BONAPARTE, Luciano, principe di Canino
Fratello di Napoleone, nato ad Aiaccio il 21 marzo 1775, morto a Viterbo il 29 giugno 1840. Destinato dapprima alla vita militare, poi a quella ecclesiastica; fece i primi studî ad Autun, a Brienne e nel seminario di Aix; ma dopo il 1789 si diede appassionatamente alla rivoluzione nella Corsica e nella Provenza (1793), dove prese nei clubs il nome di Bruto, riuscendo a farsi largo, malgrado l'età giovanile, tra i più caldi partigiani del Robespierre. Nel 1794 sposò Cristina Boyer, sorella di un albergatore di Saint-Maximin sul Varo. Nel 1795, durante il governo dei termidoristi, fu imprigionato ad Aix, ma, grazie a Napoleone, venne liberato di lì a poco per ardine del Barras, il quale lo mandò anzi commissario di guerra presso l'esercito del Reno (1795) e poi nella Corsica (1796). Nel 1798 fu eletto al Consiglio dei Cinquecento, e ne era presidente nel 1799 quando, d'accordo col Talleyrand e col Sieyès, preparò il colpo di stato del 18 brumaio. In quella giornata storica la sua risolutezza salvò la situazione nel momento più critico. Oratore eloquente, carattere forte, ambizioso e irrequieto, fece ombra al Primo console il quale, dopo Marengo, non desiderandolo a Parigi, lo nominò ambasciatore a Madrid (novembre 1800). Quivi, guadagnatesi le simpatie di Carlo IV e del Godoy, servì insieme gl'interessi della Francia ed i proprî. I trattati di Aranjuez e di Badajoz furono sottoscritti da lui. Tornò nel febbraio 1802 portando seco, si dice, oltre cinquanta milioni, e si unì in seconde nozze (la Boyer era morta il 14 maggio 1800) con Alessandrina de Bleschamps (1778-1855), moglie divorziata dell'agente di cambio Jouberthon; ma questo matrimonio lo mise in urto con Napoleone, il quale avrebbe voluto ch'egli sacrificasse il proprio sentimento ai calcoli della sua ambiziosa politica. Risoluto a non cedere, come non cedette mai, né a lusinghe né a minaccie, venne a stabilirsi a Roma (aprile 1804) e vi condusse, protetto e onorato dal papa, vita da gran signore. Nel 1808 si ritrasse a Tuscolo, ma, dopo l'arresto di Pio VII, non si sentì più sicuro e s'imbarcò per gli Stati Uniti. Catturato in mare dagl'Inglesi, fu condotto a Malta, poi a Plymouth e nel Galles, donde passò in una sua proprietà a Thorngrow. Nel 1814 fece ritorno a Roma ed ebbe dal papa il titolo di principe di Canino. Si riconciliò allora col fratello e fu al suo fianco durante i Cento giorni. Dopo Waterloo cercò invano di far riconoscere Napoleone II, per il quale sperava forse d'avere la reggenza. Nel luglio 1815, costretto ad abbandonare la Francia, fu arrestato a Bourgoin dagli Austriaci e trattenuto poi nella cittadella di Torino sino alla metà di settembre. Ridottosi poscia di nuovo a Roma, passò il suo tempo negli studî letterari e nelle ricerche archeologiche; ma dopo la morte del duca di Reichstadt (1832) andò in Inghilterra e, insieme col fratello Giuseppe, attese a riorganizzare in Francia il partito bonapartista. Deluso nelle sue speranze, anche perché si accorse presto che, in ogni caso, non a lui, bensì al nipote Luigi Napoleone sarebbe toccato di rappresentare la famiglia (egli era stato escluso dai diritti di successione al trono in seguito al suo matrimonio con la Jouberthon), tornò nel 1838 a Roma.
Scrisse, tra le altre cose, un romanzo (La Tribu indienne ou Édouard et Stelline, Parigi 1799, voll. 2); due poemi (Charlemagne ou l'Église sauvée, Roma 1814, in 24 canti; la Cyrnéïde ou la Corse sauvée, Parigi 1819, in 12 canti); un Parallèle entre César, Cromwell et Bonaparte (1799); La verité sur les Cent-Jours (1835). Ma l'opera sua più importante sono i Mémoires (Parigi 1836) che vanno sino al 1799. Sua moglie, nel 1845, pubblicò la parte contenente il racconto del 18 brumaio. Ciò che rimaneva inedito fu messo in luce da F. Jung, Lucien B. et ses Mémoires, Parigi 1882-1883, voll. 3.
La discendenza di Luciano conservò il cognome Bonaparte. Ebbe dalla prima moglie due figlie: Carlotta (1796-1865), maritata al principe Mario Gabrielli e poi (1842) a un medico Settimo Tettamanti; e Cristina (1798-1847) maritata allo svedese Arved Posse (1818), poi a lord Dudley Coutrs (1824). Dal secondo matrimonio gli nacquero nove figli, e cioè: Carlo Luciano (1803-1857), Paolo (1808-1826), Luigi Luciano (1813-1891), Pietro Napoleone (1815-1881), Antonio (1816-1877), e inoltre: Letizia (1804-1871), maritata nel 1821 al diplomatico irlandese T. Wyse (una delle sue figlie sposò Urbano Rattazzi), Giovanna (1807-1828), maritata nel 1827 al marchese Onorati, Maria (1818-74), moglie del conte Vincenzo Valentini, e Costanza (1823-76) che si fece monaca.
Bibl.: F. Masson, Napoléon et sa famille, Parigi 1897-1914, voll. 11; H. De Gallier, L. B., in La Revue, 15 aprile 1904 segg.; G. Roberti, L'arrestation et l'emprisonnement de L. B., in Revue Napoléonienne di A. Lumbroso, 1901, pagina 241 segg.