BONA da Pisa, santa
Nacque a Pisa, nel borgo di Chinzica, da madre corsa, Berta, e da padre pisano, Bernardo, intorno alla metà del secolo XII (la data tradizionale è il 1156, e trova una vaga conferma nell'età attribuita alla santa -"cinquanta e più anni" - nel racconto di un miracolo da lei compiuto verso la fine della vita, che è contenuto in una delle antiche biografie: cfr. Acta Sanctorum, p. 157).
Le più antiche Vite di B. sono comprese in una raccolta agiografica trecentesca nel codice C 181 della Biblioteca Capitolare di Pisa, ai ff. 38r-48v (testo che designamo con B) e ai ff. 107r-121v (testo A).
Nel testo B, ancora inedito, sono da distinguere tre narrazioni. La più importante - che designamo con B2 - costituisce una vita organica e integra, articolata nelle tre parti della formula agiografica tradizionale (vita, morte, miracoli). Quelle che designamo con B1 e B3 costituiscono due nuclei, mutilo in fine l'uno, all'inizio il secondo. Il primo si interrompe all'episodio di Cristo che promette alla santa una numerosa figliolanza spirituale (A, 13 e B2, 6) per concludere con una rapida notizia sulla morte; l'altro racconta alcuni miracoli compiuti in vita (25-28), la morte (29) e una serie di miracoli postumi (30-38). Il codice della Capitolare li trascrive inserendoli rispettivamente come prologo e come parte integrante della terza sezione (sui miracoli) della narrazione B2.
L'anonimo autore del testo A è un canonico agostiniano vivente in Pisa: commenta gli episodi che narra con rilievi ascetici e di costume, pone in evidenza i legami della santa con gli agostiniani di S. Martino in Chinzica (Giovanni, Marco, Vitale, ecc.), narra molti prodigi a favore di naviganti in pericolo di naufragio. L'autore del testo B2 appartiene ai benedettini scalzi o pulsanesi: vive in territorio di Lucca, sottolinea i rapporti di B. con gli scalzi di S. Michele in Orticaia (Simone, Paolo, ecc.) e le loro chiese pisane, racconta parecchi miracoli a favore di Lucchesi e nessuno dei prodigi operati in mare: dei quali ne compare uno solo in B3, 38.
Ambedue gli autori scrivono all'incirca cinquant'anni dopo la morte della santa, utilizzando fonti comuni e altre particolari: in molti punti concordano fino ai dettagli più minuti, in alcuni si contraddicono palesemente. L'autore del testo A dichiara di cogliere alcuni episodi dalla voce di don Gerardo, canonico agostiniano (43 e 52), Così come quello del testo B3 dice di avere informazioni da un confratello pulsanese di nome Andrea (30). L'autore di B2 lavora su materiali raccolti da don Paolo, prima monaco di S. Michele in Orticaia e poi abate di S. Michele in Guamo (Capannori, Lucca): lo dimostra la parte notevole che l'abate pulsanese occupa negli episodi biografici e nella classificazione dei miracoli, distinti secondo che egli ne fosse testimone oculare (11-21) o auricolare (22-24). Secondo A, 46 e B2, 21, don Paolo già si preoccupava di raccogliere per scritto le opere e i miracoli della santa prima ancora che ella morisse.
Secondo le fonti agiografiche, B. aveva tre anni quando, insieme con la madre, fu abbandonata dal padre, che partì oltremare, dove aveva figli da altra moglie, per non fare mai più ritorno.
Le due Vite concordano nel modellare la biografia di B. sul modulo agiografico della santa bambina ("ut Christum parvulum parvula sequeretur": B2, 2), che fin da piccina avrebbe dormito in un letto di paglia come Gesù nel presepe (B2, 2) e a sette anni avrebbe usato il cilicio e praticato digiuni e altre austerità (A, 4). Secondo queste Vite già allora Cristo le appariva e le parlava frequentemente, insieme con la Madonna e s. Giacomo. Secondo la Vita A, ella sarebbe stata accolta come oblata (o terziaria) agostiniana appena decenne, grazie all'intervento di un sacerdote di nome Giovanni a cui un angelo aveva annunciato, appena avvenuta, la sua nascita, invitandolo a recarsi da Parigi - dove allora si trovava per studiare - a Pisa, per farsi canonico a S. Martino in Chinzica, ed ivi assumere la custodia della fanciulla. Nell'episodio si intrecciano visibilmente i due temi agiografici dell'imitazione di Gesù Bambino (annunzio angelico della nascita) con quello della imitazione di Maria Vergine ("raccomandata" da Cristo all'apostolo Giovanni): tema, quest'ultimo, che ritornerà con grande rilievo nell'episodio dell'annunciazione fatta a B. da Cristo della sua maternità spirituale. Secondo la Vita B, solo più tardi, dopo il ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, B. avrebbe lasciato la madre per rivestire il mantello da oblata, vivendo sola, in una casa presso S. Martino in Chinzica, e guadagnandosi il pane con il lavoro manuale, ossia con la filatura.
Le fonti agiografiche narrano che B. a tredici anni (B1, 15 e B2, 4 dicono rispettivamente undici e dodici) si sarebbe recata pellegrina in Terra Santa, avendo saputo per rivelazione divina che là si trovava suo padre Bernardo: non sarebbe riuscita però a vederlo, per il disinteresse del genitore e per le minacce dei tre figli che Bernardo aveva laggiù: uno dei quali, il più ostile, era patriarca di Gerusalemme (ma secondo B1, 17 e B2, 5 il patriarca non era fratello, bensì "avunculus sive patruus" della giovinetta). Dopo un periodo di nove mesi (secondo la versione di A, 12) o nove anni (secondo quella di B2, 5) trascorsi in visite ai luoghi santi e in solitudine sotto la guida spirituale dell'eremita Ubaldo, avrebbe avuto da Cristo l'invito a tornare in patria, dove avrebbe avuto una moltitudine di figli spirituali. Ma prima di imbarcarsi sarebbe caduta prigioniera di Saraceni, da cui la avrebbero liberata alcuni mercanti suoi compatrioti.
In Pisa la promessa di Cristo ebbe compimento e la personalità della giovane assunse la sua piena fisionomia. Pur vivendo del proprio lavoro materiale, B. coltivava la contemplazione e la carità ("Domino in paupertate serviens, pauperibus et infirmix libenti animo serviebit" B2, 7). Dotata di poteri taumaturgici, guariva malati e salvava naviganti; conosceva i segreti più intimi di quanti erano afflitti o tentati dal male e li portava alla "piena. consolazione" (B2, 7). Molti la seguivano considerandola madre e maestra (B2, 7 e 9): "non solum religiosi, verum etiam, clerici. layci, mulieres et virgines, seniores cum iunioribus" (B2, 7).
Nonostante il suo corpo fosse sempre malato (di febbri croniche ed emottisi, che A, 16 attribuisce a ferita toracica - "ad instar Christi, in latere vulnus" - infertale da un saraceno durante la prigionia), B. amava affrontare le fatiche dei pellegrinaggi: ne compì alcuni a Roma e a San Michele nel Gargano, nove a San Giacomo di Compostella (le fonti parlano di suoi viaggi in stato di levitazione).
La devozione di B. al santuario dell'apostolo portò alla costruzione della chiesa e del monastero di S. Iacopo al Poggio, sulla via che congiunge Pisa con Ponte a Serchio, donde i pellegrini raggiungevano la via Francigena. Gli eruditi locali parlano del monastero di S. Iacopo "fondato da s. Bona" (E. Tolaini, Forma Pisarum, Pisa 1967, p. 85, n. 180); le "leggende" non offrono in proposito testimonianze chiare e concordi: secondo la vita A, 17, la chiesa fu costruita da una povera donna del luogo, che ebbe da B. il consiglio, il disegno e un contributo di lavoro; secondo B2, 7, il monastero fu eretto da don Simone, abate di S. Martino in Orticaia, per incoraggiamento della santa. Ma A, che parla di una successiva costruzione di case annesse all'oratorio, non parla del monastero, mentre la VitaB non accenna alle origini della chiesa.
B. morì il 29 maggio 1207: tale data è indicata concordemente dalle narrazioni del gruppo B.
L'anonimo autore della Vita A (c. 54) discorda solo apparentemente, indicando il 1208; a differenza della redazione B che, sorta in territorio lucchese, adotta lo stile della Natività (che coincide, per il mese di maggio, con l'uso moderno), egli segue evidentemente lo stile pisano dell'Incarnazione (che anticipa sull'uso moderno per lo stesso mese). Questo è confermato anche dalla notizia di B2, 9, che colloca la cerimonia della sepoltura nella solennità dell'Ascensione: e solo nel 1207 tale festività cade in giorno posteriore alla morte della santa (ossia al 31 maggio, mentre per il 1208 cadrebbe al 15 maggio).
Seppellito nella chiesa di S. Martino in Chinzica, il corpo di B. fu riesumato almeno tre volte. Il sarcofago in cui fu custodito fra il sec. XIV e il 1742 (oggi al Camposanto di Pisa) è di epoca romana (l'effigie giovanile che esso porta non ha dunque nulla a che fare con l'iconografia della santa, come è stato invece tradizionalmente ritenuto). Un'iscrizione sepolcrale del tardo Duecento (anche questa al Camposanto di Pisa) attesta l'esistenza di una confraternita di s. Bona.
Il 2 marzo 1962 la santa "pellegrina" fu da papa Giovanni XXIII dichiarata patrona delle assistenti di viaggio italiane.
Fonti e Bibl.: Le citazioni dal codice Capitolare C 181 rimandano ai capitoli così come li enumererà la mia edizione. Il testo A è pubblicato in Acta Sanctorum Maii, VII, Antverpiae 1688, pp. 144 ss.; v. anche S. Bona vergine pisana. Versione della sua Vita pubblicata negli Acta Sanctorum, a cura dell'Opera Pia Cottolengo, S. Iacopo, Pisa 1939. Note e narrazioni in G. Sainati, Vite di santi e beati pisani, Pisa 1859, pp. 132-149; A. Destantins, S. Bona vergine pisana, Pisa 1909; C. Fedeli, La vestizione di s.Bona, Pisa 1917; F. Bartorelli, Santa Bona da Pisa, Bari 1960 (si limita a narrare i mirabilia della Vita A così come appare negli Acta Sanctorum e nella versione anonima del 1939); Bibliotheca Sanctorum, III, pp. 234-237.