BONAGUIDA d'Arezzo (de Aretio si dice egli stesso; Aretinus, de Aretinis)
Canonista, nato ad Arezzo nella prima metà del Duecento. Il più antico documento, finora noto, in cui egli compaia è una carta aretina del 1251 che gli dà la qualifica di "iuris canonici professor" (Pasqui, p. 294).
A Roma era venuto non pochi anni prima, probabilmente appena conseguita la licentia (non si sa in quale Studio), ed era stato "advocatus... in curia tempore Innocenti IV" (Giovanni d'Andrea, ripetuto dal Diplovatazzi, p. 154).
All'esperienza romana molto deve la stessa sua formazione di giurista (l'aveva già osservato Schulte, p. 111): nelle glosse alle Decretali gregoriane confluiranno "multa... utilia que collegerat advocatus existens in curia". Qualifiche attinenti alle sue attività pratiche lo accompagneranno anche negli anni d'insegnamento: egli stesso si presenta quale "iudex", oltre che "canonici iuris professor", nel proemio alla Summa super officio advocationis. Sicché sarà possibile non esitare nel riferire a lui le testimonianze aretine d'un "Bonaguida advocatus" (Pasqui, doc. 596, p. 314), mentre lo si dovrà distinguere dall'omonimo arciprete della cattedrale attivo nello stesso giro d'anni.
Una contrapposizione dei due periodi in cui s'articola la sua vita non è sostenibile: l'attività d'advocatus nella Curia romana e gli ammaestramenti che ne trasse appaiono troppo radicati quali tratti della sua personalità di giurista, e troppo intimamente s'intrecciano nelPopera sua l'esigenza di chiarire la prassi nella riflessione e la necessità d'ampliar questa a casus speciales (reali, od anche ipotetici: cfr. l'inizio del Tract. de dispensationibus), perché si possa considerare la dimora romana una parentesi nella sua vita. Capitava a lui ciò che capitava a molti suoi coetanei, anche civilisti: passavano i primi ariru dopo la licentia dedicandosi ad attività pubbliche, spinti dai più vari motivi e nelle più diverse circostanze; poi tornavano, o giungevano, all'insegnamento. E non è detto che quelle attività li chiudessero nell'orizzonte breve d'una meccanica applicazione di dottrine apprese: il Diplovatazzi si fonda sulla testimonianza di Giovanni d'Andrea (già riferita) e vi ragiona su: "existens advocatus Rome recollegit plura ex quibus composuit quasdam glosas" (p. 154; non si dimentichi, "glossa" restava ancora la forma scientifica di trattazione). Il che, poi, vale ad istruire sulla fecondità dell'indirizzo di quei giuristi, cui Savigny dava giustamente il nome di pratici".
Il Barraclough (col. 939), opinando che B. rimanesse a Roma fino alla morte d'Innocenzo IV, proponeva di far iniziare l'insegnamento non prima del 1254: ma il documento utilizzato dal Pasqui (p. 294) non dovrebbe lasciar dubbi.
Nel 1251 B. era, dunque, già tornato da Roma ad Arezzo, dove esercitava l'ufficio di iudex, oltre a tenere la sua lectura Decretalium, e partecipava direttamente alla vita del Comune: membro attivo di parte guelfa, figura tra coloro che affidarono a due procuratori un mandato larghissimo per trattative con Firenze nell'agosto 1254 (Pasqui, doc. 583: Firenze, 25 agosto, p. 287). Il 16 febbr. 1255 i lettori dello Studio aretino ne stabilivano gli Ordinamenta: a fermare in scritto diritti e doveri di scolari e professori erano "onines magistri", vale a dire il corpo insegnante al completo, del quale faceva parte Bonaguida (Pasqui, doc. 585, pp. 291-293).
Erano otto in tutto, dei quali tre sicuramente grammatici o "fisici" (chiamati propriamente "magistri"), quattro o tre sicuramente giuristi (detti propriamente "domini": l'osservazione era già stata fatta dal Denifle. Il Pasqui ha migliorato l'ediz. Guazzesi, sulla quale si fondavano Savigny, III, Anh. VI, p. 671, e quindi Denifle, p. 425; quest'uffirno, avendo innanzi un testo non corretto, contava sette docenti): tra loro, Martino da Fano, eletto "rector" dai suoi colleghi, e Bonaguida.
Si ha notizia di B. ancora il 26 apr. 1256, quando i "Consiliari populi Aretii", insieme con gli Anziani, ratificano la pace conclusa con Firenze (Pasqui, doc. 596, p. 314); e l'11 maggio 1258, quando B. iudex è tra gli aretini convocati per eleggere un "sindicus" che vada a Firenze per trattar nuovamente la pace (Pasqui, doc. 610, p. 341).
Ignoti sono il luogo e la data di morte di Bonaguida.
La Summa introductoria super officio advocationis in foro ecclesiastico di B. è la prima opera processualistica d'ampio respiro seguita alla promulgazione del Liber Extra (edita dal Wunderlich nei suoi Anecdota, pp. 132-45). Il Barraclough, che ha tentato di risolvere il non facile problema della datazione delle opere di B., riprendendo l'esame dopo le ricerche del Wunderlich e dello Schulte e aggiungendo nuovi elementi di giudizio, pensa che la Summa fosse composta intorno al 1250 (coll. 936-938, con sostanziale convalida della datazione proposta dal Wunderlich, già respinta dallo Schulte).
Un'esposizione della prassi seguita nella Curia pontificia si trova nelle Consuetudines Curiae Romanae (edite dal Wahrmund), la opera che più da vicino riflette l'esperienza fatta da B. a Roma: fu composta sul finire del pontificato d'Innocenzo IV, verosimilmente nel 1253 o nel 1254 (Barraclough, coll. 938 s.).
Il Tractatus de dispensationibus, composto durante l'insegnamento aretino (quindi dopo il 1254, riteneva il Barraclough, coll. 939 s.; ma oggi dovrà tenersi presente anche il termine che può trarsi dal doc. del 1251), si legge fra i Tractatus universi iuris, XIV, Venetiis 1584, coll. 173rb-174vb.
Glosse alle Decretali gregoriane dovrebbero risalire non soltanto agli anni d'insegnamento, ma anche già al periodo romano (cfr. Giovanni d'Andrea, nel passo sul quale aveva attirato l'attenzione il Savigny, V, p. 506, e poi Diplovatazzi, p. 153; si deve pensare ad un'utilizzazione nelle glosse stese ad Arezzo d'altre glosse, che B. era venuto componendo a Roma nell'esercizio delle sue funzioni d'avvocato curiale). Lo Schulte ignorava se ne esistessero in manoscritti (pp: 112 s.); il Sella ha individuato in due codici vaticani sigle di Bonaguida (p. 9).
La Margarita o Gemma è un repertorio di questioni di diritto sostanziale e processuale, comprendente anche rinvii alla letteratura sui singoli punti, che segue le rubriche del Liber Extra e già era parso a Giovanni d'Andrea "satis utile, sed inordinatum". È compresa nella rara stampa lionese (1519) di Tractatus plurimorum doctorum, ff. 31-69.
Fonti e Bibl.: Th. Diplovatatii Liber de claris iuris consultis,pars posterior, a cura di F. Schulz, H. Kantorowicz, G. Rabotti, in Studia Gratiana, X (1968), pp. 153 s.; C. Gesner, Bibliotheca nniversalis, I, Tiguri 1545, f. 148v; Iohannis Baptistae de Caccialupis Tractatus de modo studendi in utroque iure, doc. V, in Vocabul. utriusque Iuris, Venetiis 1564, f. 241rb; Iohannis Andreae Additio ad G. Durandi Speculum iuris, I, 1, Augustae Taurinorum 1578, f. 3r (si può leggere anche in Savigny, III, Anh. II, B, pp. 636 s.); Id., In Quinque Decretalium libros Nouella Commentaria, Venetiis 1581, f. 2va; C. Malagola, Statuti delle Università e dei Collegi dello Studio bolognese, Bologna 1888, pp. 33, 35, 91, 94 (per la taxatio di opere di B.); U. Pasqui, Documenti per la st. della città di Arezzo, II, Codice diplomatico (an. 1180-1337), in Documenti di st. ital. pubbl. a e. della R. Deputaz. toscana sugli studi di st. patria, XIV, Firenze 1916, docc. 583, pp. 287-290; 585, pp. 291-293; 596, pp. 313-317; 610, pp. 339-342; G. Panziroli, De claris legum interpretibus, I. III, cap. 11, par. 19, Lipsiae 1721, p. 328; M. Sarti-M. Fattorini, De claris archigymn. Bononiens. professoribus, I, Bononiae 1888, p. 644; F. C. Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, III, Heidelberg 1834, pp. 636 s., 671; V, ibid. 1850, pp. 506-509; A. Wunderlich, Anecdota quae processum civileni spectant, Gottingae 1841, pp. 120-345 (prolegomeni a pp. 127-130); F. Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1877, pp. 110-113; H. Denifle, Die Entstehung der Universitäten des Mittelalters bis 1400, Berlin 1885, p. 425; E. Seckel, Beiträge zur Geschichte beider Rechte im Mittelalter, I, Tübingen 1898, p. 382; L. Wahrmund, Die Consuetudines Curiae Romanae, in Archiv für katholisches Kirchenrecht, LXXIX (1899), pp. 3-19; N. Tamassia, Avvocatura e milizia nell'impero romano, in Scritti di storia giuridica, I, Padova 1964, p. 235; B. Brugi, Il catalogo dei libri degli stazionarii negli Statuti dell'Università bolognese dei giuristi, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, V, 1920, pp. 12, 16, 40 (per le opere di B. inserite nel catalogo degli stationarii bolognesi); E. Besta, Fonti, in Storia del dirittoitaliano, a cura di P. Del Giudice, I, Milano 1925, pp. 841 s.; G. Barraclough, Bonaguida de Aretinis, in Dictionnaire de droit canonique, II, Paris 1937, coll. 934-940 (con ulteriore bibliografia); R. W. Carlyle-A. J. Carlyle, A history of mediaeval political theory in the West, V, Edinburgh-London 1928, p. 334; P. Sella, Sigle di giuristi medievali..., Bologna 1932, p. 9; A. Sorbelli, Storia della Univ. di Bologna, I, Bologna 1944, p. 195; G. Ermini, Storia della Università di Perugia, Bologna 1947, P. 90; G. Pilati, Chiesa e Stato nei primi quindici secoli, Roma 1961, p. 249; Ch. Lefebvre, in Histoire du droit et des institutions de l'Eglise en Occident, diretta da G. Le Bras, VII, L'âge classique, Paris 1965, pp. 214 n. 1, 314, 319, 321, 341 s., 514 n. 1; Enciclopedia cattolica, II, col. 1829; Novissimo Digesto Italiano, II, p. 499.