BONA (Bône; A. T., 112)
Città e porto dell'Algeria orientale, nel dipartimento di Costantina, a 70 km. dal confine tunisino, a 36°53′58″ N. La città, situata in fondo al golfo dello stesso nome, in posizione ammirevole ai piedi del Djebel Edough dai fianchi ricoperti di sughereti, in mezzo a una pianura feracissima, considerata come uno dei più fiorenti giardini dell'Algeria, dotata di un clima mite e sufficientemente umido, occupa le adiacenze dell'antica Hippo Regius (Ippona) di cui si trovano le vaste rovine a 2 km. a SO. (v. sotto). Essa esisteva ancora nel sec. XI secondo la testimonianza di el-Bekrī; ma già al suo tempo si era formata una nuova città araba, che nel 1051 fu circondata da mura. Nel Medioevo ebbe attivo commercio con le repubbliche marinare italiane; poi decadde con la conquista turca. Occupata dai Francesi in modo definitivo nel 1832, la città cominciò a rinnovarsi e sorsero i nuovi quartieri europei a ponente dell'antico quartiere arabo da cui la divide un ampio viale. Il porto, di recente dragato e dotato di opere di difesa, moli e banchine, offre oggi un sicuro ormeggio alle navi.
Largamente provvista di tutte le comodità civili, istituti di istruzione, accademia, museo, ospedali, ecc., non presenta nulla di particolarmente interessante dal punto di vista artistico. Attivo ed intenso è il commercio, soprattutto di esportazione dei prodotti del suolo: granaglie, vino, legname e sughero, minerali di ferro e fosfati. È collegata da un servizio di navigazione diretto con Marsiglia; è stazione della ferrovia che la congiunge da un lato con Constantina ed Algeri e Philippeville, dall'altro con Tunisi. La popolazione della città, più che raddoppiata negli ultimi 50 anni, conta oggi 52.000 ab. (31.000 Europei dei quali circa 1/3 Italiani), onde è per popolazione la 4ª città dell'Algeria. Vi è una Camera di commercio e un vice consolato italiano.
La città antica (Hippo Regius, Ippona). - Il posto dove si trovava la città antica è a 2 km. in direzione sud-ovest da Bona. La località è una pianura, dominata da due poggi e costeggiata a est dal corso inferiore del Ouedi Seybouse, che in tempi antichi sboccava, sotto il nome di Ubus, nel Mediterraneo, 7 km. più a est del suo sbocco attuale. Non si sa quando e in che modo si sia compiuto questo cambiamento. Il luogo non era troppo sano: nell'estate vi infierivano le febbri.
I Fenici già in tempi antichi vi fondarono una colonia, dietro la quale si stendeva una fertile regione. La lingua punica vi era diffusa; e ancora al principio del sec. V dell'era nostra essa veniva usata nelle campagne circostanti. Il nome di Hippo Regius, attestato fin dai tempi di Giulio Cesare, non è una prova, come si era creduto fin dall'antichità, che la città avesse servito di capitale ai re indigeni: distinguendola dalla sua omonima Hippo Diarrhytus (Biserta), probabilmente questo nome indicava unicamente che essa aveva appartenuto al regno della Numidia (dopo essere stata sottratta alla sovranità di Cartagine, senza dubbio verso la fine del sec. III), mentre Hippo Diarrhytus faceva parte della provincia romana costituita nel 146 a. C.
Nel 46 Metello Scipione, generale in capo dei Pompeiani, attraversando il mare, mentre fuggiva in Spagna dopo la disfatta di Tapso, fu costretto dalla tempesta a rifugiarsi nel porto di Ippona, che trovò occupato dalla flotta nemica, e dove si uccise. Subito dopo Ippona fu incorporata nella nuova provincia che Giulio Cesare creò nel territorio del regno di Numidia. Augusto ne fece un municipio romano; il quale, al più tardi sotto Traiano, ricevette il titolo di colonia. Città fiorente, possedeva un territorio molto vasto, che si stendeva per 30-60 km. al di là delle sue mura. Serviva di residenza ad uno dei tre legati del proconsole d'Africa ed era anche capoluogo di una circoscrizione demaniale.
Al tempo delle persecuzioni cristiane la chiesa di Ippona ebbe i suoi martiri: uno o due dei suoi vescovi, un gruppo di 8 cristiani, un altro gruppo di 20. Nel sec. IV gli scismatici donatisti vi erano più numerosi dei cattolici. Ma con sant'Agostino (v.) Ippona divenne il vero centro morale del cattolicismo africano, e vi furono tenuti dei concilî, nel 393 e nel 427.
La città era in quel tempo investita dai Vandali e difesa dal conte Bonifazio, pentito di aver chiamato i barbari in Africa. Dopo 14 mesi di assedio Ippona fu sgombrata, e i Vandali ne presero possesso. A quanto pare il loro re Genserico vi avrebbe risieduto fino all'anno 439, quando conquistò Cartagine. Belisario, il generale di Giustiniano, la rioccupò nel 533 dopo la sua vittoria sui Vandali. Sede vescovile, luogo di guarnigione, Ippona conservò una certa importanza sotto la dominazione bizantina. In età musulmana la città fu poi abbandonata e fu sostituita da Bona.
Il suolo di Ippona Regia è in gran parte libero da costruzioni moderne. Quindi vi si potranno eseguire scavi estesi e promettenti secondo un programma complessivo, la cui effettuazione sembra prossima, come anche il riordinamento del museo locale di antichità. Una quarantina d'anni or sono vi furono restaurate delle vaste cisterne romane; alcune rovine di grande importanza appartengono a terme, costruite sotto Caracalla; si è cominciato a scavarle e vi sono state trovate alcune belle statue. Un lungo muro costruito in pietre enormi è stato prima giudicato un avanzo dell'epoca fenicia; ma, certo, non è anteriore alla dominazione romana; non si sa a che cosa servisse. In alcune ricche abitazioni sono stati esumati mosaici, alcuni di grande valore artistico; soprattutto una caccia al leone e alla pantera, e una Venere marina accompagnata da Tritoni e da Nereidi (v. figura).
Bibl.: S. Gsell, Atlas archéologique de l'Algérie, foglio 9, n° 59 e aggiunte; Dessau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, coll. 2627-28; S. Gsell, Histoire ancienne de l'Afrique du Nord, Parigi 1913 segg., I, pp. 362-63; II, pp. 149-151; III, p. 51, 205-07; IV, p. 271; V, p. 248; VIII, p. 151; J. Mesnage, L'Afrique chrétienne, Parigi 1912, pp. 263-67; S. Gsell, Inscriptions latines de L'Algérie, I, Parigi 1922, pp. 1-9 e 393; F. G. de Pachtère, in Mélanges de l'École française de Rome, XXXI (1911), pp. 321-347; id., in Inventaire des mosaïques de la Gaule et de l'Afrique, III (Algérie), pp. 9-15; E. Marec, Les nouvelles fouilles d'Hippone, Bona 1927.