CASTIGLIONI, Bonaventura
Nacque a Milano il 7 aprile del 1487 da Giandonato, di cui risulta attestata l'attività all'università di Pavia in qualità di lettore di metafisica nel 1467, e da Catterina di Gianubertino Castiglioni.
È lecito supporre che la ricchezza della famiglia di origine gli abbia consentito approfonditi studi giovanili, ma le informazioni di cui disponiamo per i primi decenni della sua vita sono estremamente scarse. Era probabilmente entrato da tempo nella carriera ecclesiastica quando ottenne, nel 1521, il canonicato milanese di S. Maria della Scala, tradizionalmente riservato a chierici di nobile estrazione. Il successivo passo nella gerarchia ecclesiastica fu per il C. la prepositura di S. Ambrogio, un titolo che avrebbe potuto costituire il punto di partenza di un'ottima carriera se non fosse stato ottenuto nel 1546, ad un'età quindi abbastanza avanzata. A seguito poi dei contrasti intervenuti tra l'arcivescovo Arcimboldi e l'inquisitore Melchiorre Crivelli il C. fu nominato da Roma, il 14 apr. 1553, commissario generale per l'Inquisizione nel Milanese, con diritto di procedere fino alla sentenza definitiva.
Alla decisione romana dovettero certo contribuire il suo ben noto rigore morale e la fama di studioso un po' appartato, che lo ponevano al di sopra della mischia nel primo agitato periodo di applicazione della Controriforma. All'intransigenza dottrinale si univa poi nel C. un sentito attaccamento ai riti e alle tradizioni della Chiesa ambrosiana, di cui si ergeva a strenuo difensore, particolarmente nei confronti di una certa smania di novità nei culti da lui attribuita ad alcuni ordini monastici milanesi. Non a caso in qualche biografia di s. Carlo Borromeo si accenna albenefico influsso esercitato dal C. sul futuro arcivescovo e perfino a una sua esplicita dichiarazione di fiducia nel ruolo di riformatore della Chiesa che attendeva il giovane Carlo.
Il frutto più noto della sua attività di inquisitore è l'Indice dei libri proibiti edito nel 1554 sotto il nome suo e dell'Arcimboldi. che si attirò gli immediati strali del Vergerio. Un'altra testimonianza dello zelo con cui ricoprì l'incarico affidatogli è costituita dalla sua presenza in duomo insieme con l'arcivescovo, la terza domenica di ottobre del 1553, in occasione della pubblica abiura di alcuni eretici.
Morì a Milano il 10 giugno 1555, come risulta dalla lapide sepolcrale sotto il portico della canonica di S. Ambrogio che ci fornisce anche la sua data di nascita.
La fama di erudito da cui la figura del C. fu circondata per decenni dopo la sua morte è sostanzialmente legata ad un'opera di carattere storico-antiquario stampata per la prima volta a Milano nel 1541, le Gallorum Insubrum antiquae sedes. Sitratta di una serie non troppo organica di notizie sugli insediamenti degli antichi abitanti della Valle Padana, la cui base è fornita da una buona conoscenza dei classici e da una notevole erudizione in materia di storia locale, prevalentemente lombarda. La parte più importante dell'opera è costituita dalla pubblicazione di numerose epigrafi, della cui conoscenza l'autore si riconosce largamente debitore ad Andrea Alciato. Un tipico esempio dei criteri d'indagine storico-topografica usati dal C. è dato dall'appendice, in forma di lettera indirizzata al senatore e capitano di Giustizia milanese G. B. Speciano, in cui l'autore localizza nel centro di Oulx nelle Alpi Cozie la località di Ocellum citata da Cesare nel De Bello Gallico.
Un più definito carattere storico rivestono le sue Vite dei primi undici vescovi di Milano, di cui si conserva l'autografo nel codice N 153 bis sup. della Biblioteca Ambrosiana. L'opera, tuttora inedita nel suo complesso, fu scritta negli ultimi anni della vita del C., che dice di essere stato convinto a scriverla dalle pressioni di alcuni vescovi spagnoli reduci dal concilio di Trento e di aver dovuto abbandonare l'idea di aggiungervi un'appendice su s. Ambrogio e s. Simpliciano per il cumulo d'incombenze toccatogli con la nomina a capo dell'Inquisizione milanese. Un approssimativo uso di un ristretto numero di fonti limita grandemente il valore delle Vite, il cui maggior interesse risiede nelle numerose notizie di carattere archeologico e antiquario concernenti le chiese milanesi. Infatti circa un secolo dopo, per favorire la tesi dei canonici di S. Ambrogio nella loro polemica con i monaci olivetani di S. Vittore al Corpo a proposito del primitivo luogo di sepoltura dei santi Vittore e Satiro, il notaio G. B. Bianchini falsificò il testo delle Vite nell'attuale codice Trivulziano 560.
Nel quadro degli interessi ambrosiani del C. rientra anche la discussione su un decreto di proscrizione degli ebrei emesso da s. Ambrogio, che costituisce la prefazione all'operetta antisemita Indicium contraIudaeos pubblicata nel 1548 a Milano da alcuni francescani.
La produzione del C. comprendeva altre opere di carattere prevalentemente biblico ed erudito di cui tuttavia non ci sono rimasti né il testo né i titoli precisi.
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