CORTI, Bonaventura
Nacque a Corti, parrocchia di Viano, nel territorio di Scandiano (Reggio Emilia), il 26 febbr. 1729 da Domenico e Vittoria Bondioli. Orfano ad appena undici anni, compì i primi studi sotto la guida dello zio sacerdote S. Corti, proseguendoli, in seguito, a Reggio Emilia affidato alle cure del parroco di S. Zenone, e completandoli in quel seminario collegio, retto dai padri gesuiti, che era la maggiore istituzione reggiana d'istruzione. Vestito l'abito talare, rimaneva, fin dal 1754, nello stesso collegio come lettore di metafisica e di geometria. Erano gli anni in cui L. Spallanzani vi insegnava logica, matematica, greco e francese e teneva, per di più, quella cattedra di fisica, annessa alla recentemente istituita università reggiana, che il C. avrebbe avuto in seguito al trasferimento, avvenuto nel 1763, di Spallanzani a Modena.
Diretto dallo stesso rettore del seminario il collegio si poneva al centro della vita culturale reggiana come elemento di innesto tra tronco secolare e formazione laica, operatore di sintesi tra ideali cattolici e nuovi fermenti culturali, nucleo propulsore di collaborazione tra l'autorità civile e quella ecclesiastica, indispensabile strumento per la novella università e per le organizzazioni accademiche reggiane a cui era fortemente legato e nelle quali ogni anno confluivano numerosi suoi professori ed i suoi migliori studenti.
Accolto sotto il nome di Pantolmo tra i membri dell'Accademia degli Ipocondriaci di Reggio Emilia nel 1756, l'anno successivo a quello in cui vi era stato accolto lo Spallanzani, il C. vi teneva una Dissertazione su l'opinione più verosimile intorno alle comete, che non è giunta fino a noi. Dai primi studi di carattere filosofico-letterario, si orientava, quindi, verso interessi fisico-matematici, per poi compiere le sue scelte fondamentali in direzione delle scienze naturali e biologiche. Passato all'insegnamento della fisica, dava alle stampe, per uso didattico, l'opera Institutiones physicae, apparsa a Modena in due tomi nei due anni successivi 1769-1770 e dedicata alla duchessa di Massa Maria Teresa Cibo Malaspina consorte di Ercole Rinaldo d'Este.
Opera indubbiamente caratterizzata dalla sua natura di corso universitario completo e composito, le Institutiones physicae rivelano un indirizzo metodologico ben preciso, che della fisica, scienza della natura, fa quella parte della filosofia fondata sui fenomeni, sul rigoroso ragionamento critico, su osservazioni ed esperimenti severamente controllati. Rivelano, altresì, nella certezza della non esaustività del cammino scientifico, la condanna dello sterile feticismo nella ricerca su futili questioni scolastiche, nel culto esagerato degli antichi maestri di pensiero, nella deferenza eccessiva verso celebri studiosi moderni.
In questi anni, seguendo una pratica comune a molte scuole di fisica, il C. teneva un diario giornaliero di osservazioni sui fenomeni meteorologici, e lo ampliava con note originali riguardo all'influenza di tali fenomeni sul mondo vegetale e sull'uomo. Pubblicava, quindi, a Modena, nel 1773 i risultati delle sue ricerche col titolo Osservazioni meteorologiche e medico-botaniche per l'anno 1772. Interessato alla continuazione di tali studi, dava alle stampe nel Nuovo Giornale di Modena brevi notizie relativamente alle ricerche compiute per gli anni 1773 (111, p. 83), 1774 (VIII, p. 88) e 1775 (XII, p. 236). Assolveva, intanto, gli incarichi derivantigli dalle cure relative alla chiesa dei SS. Nazario e Celso e dalle annesse competenze, occupando la carica di rettore di quella parrocchia. Direttore spirituale della duchessa Maria Teresa Cibo Malaspina, ne era tenuto in grande considerazione anche in affari di ordine temporale come elemosiniere e consigliere.
Sembra sia stata proprio la duchessa ad offrirgli l'incentivo per occuparsi più a fondo di questioni biologiche attrezzandogli un piccolo gabinetto di scienze naturali, provvisto, fra l'altro, di due eccellenti microscopi della famosa fabbrica Dollond di Londra. In tempi in cui le condizioni della scienza accademica in Italia risentivano di difficoltà tecniche gravi, legate alla quasi totale mancanza di fondi e sussidi per la ricerca, intraprendere studi sperimentali che risultassero poco costosi e di semplice attuazione poteva rivestire un interesse determinante in una complessa vicenda culturale. Non sappiamo come e quando il C. sia stato istruito nella ricerca biologica, è probabile che ciò sia avvenuto nell'ambito stesso del collegio reggiano, ad opera di qualche padre gesuita esperto dilettante della materia e durante gli anni della permanenza di Spallanzani. Fatto sta che il C., risvegliatasi in lui l'attenzione per una materia di cui fino ad allora si era occupato poco o niente, si dimostrò subito preparatissimo sul piano tecnico-pratico e dotato della acutezza e della mentalità tipiche dello sperimentatore.
Intraprese serie di osservazioni sui piccoli organismi, che si sviluppano nelle infusioni vegetali, - Infusori e Rotiferi - e fin dall'estate del 1772 il C. ne annotava, tentandone una classificazione, le forme esterne e la loro variabilità, l'organizzazione interna, i meccanismi di locomozione e di nutrizione, il modo di riprodursi. Consigliato da L. Spallanzani nel luglio del 1773, era indotto ad estendere le sue ricerche in direzione di quell'alga della famiglia Oscillatoriacee, diffusa nelle acque stagnanti e termali, le cui specie più comuni venivano denominate genericamente Tremelle. In quegli anni già M. Adanson si era occupato del caratteristico movimento oscillatorio di queste alghe ed aveva invitato lo Spallanzani a concludere le ricerche cui egli aveva dato l'avvio.
Contemporaneamente il C. andava conducendo studi sulla morfologia e sulla fisiologia del genere di alghe acquatiche Chara, e soprattutto sulle specie linneane Chara flexilis e Chara vulgaris. Pubblicava, quindi, a Lucca nel 1774 i risultati delle sue osservazioni e ricerche di questi anni nel volume dal titolo generico Osservazioni microscopiche sulla Tremella e sulla circolazione del fluido in una pianta acquaiuola, cui faceva seguito una lettera dissertatoria al conte A. Paradisi sul movimento del fluido circolante in varie piante fanerogame e cormofite, scritta anche per confermare e difendere i risultati delle sue ricerche, messe in dubbio da certuni (Lettera sulla circolazione del fluido scoperta in varie piante dall'ab. …, in N. Giorn. dei letterati d'Italia, IX [1776], pp. 185 s.).
Il concetto dell'organizzazione come accordo tra struttura e funzione, dietro ed al di là delle forme visibili, è presente in questa messa a punto cortiana di ricerche morfologiche e fisiologiche sugli esseri viventi. Mancava, tuttavia, al C. quel concetto essenziale di "cellula", come unità minima del vivente dotata, a volte, di una sua vita indipendente, che il paradigma biologico epocale non aveva potuto enucleare. Né era possibile riempire il vuoto di tale concetto, chiamandone in causa altri vari e complessi, come quello dell'"irritabilità". Cercando di comprendere le condizioni fondamentali inerenti al fenomeno della ciclosi nelle cellule internodali di alcune specie di Chara, ilC. apriva la strada alle indagini relative alla fisiologia citologica. Se la sua descrizione era affidata ad argomentazioni non originali, quali la concezione della irritabilità delle fibre componenti le "cellule" (intese per il C. in un senso molto vicino a quello di "vasi di circolazione") e l'uso frequente di analogie e paralleli con la circolazione del sangue negli animali, raggiungeva, d'altronde, una dimensione veramente notevole nei tentativi accuratissimi di assicurare l'univocità ai protocolli osservativi (con l'impiego, fra l'altro, di tinture per colorazione in vivo), nelle distinzioni precise tra i vari tipi di correnti e nella ricerca sperimentale sul significato fisiologico di detti spostamenti, variando le condizioni esterne ed introducendo nuovi fattori (temperatura, pressione, sostanze biologiche e chimiche, ferite, ecc.). Provocò la contrazione del citoplasma cellulare, per trattamento con acqua salsa e alcool, fenomeno oggi noto come plasmolisi. Per quanto concerne le sue osservazioni sulle cosiddette Tremelle oscillatorie, fece osservazioni finissime nel tratteggio dei filamenti semplici, componenti questa alga, e dei modi caratteristici con cui si muovono sul substrato, distinguendo un movimento vibratorio delle parti ed uno traslatorio di tutto l'organismo; ed ebbe l'esatta misura dell'importanza della luce nel fenomeno. Tuttavia, cercando una spiegazione attendibile sul significato fisiologico di tali movimenti e sulla incidenza dei fattori esterni, concludeva erroneamente per l'animalità della Tremella, ritenendo costituisse una specie di anello di congiunzione tra il regno animale e quello vegetale - un plantanimale -, mostrando essa caratteri distintivi di entrambi i mondi. Le Osservazioni microscopiche ... resero il C. famoso presso i contemporanei ed ammirato da studiosi illustri quali L. Spallanzani, C. Bonnet e J. Sénébier. Anche se nelle epoche successive l'opera non fu molto conosciuta, è indubbia la sua influenza su G. B. Amici e l'apporto da essa arrecato, come tramite culturale di fatti inesplicati alla luce del paradigma biologico epocale, alla nascita ed allo sviluppo della fisiologia citologica, è incalcolabile.
Invitato alla fine del 1774 dal marchese G. Rangone, all'epoca ministro per la Istruzione, il C. ebbe incarichi di rilievo e intraprese studi ed osservazioni sullo Zabrus tenebrioides, essendone le campagne infestate e soffrendone l'economia prevalentemente agricola dello Stato. Fin dall'anno successivo poteva indicarne i rimedi, a cui fu data ampia divulgazione con la diffusione di foglietti volanti per le campagne. Il C. approfondiva l'argomento ancora per due anni, studiando i diversi stadi della vita di questo insetto ed i suoi costumi, e pubblicava, quindi, a Modena nel 1777 lo scritto Mezzi per distruggere i vermi che rodono le piante del frumento. Su decreto di Francesco III d'Este, il 15 ottobre dello stesso anno si trasferiva da Reggio Emilia a Modena, dove il 27 ottobre gli veniva notificato l'incarico di rettore dell'università ducale e del collegio di S. Carlo. Chiamato a sollevare il collegio dallo stato di deperimento in cui si trovava, dedicava all'istituto, nell'opera direttiva e didattica, le sue migliori energie, che venivano ad essere sottratte alla ricerca scientifica. Si sarebbe occupato, infatti, solamente di un ampliamento delle ricerche precedenti sullo zabro del frumento, dato alle stampe a Modena nel 1804sotto il titolo Storia naturale di quegl'insetti che rodono le piante del frumento, di estratti di varie opere di studiosi contemporanei per uso didattico, di studi su alcune coltivazioni agricole. Con Ercole III Rinaldo ebbe incarichi nello Stato, specie presso il dicastero dei Riformatori degli Studi.
Soffrendo gravi disagi, anche economici, nel periodo in cui si susseguirono nello Stato dapprima un governo repubblicano, poi un governo austriaco e successivamente un governo napoleonico, rimase sempre ad attendere agli impegni presi. Ottantenne, ancora nel 1809 occupava la cattedra, conferitagli nel 1804, di botanica ed agraria presso l'università, ridotta a semplice istituto d'istruzione secondaria, quando decise di ritirarsi a vita privata e lasciò Modena per Reggio Emilia.
Morì a Reggio Emilia il 3 febbr. 1813.
Fonti e Bibl.: Docum. riguardanti il C. e carteggi si conservano a Reggio Emilia, Bibl. municipale: Mss. Regg. E. 150: Carte relative al direttorato [del C.] del collegio S. Carlo di Modena;Ibid., Mss. Turri: B-17-2-C, Carte riguardanti l'amministrazione di un collegio;Ibid., Mss. Regg. A 16/20: Lettere [del C.] a Giambattista Venturi (1795-1805); e presso la Bibl. Estense di Modena: Mss. Campori, nn. 35-44-56. Ampi stralci da questi manoscritti sono in: G. Brignoli, Dell'abateB. C. notizie biografiche con appendici, in Notiziebiogr. e letter. in continuazione della Biblioteca modenese del cavalier abate G. Tiraboschi, a cura di L. Cagnoli, II, Reggio Emilia 1835, pp. 313-389 (in cui sono trascritti appunti di laboratorio ined. del C.) e G. Lopriore, B. C., Modena 1913. Da vedere anche, per la corrispondenza pubbl. del C., l'Epistolario di L. Spallanzani, a cura di B. Biagi, II, Firenze 1959, pp. 243 ss., e le Lettere divari illustri ital. del sec. XVIII e XIX a' loro amici, e de' massimi scienziati e letterati nazionali e stranieri al celebre abate L. Spallanzani e molte suerisposte ai medesimi, a cura di L. Cagnoli, Reggio Calabria 1741, 111, pp. 83-87; IV, pp. 76-99. Per notizie concernenti gli ambienti in cui si svolse l'attività del C. si vedano: G. B. Venturi, Storia civile, letteraria e naturale di Scandiano, Modena 1822; C. Campori, Storia del Collegio di S. Carlo, Modena 1878; E. Cottafavi, I seminari della diocesi di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1907; O. Rombaldi, L'istruzione superiorein Reggio Emilia dal 1750 al 1861, Reggio Emilia 1955. Quanto alla biografia ed all'eco dell'opera del C. si vedano: E. Manzini, Memorie stor. deireggiani più illustri nelle scienze, nelle lettere e nellearti dal 1768 al 1887, Reggio Emilia 1878, pp. 2935; P. Bonizzi, Intorno alle opere scientifiche diB. C., Modena 1883; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, I, Venezia 1895, p. 57; M. L. Patrizi, Le tradiz. della fisiologia sperim. nell'ateneomodenese, Modena 1901, pp. 150 ss.; G. Triani, Commem. di B. C., in Ann. della R. Università diModena, 1913, pp. 253-257; G. Lopriore, Sulmovimento del protoplasma, in Annali di botanica, XI (1913), pp. 387-393; G. B. De Toni, B. C., in Gli scienziati ital. dall'inizio del Medio Evo ainostri giorni, a cura di A. Mieli, I, 1, Roma 1921, pp. 70-73; G. Saccani, Centenario di B. C., in Il Pescatore reggiano, (1929), pp. 142 s.; G. Lambertini, B. C., in Medici e naturalisti reggiani, Reggio Emilia 1935, pp. 121-129; Storia dellescienze, a cura di N. Abbagnano, Torino 1962, III, pp. 368, 371; Dict. of sc. Biogr., New York 1971, III, p. 425.