BONACCORSO di Lapo (Bonaccorso di Lapo Giovanni)
Nacque a Firenze in data imprecisata, ma probabilmente non molto dopo il primo ventennio del sec. XIV, perché in un documento del 1388 viene detto assai vecchio. Residente nel quartiere di S. Croce, secondo il cronista Marchionne di Coppo Stefani apparteneva a "casa Pulci", ma nessun altro documento conferma questa notizia.
In città doveva essere molto conosciuto, se in una novella di un autore anonimo del tempo è riportato un aneddoto che lo riguarda: direttore di una grossa compagnia di mercanti, B. sarebbe stato gabbato da un avventuriero spacciatosi per uomo ricchissimo. Ma anche se si deve escludere che egli facesse parte della nota compagnia mercantile dei Buonaccorsi, B. svolse una proficua attività di manufatturiere. Era infatti immatricolato nell'arte della Lana, di cui fu per due volte console. Possedeva beni nel piviere di Decimo in Val di Greve, come risulta da un inventario del 1361.
Forse si deve identificare con lui quel Bonaccursus Lapi che nel 1365 si trovò ad Avignone come rappresentante dei Soderini. In quel periodo cominciò anche a prendere parte attiva alla politica della sua città natale come esponente della fazione oligarchica. Nel maggio del 1369 fu mandato come ambasciatore a Siena, dove doveva godere di ottima stima, come dimostrano i suoi frequenti contatti con quel Comune. Gonfaloniere nel 1371, l'anno successivo il suo nome è ricordato tra quei cittadini che, all'insaputa della Signoria, trattavano con gli ambasciatori senesi. A Siena B. tornò anche nel 1375, quando a Firenze era stato affidato il compito di stabilire le modalità della pace tra il Comune senese e la famiglia Salimbeni. Fu forse in quell'occasione che egli conobbe S. Caterina. La santa infatti, all'inizio di settembre del 1376, quando Firenze si trovava in aperta rottura con il pontefice e B. faceva parte del Collegio dei priori, gli indirizzò una lettera, esortandolo ad adoperarsi attivamente per la pace.
La posizione di B. in città cambiò nel 1378, anno del tumulto dei Ciompi: egli adesso, come tutti i potenti, venne tenuto d'Occhio e guardato con ostilità, senza essere costretto però in un primo momento ad abbandonare l'attività politica. Il 1º maggio 1378 fu eletto tra i Dodici buonuomini, che avevano l'incarico di assistere i priori nello svolgimento del loro ufficio, e, in tale qualità, il 18 giugno prese la parola contro Salvestro de' Medici, il gonfaloniere popolano, il quale proponeva di rimettere nuovamente in vigore gli Ordinamenti di giustizia contro i "grandi"; sempre come uno dei Dodici il 2 e il 6 luglio parlò nei Consigli, la prima volta su problemi di ordinaria amministrazione, la seconda per sostenere chiaramente un punto di vista antipopolare, "circa consolidationem civitatis" (Diario di anonimo fiorentino, p. 512). Le cose, però, per la ricca oligarchia cittadina si misero male e anche B. venne travolto: una prima volta la sua casa fu assalita e danneggiata dai Ciompi, una seconda volta fu addirittura distrutta (22 0 25 luglio) e B., assieme ai parenti, perse i diritti politici e fu mandato in esilio; tornò a Firenze solo dopo la morte di Giorgio Scali (gennaio 1382), quando ebbe termine il governo del popolo minuto. Nel frattempo, il 23 genn. 1380, la Signoria popolare l'aveva escluso ulteriormente dalla vita politica con l'iscrizione, assierne ad altri diciannove "popolani", nelle liste dei magnati.
Ai primi di febbraio del 1382 B. rientrò a Firenze, approfittando della definitiva caduta del governo popolare e, cogliendo l'occasione favorevole, organizzò, assieme ad altre vittime del tumulto, un complotto e il 15 febbraio entrò in una balia di quarantadue, tutti di nobile famiglia, che fecero nei Consigli proposte atte a riportare la città alla situazione anteriore al 1378. Ricominciò così l'attività politica di B., che nel dic. 1382 andò ambasciatore a Genova, per venire a un accomodarnento sulla questione dell'isola di Tenedo in cui era stata implicata anche Firenze; la controversia fu risolta e l'accordo sottoscritto a Genova il 20 dic. 1382 e ratificato a Firenze il 9 febbr. 1383. Da questo momento le ambascerie di B. si fanno sempre più frequenti: il 25 febbr. 1385 Signori e Collegi lo scelsero per rnandarlo a Siena; il 12 giugno 1386 lo troviarno a Napoli da dove tornò il 19 marzo 1387; il 18 genn. 1388 ritornò da Siena e ribadì l'amicizia tra questa città e Firenze. In quest'anno, tuttavia, assai più importanti sono le sue frequenti ambascerie al Signore di Milano Gian Galeazzo Visconti: in questo periodo la città temeva che il conte, dopo la conquista di Padova, volgesse le sue mire verso la Toscana e le missioni di B. avevano lo scopo di saggiare il terreno. Si recò una prima volta dal Visconti il 14 giugno 1388, per informarlo della partenza da Firenze di Antonio Della Scala; il 6 luglio tornò nuovamente alla corte viscontea con l'incarico di sollevare la questione di Siena, entrata nell'ambito della politica milanese. Ritornato a Firenze il 20 luglio, venne di nuovo inviato a Pavia alla fine di agosto; il 29 dello stesso mese fu eletto gonfaloniere, ma, essendo assente dalla città, fece giurare al posto suo un procuratore e solo l'8 settembre entrò in carica.
Ma nel frattempo l'oro del Visconti era riuscito a corromperlo. Per il prezzo di mille fiorini B. gli aveva rivelato importanti segreti diplomatici. Scoperto nel novembre del 1388, B. riuscì a fuggire a Siena. Fu condannato a morte in contumacia e il suo patrimonio confiscato. Visse a Siena con uno stipendio di 50 fiorini al mese che gli era stato concesso dal Visconti fino alla morte, avvenuta nel settembre del 1389.
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