BONANNO PISANO
Artista attivo a Pisa nell'ultimo quarto del 12° secolo. Il nome di B. è tramandato solo dalle due iscrizioni con cui firmò le perdute imposte bronzee del portale maggiore della cattedrale di Pisa ("Ianua perficitur vario constructa decore ex quo virgineum Christus descendit in alvum anno MCLXXX ego Bonanus Pisanus mea arte hanc portam uno anno perfeci tempore domini Benedicti operarii istius ecclesie"; Melczer 1988, pp. 29, 45 n. 6) e quelle del portale di facciata del duomo di Monreale ("Anno / D(omi)ni / MCL / XXXVI / i(n)dictio(n)e / III Bon(n)a / nus ci / vis Pis / anus / me fe / cit"). Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 48) è l'unico a riportare una tradizione secondo la quale B. sarebbe stato, insieme a Guglielmo, architetto del campanile della cattedrale pisana. Tale tradizione parve confermata nel sec. 19° dal ritrovamento nel sottosuolo presso il campanile di una lastra che sembra recare inciso in negativo il nome Bonanno e godette di un certo credito (Sanpaolesi, 1956); oggi tuttavia si tende a ritenerla inverosimile (Il duomo di Pisa, 1989). Non essendo possibile del resto mettere in rapporto la notizia vasariana con una determinata parte della costruzione del campanile, l'eventuale attività architettonica di B. non aggiunge alcun tratto alla conoscenza della sua personalità artistica, che si basa esclusivamente sulle imposte bronzee. Alle opere firmate, di cui sopravvive solo la porta monrealese, poiché quella pisana venne distrutta da un incendio nel 1595, va aggiunta la porta di S. Ranieri, anch'essa nella cattedrale di Pisa (nel braccio meridionale del transetto), la cui attribuzione è fuor di dubbio.Sulla base del testo delle iscrizioni, B. va ritenuto con sicurezza il fonditore dei bronzi; tuttavia con ogni probabilità egli ne fu anche il modellatore. La sofisticata tecnica di fusione e l'accurata rilavorazione a freddo costituiscono comunque parte determinante dell'effetto complessivo dei rilievi. La bottega di B. operò verosimilmente a Pisa, nei pressi della cattedrale. Qui dovettero essere realizzati anche i pannelli per la porta di Monreale. Il maestro fu affiancato da alcuni aiuti, come rivelano i forti dislivelli qualitativi nel modellato. Gli elementi decorativi delle cornici e anche alcune figure dei pannelli sono riprodotti in serie, ma accuratamente rifiniti e in parte variati a freddo.La fama di cui sempre godettero le porte pisane di B. è attestata già nel 1329, quando, progettandosi le porte bronzee di Andrea Pisano per il battistero di Firenze, un certo Piero di Jacopo è documentato come inviato a ritrarle prima di recarsi a Venezia per cercare un maestro esperto nella lavorazione del bronzo (Vasari, Le Vite, a cura di K. Frey, I, Mün chen 1911, p. 350). Anche Donatello dimostrò apprezzamento per l'opera di B., scegliendo di seguire in parte, nel progetto per le porte bronzee della sacrestia Vecchia in S. Lorenzo a Firenze, l'esempio del maestro pisano piuttosto che quello di Ghiberti.La porta di Monreale (m. 7,803,70), che, malgrado il parere contrario della maggioranza degli studiosi, sembrerebbe anteriore a quella di S. Ranieri, fu evidentemente fusa a Pisa. Essa infatti dovette essere ampliata in larghezza e il formato rettangolare delle imposte non è coerente con la forma arcuata dell'apertura. Alla base di questa porta si trovano, su ciascun battente, due formelle con un leone e un grifone; al di sopra si svolgono dieci registri con quaranta scene, tratte in parti uguali dal Vecchio e dal Nuovo Testamento; al termine superiore si trovano due formelle, di formato maggiore, con le figure in trono della Vergine a sinistra e di Cristo a destra. La porta di S. Ranieri, di dimensioni minori (m. 4,703,02), presenta nella parte mediana venti formelle con episodi tutti relativi al Nuovo Testamento, nei due riquadri alla base dodici profeti e, al margine superiore, le stesse figure in trono di Monreale, in posizione inversa.Entrambe le porte furono realizzate, secondo la prassi bizantina e italo-bizantina, su una base lignea, con le singole formelle narrative o figurate fuse separatamente e fermate da una cornice metallica fissata al retrostante supporto di legno da chiodi le cui teste si presentano come rosette decorative. Questo tipo di intelaiatura trova il confronto più stretto nei grandi battenti bizantini ageminati di S. Paolo f. l. m. a Roma (1070) o nella porta, più piccola, in S. Michele a Monte Sant'Angelo (1076), seguiti, con alcune varianti, dalle porte del duomo di S. Andrea ad Amalfi (1066 ca.) e di S. Matteo a Salerno (ultimo quarto del sec. 11°), del Salvatore de Birecto ad Atrani (1087) e della cattedrale di S. Maria Assunta a Troia (1127). Una struttura di base analoga compare inoltre nella porta bronzea di Santa Sofia a Novgorod, della metà del sec. 12°, che, fra gli esempi precedenti, è quello più strettamente affine alle opere di B. almeno per certi aspetti e soprattutto per quanto riguarda la concezione generale.Entrambe le porte di B. sono i primi esempi pervenuti di porte bronzee istoriate in cui i due battenti non sono trattati come pagine di un codice bensì come una singola superficie continua. L'unico esempio precedente (1132) è costituito dai battenti lignei provenienti da S. Maria in Cellis (Aquila, Mus. Naz. d'Abruzzo), che però contengono su ciascun registro due sole scene invece di quattro.Non meno significativo è il fatto che, in entrambe le porte, l'andamento compositivo risulta ascendente, come il percorso della sequenza narrativa. È evidente, in questo senso, il parallelo con lo schema delle vetrate francesi, mentre non esistono altri precedenti nella pittura murale o nelle stesse porte bronzee. Un caso intermedio è costituito dalla porta bronzea di St. Michael a Hildesheim (completata nel 1015), dove il percorso di lettura inizia con gli episodi tratti dal Vecchio Testamento (imposta di sinistra), partendo in alto con la Creazione e terminando in basso con l'Uccisione di Abele, per continuare sull'imposta di destra, dal basso verso l'alto, con le scene del Nuovo Testamento, dall'Annunciazione al Noli me tangere. Nella porta di Hildesheim, tuttavia, ciascuna imposta è realizzata con un'unica fusione, secondo l'antico uso romano; inoltre, da un punto di vista così stilistico come compositivo, non vi è elemento che consenta di ipotizzare che B. la conoscesse.Altro elemento significativo delle porte di B. è l'introduzione dell'unità di luogo; si tratta di un'innovazione che generalmente viene messa in rapporto con la rivoluzione artistica operata, tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, da Duccio di Boninsegna e Giotto, i quali tuttavia conoscevano l'opera di Bonanno. L'intento di B. si rivela chiaramente nelle scene iniziali della porta di Monreale, dove nella Creazione di Adamo compare sulla destra una collina sormontata da un albero, elemento che si ritrova nella Creazione di Eva; due alberi analoghi compaiono anche ai lati delle figure di Adamo ed Eva nelle scene del Paradiso terrestre e del Peccato. Che non si tratti semplicemente di un'eco casuale delle miniature illustranti la Genesi in manoscritti carolingi e ottoniani (come le bibbie di Viviano, Parigi, BN, lat. 1; di S. Paolo f. l. m., Roma, Bibl. dell'abbazia; di Moûtier-Grandval, Londra, BL, Add. Ms 10546; di Alcuino, Bamberga, Staatsbibl., Bibl. 1) lo dimostra, nella Presentazione al Tempio e nella scena composita della Tentazione di Cristo, la ripetizione accurata della struttura architettonica del Tempio, caratterizzato da una coppia di colonne e dalla cupola, e la ripresa puntuale della lampada e dell'altare sostenuto da tre colonne. Analogo rilievo viene dato all'unità di luogo nella Presentazione e nella Tentazione della porta pisana, benché in quest'ultima sia omesso l'altare per motivi compositivi senza attenuare peraltro la chiara evidenza dell'idea dello scultore.Il contributo più innovativo di B. alla storia dell'arte e alla creazione del nuovo linguaggio figurativo e scenico che si sarebbe sviluppato nei secoli successivi consiste nella sua trasformazione della narrazione evangelica da scene di formato libero e relativamente disarticolato, con divisioni per lo più casuali, in una sequenza di capitoli organici, in ognuno dei quali la coerenza strutturale del contenuto corrisponde in modo esatto a quella dello schema formale.I primi passi di questa nuova tendenza narrativa, resa possibile dal fatto che quattro episodi si susseguono passando attraverso i due battenti della porta, si possono osservare a Monreale, dove la sequenza di apertura - dalla Creazione fino al Peccato - costituisce un capitolo ammirevole dal punto di vista sia figurativo sia tematico. Tale procedimento iniziale, tuttavia, non viene mantenuto nel registro superiore, dove due formelle completano la storia di Adamo ed Eva mentre la terza inizia quella di Caino e Abele. Il terzo registro comincia con la scena dell'Uccisione di Abele, prosegue con due episodi tratti dalla vita di Noè e si conclude con Abramo e i tre angeli, la prima di tre formelle in cui compare il patriarca; a partire dalla metà del quarto registro e in tutto il quinto sono raffigurate coppie di profeti stanti.I due primi registri del Nuovo Testamento - dall'Annunciazione all'Adorazione dei Magi e dalla Presentazione al Tempio (oggi spostata dalla sua collocazione originaria) al Battesimo di Cristo - formano di nuovo, da un punto di vista narrativo, capitoli coerenti, in cui manca però una chiara articolazione figurativa: la scena della Cavalcata dei Magi infatti nell'ultimo riquadro a destra di uno dei registri è orientata verso l'esterno, e anche il Battesimo di Cristo, al termine del registro sovrastante, degrada verso destra con analogo senso di incompiutezza.L'ottavo registro, come quello che apre la serie del Vecchio Testamento, ha invece una sua coerenza tematica e figurativa. La Trasfigurazione, ora al termine del registro, era infatti in origine la seconda scena, spostata in seguito a un restauro; originariamente pertanto la sequenza si apriva con il chiaro movimento da sinistra verso destra dell'episodio della Tentazione di Cristo e si chiudeva con quello, ancor più evidente, da destra a sinistra, dell'Entrata a Gerusalemme.Ancora una volta lo schema viene disatteso nel penultimo registro, il nono, comprendente gli episodi dall'Ultima Cena alla Discesa al limbo, ma ricompare, almeno dal punto di vista tematico, nell'ultimo, dedicato a episodi successivi alla Risurrezione, dalle Marie al sepolcro all'Ascensione. Quest'ultima scena, momento culminante e conclusivo del percorso narrativo, coerentemente guida verso l'alto, alla raffigurazione celeste di Cristo in trono che corona l'imposta di destra.Nella porta di Pisa la concezione che a Monreale si rivela solo a tratti viene applicata in modo organico. Alla base dei battenti dodici profeti costituiscono il preludio all'incarnazione e preparano la scena per l'adempimento delle profezie sull'avvento del Messia, aspetto fondamentale del racconto evangelico. Probabilmente per la prima volta nella storia dell'arte bizantina e occidentale essi sono presentati come personaggi orientali, con l'accurata riproduzione di un tipo di turbante che a Monreale è riconoscibile solo in modo vago e incerto. Questo tentativo di inserire i profeti in un contesto a loro proprio è a evidenza confermato dal superbo naturalismo con cui sono rese le palme che li accompagnano, dotate di una funzione che va molto oltre rispetto a quella che era stata loro assegnata in precedenza, a Ravenna e nell'arte paleocristiana di Roma, come simboli della vita eterna e della vittoria sulla morte. L'attenzione verso questo elemento naturalistico si manifesta solo per accenni nelle porte di Monreale e non si ritrova neppure negli alberi raffigurati nei mosaici dello stesso duomo o nei medaglioni della sala dei Normanni nel palazzo Reale di Palermo (1160-1170). Si tratta di un rinnovato interesse per l'ambientazione realistica dell'immagine che potrebbe forse aver condizionato la trasformazione del motivo della cordonatura che ripartisce la porta - derivato in ultima analisi da forme bizantine (Costantinopoli e Venezia), in cui esso è tuttavia meno pronunciato - in un elemento di rilievo nella composizione generale, al fine di legare la porta di B. alle vivaci attività portuali della città di Pisa.Al di sopra dei profeti di dispongono cinque registri, ciascuno con quattro scene, che costituiscono capitoli coerenti nella forma e nel contenuto. Il primo registro si apre, come a Monreale, con l'Annunciazione - dove la Vergine, con la sua inquadratura architettonica, appare ancora collocata a sinistra, quale primo elemento della raffigurazione - e si conclude, sempre come a Monreale, con la scena della Cavalcata dei Magi, che qui però si muovono decisamente da destra, verso la precedente scena della Natività. In tal modo essi non solo costituiscono una netta e definitiva chiusura del capitolo, ma guidano anche lo sguardo del fruitore indietro e verso l'alto, in direzione dell'inizio del secondo registro. Come a Monreale, quest'ultimo inizia con la Presentazione al Tempio, in cui si esprime la sottomissione di Cristo alla Chiesa della vecchia Legge, e finisce con il Battesimo, prefigurazione del mezzo essenziale per entrare nella Chiesa di Cristo. Qui però, a differenza di Monreale, un albero di palma di straordinario realismo conclude adeguatamente la raffigurazione e nuovamente rimanda indietro e verso l'alto al capitolo che segue nel registro sovrastante. Lo stesso schema è ripetuto per la terza volta nel deciso movimento da destra verso sinistra dell'Entrata a Gerusalemme, che, come a Monreale, conclude visivamente il capitolo che va dalla Tentazione, inizio del ministero di Cristo, all'immediato preludio alla Passione. Qui a Pisa però il sentiero percorso da Cristo nell'Entrata a Gerusalemme, saliente verso sinistra, rappresenta l'esatta continuazione della linea del suolo che nell'adiacente formella con la Risurrezione di Lazzaro ascende verso destra, secondo uno schema che venne in seguito ripreso da Giotto negli affreschi della cappella degli Scrovegni a Padova, nelle due contigue scene del Compianto sul Cristo morto e del Noli me tangere.In questi primi tre capitoli del Nuovo Testamento della porta di S. Ranieri è la coerenza formale propria di ciascun registro, con la sua decisa conclusione visiva, che conferma la divisione tematica del racconto in capitoli. Nei due registri finali la stessa idea è ribadita dall'articolazione in capitoli tematicamente coerenti, in un'unità compositiva costante.Il quarto registro si apre con la raffigurazione della Lavanda dei piedi e si conclude con la Crocifissione, a cui è data la particolare enfasi dovuta al momento culminante del dramma della salvezza. In tal modo l'intero registro diviene un capitolo coerente dedicato alla Passione. Nell'ultima sequenza, che illustra gli episodi successivi alla Risurrezione, è omesso l'incontro di Emmaus e il capitolo inizia con la Discesa al limbo e si conclude con la Dormitio Virginis. L'enfasi data alla figura della Vergine, con cui si apre e si chiude l'intero ciclo - motivata dal fatto che la cattedrale pisana le era dedicata -, è ulteriormente messa in risalto dalla collocazione a destra, sopra la Dormitio, della sua raffigurazione in trono, che a Monreale si trovava invece a sinistra, nella posizione canonica.In questi ultimi due registri l'unificazione visiva di ciascun capitolo non viene reiterata mediante la ripresa del motivo di chiusura e di ritorno. La ripetuta simmetria e il rigido asse centrale in tutte le quattro scene superiori del battente destro sono invece abilmente calcolati per guidare lo sguardo in alto verso la scena paradisiaca soprastante posta al di là di una demarcazione orizzontale assai più accentuata di quella di Monreale. Nello stesso tempo le due torri della Dormitio forniscono un'efficace chiusura della narrazione degli eventi terreni.Una delle principali caratteristiche dell'arte di B. è il passaggio dal rilievo relativamente basso delle scene della Genesi a Monreale - che si trova ancora negli edifici dell'Annunciazione e della Visitazione del sesto registro - alla progressiva accentuazione della profondità nelle scene superiori e infine allo straordinario altorilievo di figure e architetture nella porta pisana. Qui le figure emergono di regola cm. 4 o 5 dal piano di fondo; le colonne e i fusti delle palme ne sono nettamente staccati, mentre gli edifici, con le loro cupole e colonnette eseguite completamente in sottosquadro, si trovano piuttosto sopra che dietro le figure. Tale audacia nel sottosquadrare le architetture per creare una cornice realistica ai personaggi non solo è del tutto senza precedenti nelle porte di bronzo ma costituisce inoltre uno dei tratti più significativi dell'arte di B., che non ebbe seguito in porte più tarde.Per quanto riguarda le figure, il tipo di pieghe del panneggio, che a Monreale tendeva a un effetto di superficie, a Pisa è tale da animare sempre di più le forme, dando loro definizione spaziale e drammatizzando volumi e movimento, secondo uno stile che, inaugurato nel pulpito di Guglielmo del 1162 per il duomo di Pisa (trasportato a Cagliari agli inizi del Trecento), supera le analoghe ricerche di Antelami a Parma e a Vercelli negli anni settanta del 12° secolo. In realtà moduli incisi comuni ad Antelami e ai coevi smalti di Limoges sono ravvisabili a Pisa là dove, tanto nello stile quanto nell'iconografia, appare la tendenza ad allontanarsi dai prototipi bizantini che si riconoscevano a Monreale. Parimenti viene meno, in modo graduale, il rapporto con schemi decorativi bidimensionali propri dei manoscritti, palese nelle precedenti scene di Monreale. Le variazioni arbitrarie nelle proporzioni, comuni negli episodi del Vecchio Testamento delle porte di Monreale e straordinariamente evidenti nel Cristo in trono, a Pisa scompaiono quasi completamente, mentre i raggruppamenti di figure divengono sempre più complessi a mano a mano che si procede verso l'alto. Al tempo stesso i caratteri delle iscrizioni diventano più chiari, i testi più brevi e si accentua la dipendenza dalla narrazione figurativa. Inoltre non compaiono a Pisa errori nell'incisione delle iscrizioni sullo stampo di legno, come avviene invece, per es., nella Natività di Monreale o in genere nell'orientamento delle figure.Non è tuttavia nella crescente attenzione al naturalismo, come nel continuo miglioramento della tecnica di fusione o nel costante evolversi della sua personalità di artista che risiede l'impronta determinante del genio di B.: essa va piuttosto ravvisata nella trasformazione del racconto per immagini da lui operata e ripresa un secolo dopo da Cimabue negli affreschi della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi.
Bibl.: R. Roncioni, Delle Istorie Pisane Libri XVI, a cura di F. Bonaini, ASI, s. I, 6, 1844-1845; W. Biehl, Toskanische Plastik des frühen und hohen Mittelalters (Italienische Forschungen, n.s., 2), Leipzig 1926; M. Salmi, La scultura romanica in Toscana, Firenze 1928; V. Martinelli, Bonanno Pisano scultore, Belle Arti 1, 1946-1948, pp. 272-297; A. Boeckler, Die Bronzetüren des Bonanus von Pisa und des Barisanus von Trani (Die frühmittelalterliche Bronzetüren, 4), Berlin 1953; G.H. Crichton, Romanesque Sculpture in Italy, London 1954; F. Bartoloni, La data del portale di Bonanno nel duomo di Monreale, in Studi medievali in onore di Antonino Di Stefano, Palermo 1956, pp. 39-41; H. Leisinger, Romanische Bronzen. Kirchentüren im mittelalterlichen Europa (trad. it. Bronzi romanici. Porte di chiese nell'Europa medievale, Milano 1956), Zürich 1956; P. Sanpaolesi, Il campanile di Pisa, Pisa 1956; H.M. von Erffa, Die Domtür zu Pisa, München 1961; R. Salvini, Il chiostro di Monreale e la scultura romanica in Sicilia, Palermo 1962; W. Krönig, Il Duomo di Monreale e l'architettura normanna in Sicilia, Palermo 1965; U. Götz, Die Bildprogramme der Kirchentüren des 11. und 12. Jahrhunderts, Bamberg 1971; G. Matthiae, Le porte bronzee bizantine in Italia, Roma 1971; A.M. Fiderer Moskowitz, The Framework of Andrea Pisano's Bronze Doors: Some possible non-Tuscan Sources, Source 2, 1983, 2, pp. 1-4; U. Mende, Die Bronzetüren des Mittelalters.800-1200, München 1983; W. Melczer, La porta di bronzo di Barisano da Trani a Ravello, Cava de' Tirreni 1984; W. Melczer, La porta di Bonanno a Monreale. Teologia e poesia, Palermo 1987; id., La porta di Bonanno nel duomo di Pisa. Teologia ed immagine, Pisa 1988; J. White, The Bronze Doors of Bonanus and the Development of Dramatic Narrative, AHist 11, 1988, pp. 158-194; Il duomo di Pisa. Il battistero - il campanile, a cura di E. Carli (Chiese monumentali d'Italia), Firenze 1989; W. Melczer, Le porte bronzee di Bonanno Pisano, in Le porte di bronzo dall'antichità al secolo XIII, a cura di S. Salomi, Roma 1990, I, pp. 373-388; II, tavv. 335-359.J. White