zolitta di Ranieri Aigoni, presa in moglie da B. non si sa quando, ma certo prima del 1260. Presta assenso, il 20 nov. 1268, a una vendita d'immobili compiuta dal marito (Chart., VII, doc. 387, p. 195: vedi Sarti, I, p. 214 n. 3, che dai memoriali del Comune, all'anno 1270, ricava notizia d'un altro assenso di Zolitta a vendita compiuta dal marito).
B. ebbe due figlie, tutt'e due morte assai prima del padre (Sarti, I, p. 214). Di Petricina dà notizie G. Gozzadini (pp. 52, 107 n. 166). Tommasina era stata "occisa" prima del giugno 1265, non si sa da chi né perché: il fatto, sfuggito al Sarti, risulta dalla rubrica VIII degli Statuta et ordinamenta emanati nel giugno 1265 "pro bono et pacifico statu civitatis Bonon(ie)" da Loderingo Andalò, fondatore in Bologna di quella Militia B. Virginis Mariae della quale B. già faceva, o avrebbe di lì a poco fatto, parte (Frati, III, p. 598).
A detta del Sarti (I, p. 212), B. figura in carte bolognesi dal 1231 al 1291; quelle edite e di facile accesso corrono dall'aprile 1244 al settembre 1285.
Il 13 apr. 1244 è testimone alla pronuncia d'una sentenza e porta il titolo di "legum doctor" (Chart., I, doc. 53, pp. 48 s.) e il 16 agosto dello stesso anno (Chart., III, doc. 213, p. 224) assiste con la medesima qualifica a un'assoluzione da scomunica. Se il Ghirardacci (cui dà fiducia il Sarti I, p. 212; e quindi vedi Gozzadini, pp. 101 s.) utilizzava un documento del 1231, in cui fra i testimoni presenti alla consegna, fatta dal Comune a un gran numero di famiglie, delle paludi di Altedo e Minerbio compariva B. semplice "iudex", mentre lo stesso Sarti (I, p. 213) attesta l'esistenza di carte bolognesi del 1238 nelle quali B. già godeva della qualifica di "doctor" vista nel 1244, si potrà credere che B. ottenesse il dottorato in ius civile negli anni fra il 1232 ed il 1238.
Pressoché tutti i documenti posteriori a quelli del 1244 gli attribuiscono il titolo di "doctor legum" (e non si vede donde cavi L. Frati, II, p. 173, nota b, la notizia che fosse "maestro di Canoni", se non dal Gozzadini, pp. 101 s., n. 119, che dice: "Per trent'anni... lesse diritto canonico").
Fra i "curiales" presenti al bando contro Alberto Lambertazzi si trovava certamente B., indicato senza qualifica di "doctor" ma riconoscibile pel patronimico (negli Statuti 1250, III, 19: ed. Frati, I, p. 365). Il 17 febbr. 1257 a Bologna B., "legum doctor", assisteva fra i testimoni all'arbitrato mediante il quale il podestà Bonaccorso da Soresina definiva una controversia fra Bologna e Faenza (Sarti, II, pp. 51 s. e Chart., I, doc. 65, p. 64 s.; vedi Sarti, I, p. 213 n. 1 e quindi Gozzadirii, p. 102).
Poco dopo il riconoscimento pontificio (1261) della Militia B.Virginis Mariae si trova B. già ascritto a questa sorta d'istituto religioso-cavalleresco, tra i confratelli coniugati (nel 1262, potrebbe inferirsi dal documento utilizzato dal Sarti, p. 213 n. 7; nel 1267, afferma il Frati, II, p. 173 n. b). Nel 1266 Matteo vescovo di Modena confermava e rinnovava "cum amilo" a B. come a "bene meritus" la concessione d'un fondo "in curia Savigni" (è dubbio che possa trattarsi non del Savignano, da cui traeva origine la famiglia, ma del Savigno posto nella diocesi bolognese) e B. prestava di nuovo la sua "fidelitas" al vescovo (Chart., V, doc. 526, p. 250 s.; vedi Sarti, I, p. 214 n. 2, che ricorda la più recente rinnovazione del giugno dell'anno 1288).
Fin dal 12 nov. 1264 B., già entrato o quanto meno vicino all'ambiente della Militia, pensò a disporre per testamento dei suoi beni: la scrittura, rogata da un notaro presso la chiesa dei minori, veniva depositata il 5 maggio dell'anno seguente nei memoriali del Comune (Chart., V, doc. 1, p. 3, conserva il verbale della conditio: vedi anche Sarti I, p. 213 n. 8 s. e poi Gozzadini, p. 52); nuovi testamenti seguiranno, nel 1277 e nel 1281 (Sarti, I, pp. 213 n. 9, 214 n. 4; Gozzadini, pp. 52, 107 n. 166, 181 s., doc. 62). Assistevano al rogito del 1264 soltanto alcuni frati; i testamenti successivi eran degni d'un frate della Militia. Del 1268 è una donazione di terre post obitum al monastero di S. Elena (Chart., VII, doc. 288, pp. 150 s.).
B. doveva aver raggiunto una posizione preminente nella Militia (sul punto vedi i dati raccolti dal Gozzadini), se nel 1285 si faceva parte diligente, insieme con un altro frater ed anche a nome di Loderingo Andalò, nel rivendicare dagli eredi legittimi alcuni beni lasciati "pro anima" da un confratello defunto; e decideva, con l'accordo dei resistenti, di nominare arbitro Dino Rossoni (doc. dell'8 settembre, tratto dai memoriali, edito in Bargioni, p. 39: vedi anche Sarti I, pp. 213 s., n. 10 e Gozzadini, pp. 48 s., 105 nn. 151 s., 185 s., doc. 73 s.).
Da atti conservati nei memoriali del Comune risultava al Sarti (I, p. 214 n. 1, sulla fede del Monti) che B. fosse ancor vivo nel novembre 1291.
A B. il Sarti (I, p. 212) attribuiva una sorta di primato di longevità su tutti i doctores bolognesi a lui noti; e sembrerebbe questo l'unico vanto di cui B. possa andar fiero, se di sue opere nulla ci resta, all'infuori di tre consilia (editi in Chart. I, doc. 136, 31 dic. 1264, p. 143; 145, 27 nov. 1267, p. 150; 150, 14 giugno 1268, p. 153, dei quali l'ultimo è studiato dal Rossi, Consilium sapientis, p. 290 s., n. 80). Contributi di qualche rilievo allo sviluppo della giurisprudenza civilistica non pare sian venuti da Bonaventura. La biografia intessuta dal Sarti, la più ampia di cui si disponga - e nel complesso ben degna di fede -, tagliata com'è dalla prospettiva sui clari professores resta disarmonica, per la riconosciuta impossibilità di dir qualcosa di B. doctor, d'un uomo pel quale - come per innumerevoli suoi coetanei - il dottorato è letteralmente un mezzo di vita. E non sarà da escludere che delle molte decine di "professanti il ius" che tennero cattedra a Bologna nel Duecento un buon numero, nel quale sembra conveniente (allo stato attuale delle nostre conoscenze) mettere B., non per altro sia degno di memoria se non per ciò che ha fatto di giorno in giorno, non per quel che ha insegnato, detto o scritto. Ne discende che la prospettiva più aderente alla realtà è quella che coglie nella vita di B. doctor i segni della concreta esperienza che del diritto a Bologna potevano fare in quei decenni uomini non pur ignari di leggi.
S'aggiunga che i decenni lungo i quali B. fu attivo a Bologna vedevano il compimento della sintesi accursiana e quindi il consolidarsi nella pratica e nella scuola dell'auctoritasglossae, insieme coll'espandersi d'altre figure nate ad un tempo dalla scuola e dalla vita: basti pensare al consilium sapientis iudiciale (e B. stesso fu chiamato a prestare la sua opera di dotto almeno tre volte, come s'è ricordato, nel 1264, nel 1267 e nel 1268).
Di B. potrebbe dirsi che fu un "pratico post-accursiano", volgendo a significato letterale un'espressione già usata a designare ben altre tempre d'uomini e giuristi. Che abbia insegnato nello Studio in cui era stato scolaro può esser vero: ne son sicuri gli scrittori di storia dell'università bolognese; ma segni d'una attività didattica non furono lasciati da Bonaventura.
Non è certo che sia il doctor, e non piuttosto il Bonaventura notaro, quello che figura negli Statuti del 1288 fra gli Anziani e fra i "Consiliari populi societatum armorum" (V, 72: ed. Fasoli-Sella, I, pp. 373, 376; V, 74, p. 422): il Sarti aveva osservato che dall'anno in cui presumibilmente entrò nella Militia B. non si sarebbe più dedicato ad affari pubblici, in ottemperanza agli statuti dell'Ordine (I, p. 213; quindi Gozzadini, p. 102). Sempre il Bonaventura figlio di Tosco potrebb'esser quello che, senza titolo di doctor, interpone la sua "auctoritas" di tutore nella domanda giudiziale del 20 marzo 1284 (edita dal Kantorowicz, p. 289) e certamente è lui che negli anni fra il 1265 il 1282 funge da "procurator" in atti che un anonimo ducentesco inseriva nel Processus de causis civilibus et criminalibus (parr. 206-212, 215).
Fonti e Bibl.: Chartularium Studii Bononiensis, I, a cura di L. Nardi e E. Orioli, Bologna 1909, ad Indicem; III, a cura di G. Belvederi, ibid. 1916, ad Indicem; V, a cura di G. Zaccagnini, ibid. 1921, ad Indicem; VII, a cura di G. Zaccagnini, ibid. 1923, ad Indicem; VIII, a cura di G. Zaccagnini, ibid. 1927, adIndicem; G. Gozzadini, Cronaca di Ronzano e Memorie diLoderingo d'Andalò, Bologna 1851, pp. 45 s., 48 s., 52, 101 s., 103, 105, 106, 107, 179, 181 s., 184-186; L. Frati, Statuti diBologna dall'anno1255 all'anno 1267, I-III, Bologna 1869-1877, I, pp. 164, 198, 365; II, pp. 149, 173; III, pp. 87 s., 598; G. Rossi, Processus de causiscivilibus et criminalibus..., in Studi Urbinati, XXXI (1962-1963), pp. 117-120, 121; H. U. Kantorowicz, Albertus Gandinus u.d. Strafr. der Scholastik, I, Die Praxis, Berlin 1907, p. 289; R. Bargioni, Dino da Mugellogiureconsulto del sec. XIII, Firenze 1920, pp. 8, 39; G. Fasoli-P. Sella, Statuti di Bologna dell'anno 1288, I, Città del Vaticano 1937, pp. 85, 373, 376, 422; M. Sarti-M. Fattorini, De clarisarchigymn. Bononiensis professoribus, I, Bononiae 1888, pp. 128 s., 183 n. 4, 212-214; II, ibid. 1896, p. 52 (con rinvii alla scarsa letteratura precedente, la conoscenza della quale si presuppone); G. Tiraboschi, Biblioteca modenese V, Modena 1784, p. 36 s.; G. Tiraboschi, St. della lett. it., Venezia 1823, VIII, p. 371; A. Sorbelli, St. della Univ. di Bologna, I, Bologna 1944, pp. 70 s., 73; G. Rossi, Consilium sapientis iudiciale..., I, Milano 1958, p. 291, n. 80.