BONACOLSI, Guido, detto Bottesella
Nacque da Giovannino (Zoanino), figlio di Pinamonte, signore di Mantova, che negli anni tra il 1274 e il 1288 aveva ricoperto diverse volte la carica di podestà di Verona, alleata del padre sin dai primi giorni della sua signoria. Sua madre apparteneva alla famiglia dei Gonzaga, che aveva validamente appoggiato l'ascesa alla signoria di Pinamonte. Gli Annales Veronenses infatti, parlando del bando inilitto nel 1294 a Federico e Corradino Gonzaga, li qualificano espressamente come "avunculi" del B. e dei fratelli.
La lunga presenza a Verona aveva fruttato a Giovannino l'investitura di estese terre a Villimpenta, Poletto e Vallarsa da parte dell'abate di S. Zeno Pietro della Scala, che dopo la sua morte, avvenuta a Verona l'8 apr. 1288, furono riconfermate al B. e ai fratelli Berardo, Rainaldo e Bonaventura. I figli di Giovannino disponevano dunque di una solida base per dare un aiuto efficace allo zio Bardellone, quando questi, nel settembre del 1291, decise di rovesciare il governo del padre.
La decisione di Pinamonte di riservare la successione al figlio Tagino, con l'esclusione di tutti gli altri membri della sua numerosa famiglia, li aveva infatti delusi non meno di Bardellone stesso. Come si può desumere dagli avvenimenti successivi, alla ribellione del 29 sett. 1291 dovette precedere un accordo, in base al quale Bardellone, che non sembra aver avuto figli maschi, in cambio dell'aiuto prestatogli dai nipoti, promise di garantire la successione al nipote Guido.
In effetti, subito dopo la felice conclusione del colpo di mano che aveva tolto il potere a Pinamonte, il B. fu eletto podestà di Mantova e appare anche in seguito in una posizione eminente accanto allo zio Bardellone "rector perpetuus et capitaneus civitatis". Ciò risulta evidente nell'atto della pace conclusa il 27 maggio 1293 con Verona, dove il suo nome figura subito dopo quello del podestà e del capitano generale, Bardellone; ma è significativo anche il fatto che, dopo la morte di Pinamonte, avvenuta il 7 ott. 1293, il B. fu investito dalla Chiesa mantovana del vicariato di Suzzara, detenuto fino ad allora dal nonno (11 ottobre).
Tuttavia i rapporti tra il B. e lo zio cominciarono presto ad incrinarsi: non è noto per quale motivo, ma non dovettero mancare le solite gelosie e rivalità tra i vari membri della famiglia. I primi segni degli screzi si possono forse già cogliere nella liberazione di Tagino del luglio del 1294, incarcerato sin dal giorno della rivolta del 1291, e nella quasi contemporanea espulsione da Mantova degli zii del B., Federico e Corradino Gonzaga. Ma la rottura doveva essere ormai aperta, quando nel luglio del 1298 Bardellone richiamò dall'esilio il fratello Tagino con l'evidente intento di associarlo al governo al posto di Guido. Già mezz'anno dopo infatti, nel gennaio del 1299, furono confinati i seguaci del B. e probabilmente anche i suoi fratelli, sicuramente Rainaldo.
Il B. stesso trovò l'appoggio di Alberto I Della Scala signore di Verona. Anche se non sono noti i particolari dei suoi rapporti con lo Scaligero, è significativo che nella primavera del 1299 si creò una grave tensione tra Mantova e Verona, che indusse Bardellone e Tagino a concludere nel giugno un trattato di amicizia con il marchese Azzone VIII d'Este. Ma, con l'aiuto di truppe veronesi, il B., il 1º luglio 1299, si impadronì di Mantova, mettendo fine alla signoria dello zio BardelIone, che il giorno successivo, con un solenne atto, rinunciò al potere in favore del nipote.
Il giorno stesso della rinuncia di Bardellone fu emanata una legge, il famoso "Statutum factum pro capitaneatu domini Guidonis de Bonacolsis" (C. Cipolla, in Documenti... sec. XIII, pp. 334-336; E. Salzer, Ueber die Anfänge..., pp. 302 s.), che assicurava una sanzione ufficiale della signoria bonacolsiana e definiva tutti i singoli diritti del capitano. In esso al B. fu riconosciuta la facoltà di governare Mantova "ad suum merum, purum et liberum et generale arbitrium et voluntatem". Al capitano spettava il diritto di convocare il consiglio e gli Anziani (diritto del resto acquistato probabilmente già da Pinamonte), nonché la facoltà di servirsi di loro negli atti legislativi. Tutta la giurisdizione e il potere esecutivo stavano nelle sue mani ("banna ponere, absolvere et condemnationes tam reales quam personales facere et fieri facere, executioni mandare et mandari facere, exigere, tollere, absolvere et remittere..."), come pure il diritto di far guerra e pace e di nominare tutti i funzionari cittadini, in primo luogo il podestà. Si trattava dunque del più completo riconoscimento giuridico della signoria di fatto, che si era andata costituendo negli ultimi venticinque anni.
L'accordo con Alberto Della Scala fu sigillato, sei giorni dopo l'assunzione del potere da parte del B., dalla conclusione di una lega, nella quale lo Scaligero e il B., per sé e i suoi amici, "qui nunc regunt Comune Mantue et sunt Comune Mantue", si promisero amicizia reciproca, con la clausola di non offrire asilo ai rispettivi fuorusciti. Il 9 luglio Alberto ratificò la lega, e lo stesso giorno il B. sposò a Verona Costanza, figlia di Alberto e vedova di Obizzo d'Este. Le nozze furono celebrate il 19 luglio a Mantova alla presenza di Alberto, che in quell'occasione armò il B. cavaliere.
L'alleanza con gli Scaligeri rimase anche in seguito alla base di tutta l'attività politica del B. e fece buona prova soprattutto in occasione della grande guerra combattuta tra il 1305 e il 1308 contro il marchese Azzone d'Este. Ma dette i suoi primi frutti già nel 1301, quando Mantovani e Veronesi si unirono per una spedizione contro i duchi di Carinzia e conti del Tirolo, Ottone, Ludovico ed Enrico, la cui politica espansionistica non solo preoccupava i Veronesi, ma ledeva soprattutto gli interessi del vescovo di Trento, Filippo Bonacolsi, zio del B., al quale i duchi impedivano l'accesso alla diocesi. Il successo riportato dalle truppe alleate nell'estate del 1301 (erano riuscite a recuperare Riva e Rovereto) indusse finalmente i duchi e scendere a patti. Il 29 dic. 1301 fu conclusa la pace, nella quale i duchi si impegnarono a restituire a Filippo Bonacolsi i beni temporali del suo vescovato, e soprattutto la città e il castello di Trento.
Più complessi erano i motivi e lo svolgimento della guerra contro l'Estense, poiché le preoccupazioni per la sua crescente potenza si mescolavano alle rivalità interne ed esterne dei Comuni della Valle padana.
Primo motivo d'allarme fu il matrimonio di Azzone con Beatrice, figlia di Carlo II d'Angiò, che venne celebrato nell'aprile del 1305 e che comportava un ulteriore aumento del suo prestigio. Già nel maggio successivo il B. e Alboino Della Scala, succeduto al fratello Alberto nel 1304, conclusero una lega con Brescia, che non solo sanzionava l'amicizia fra i tre Comuni, ma prospettava anche la guerra contro i rispettivi nemici. Più esplicita ancora fu l'allenza stretta l'8 nov. 1305 tra il B., lo Scaligero e Giberto da Correggio, signore di Parma, che già in precedenza aveva inutilmente tentato di impadronirsi di Reggio, nelle cui clausole venivano stabiliti chiaramente gli obiettivi della lotta: guerra contro Azzone fino alla sua cacciata da Reggio, Modena e Ferrara; d'accordo era anche il Comune di Bologna, senza il cui consenso non si sarebbe potuta concludere la pace con il marchese.
Dopo le prime schermaglie (il B. aveva fatto un tentativo contro Gonzaga), nel gerinaio del 1306 si venne alla costituzione di una vasta coalizione contro Azzone d'Este, della quale facevano parte, oltre ai già menzionati Comuni di Mantova, Verona, Brescia, Parma e Bologna, anche i fuorusciti di Reggio e Modena e Francesco d'Este, in rotta con il fratello. Diversi accordi furono conclusi tra l'11 e il 15 gennaio, nel corso di un "parlamento" convocato dal B. a Mantova; infine la grande lega, assunto il nome di "Societas filiorum sacrosancte Romane Ecclesie", fu riconfermata a Bologna, l'11 febbraio successivo.
I primi successi ottenuti dagli alleati furono la ribellione di Modena e di Reggio, il 26 e il 27 genn. 1306, e l'occupazione di Reggiolo da parte del Bonacolsi. Ma le vere e proprie ostilità iniziarono solo nel luglio con una spedizione contro i territori del marchese delle truppe alleate al comando del B. e di Alboino Della Scala, nel corso della quale furono conquistati vari castelli, tra i quali Ficarola. Ma già nell'agosto le truppe si ritirarono per dirigersi verso nord, in aiuto di Matteo Visconti, contro Guido Della Torre. L'occupazione di Bergantino, avvenuta nell'ottobre seguente, concluse la prima fase della guerra.
La lotta riprese nell'estate successiva, dopo che il 14 marzo 1307, nel castello di Suzzara, "in domo nobilis et magnifici domini Guidonis de Bonacolsis", era stata rinnovata la lega dell'anno precedente, alla quale il 10 aprile si associarono anche i signori di Ravenna. Nell'agosto il B., insieme con i Parmensi, devastò il territorio di Cremona, alleata del marchese, ma si dovette ritirare, quando nel settembre Azzone si impadronì di Ostiglia, distruggendo anche la flotta padana dei Mantovani che si trovava a Serravalle.
La morte di Azzone, avvenuta il 31 genn. 1308, segnò anche la fine della guerra. Il suo erede, il figlio naturale Fresco, il 3 marzo 1308 concluse la pace con il B. e Alboino Della Scala, alla quale aderirono presto anche gli altri membri della lega.
La cacciata da Parma di Giberto da Correggio, l'antico alleato e parente del B. e dello Scaligero (due sue figlie erano sposate dal 1306 rispettivamente ad Alboino Della Scala e a Francesco Bonacolsi, figlio di Rainaldo e nipote del B.), provocò altre operazioni di guerra: il B. e lo Scaligero ancora nel marzo fecero un tentativo contro Parma per reintrodurvi il Correggio; conquistarono Guastalla, senza però ottenere il ritorno di Giberto. Pochi mesi dopo il B. intervenne nella lotta tra Cremona e Brescia in aiuto di quest'ultima.
Dopo più di nove anni di governo incontrastato, durante i quali Mantova era diventata un centro politico di straordinaria attività, il B., "considerans gravitatem persone sue", nominò il fratello Rainaldo detto Passerino suo vicario generale e successore. Era la prima volta che un Bonacolsi designava con un atto giuridico il proprio successore e, nonostante gli fosse riconosciuta dagli statuti ogni giurisdizione, il B. ritenne opportuno di sottoporre la decisione al consiglio generale, investito sempre del potere di eleggere il capitano. Il 3 nov. 1308 il consiglio approvò il provvedimento ed elesse Rainaldo capitano generale e perpetuo e "dominus" di Mantova. Si trattava comunque di un altro passo importante verso il riconoscimento della signoria ereditaria.
Il B. aveva fatto costruire accanto alla sua dimora, la Magna Domus, e con il denaro del Comune, un magnifico palazzo, il cosiddetto palazzo del capitano, che oggi fa parte del palazzo dei Gonzaga. Il 9 dic. 1308, gravemente ammalato, chiese al consiglio l'approvazione delle spese fatte per la costruzione, che ottenne il 15 dicembre seguente.
Morì poco dopo, il 24 genn. 1309.
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