BOMBARDA
. Nome collettivo di tutte le prime armi da fuoco, che si cominciarono a usare tra la fine del'200 e il principio del secolo seguente; e anche: nome di una specie di arma da fuoco (dalla manesca alla grossa) di ferro battuto, o di ferro colato, o di rame, o di bronzo, che aveva forma di tutto, e si componeva di due parti, delle quali si diceva tromba l'anteriore e cannone la posteriore. Queste sono le definizioni generali che dànno l'Angelucci e il Guglielmotti, mentre la Crusca e il Grassi vorrebbero che nell'antica milizia italiana, e prima dell'invenzione della polvere, si desse il nome di bombarda a una macchina militare con la quale si lanciavano grosse pietre, saette e più spesso fuochi artificiali. Ma tale estensione della definizione è erronea né si trovano testi che la suffragano.
Bombarda e schioppo sono due armi che portano nel nome la indicazione del genere e della specie loro. La bombarda fu spesso dagli scrittori antichi confusa con lo schioppo, col qu̇ale ebbe comune l'origine ma dal quale va distinta in quanto che la bombarda, contrariamente allo schioppo, è un'arma da fuoco "da posta" non portatile con facilità e sempre sorretta, tenuta, fissata per mezzo di un'armatura speciale, che si chiama letto, culla, affusto, ecc.
La prima volta che s'incontra la parola bombarda in documenti italiani è in una cronaca di Brescia dell'anno 1311 di Bartolomeo da Ferrara (Muratori, Rer. Ital. Script., XXIV, col. 722) e Giovanni Villani usò la parola bombarda a proposito delle armi da fuoco che gl'Inglesi misero in campo per la prima volta alla battaglia di Crécy nel 1346. E di altre bombarde si trova menzione in documenti e cronache del'300: ricorderemo le cinquecento, lunghe ciascuna una spanna (circa m. 0,22) fatte fare dal comune di Perugia nel 1364 (Graziani, Cronica).
A queste bombarde si può credere appartenga quella che fa parte della raccolta De Minicis da Fermo: è di ferro battuto, fatta in maniera di tromba, con un prolungamento dalla culatta per fissare l'arma su un manico.
Ma non è questo il più antico cimelio delle artiglierie italiane del secolo XIV, perché è da tenere il massimo conto della famosa bombarda-mortaio o vaso-cannone, come è variamente nominata, descritta nell'opera del D'Arco (Nuovi studi intorno all'economia politica nel municipio di Mantova) e già dal D'Arco posseduta.
Contemporaneamente si hanno documenti italiani e forestieri che parlano di bocche da fuoco non manesche senza dar loro il nome di bombarda. Col perfezionarsi delle armi da fuoco, col loro diffondersi e moltiplicarsi in forme diverse, l'antico nome di bombarda, dapprima generale a tutte le artiglierie non manesche, rimase particolare ad una specie di esse.
Le prime armi da fuoco, schioppi e bombarde, furono ad avancarica. Erano canne di ferro, di bronzo, di rame, più o meno grosse sia tenute a mano sia portate in spalla, talora disposte su fusti, ceppi o cavalletti di legno e talvolta su piccoli carretti; esse traevano, per effetto dello scoppio della polvere, aste e saettoni di ferro, che presto furono sostituiti da palle di piombo, di stagno, di bronzo per le armi minori e da palle di pietra per quelle maggiori. Il ferro per gli schioppi e per le bombarde poteva essere battuto, oppure colato o fuso (specie di ghisa); allorché s'adoperava il ferro battuto, la bombarda, specialmente se era di piccolo calibro, poteva essere fatta di una sola lamiera ripiegata a cilindro, saldata o ribadita lungo i bordi e fasciata di lamine di ferro, perché il cilindro non si aprisse; se la bombarda era di calibro grande si formava di varie strisce, o verghe quadre, disposte alla stessa guisa delle doghe di un bigoncio, saldate insieme e rafforzate all'esterno da cerchi; oppure si usavano i due modi insieme; cioè un primo tubo interno (anima del pezzo), poi fuori e attorno le doghe, e, sulle doghe, le cerchiature di collegamento.
Le prime bombarde furono tutte d'un pezzo, per quanto alcune fossero costituite da numerosi elementi come tubi, doghe, cerchi; ma quando si volle aumentarne il calibro e la portata e diminuire in pari tempo le difficoltà del trasporto, si fecero in due pezzi, un pezzo anteriore che si disse tromba, uno posteriore che si disse cannone, o coda o mascolo. E ancora, proseguendosi nell'aumento delle dimensioni, la tromba fu a sua volta fatta di più pezzi i quali s'infilavano e si avvitavano di seguito l'uno all'altro. A vincere la resistenza nell'avvitare e svitare gli elementi che costituivano la bombarda servivano stanghe che agivano negl'intacchi di una specie di fascia a denti, posta all'estremità di ciascun elemento. Per le bombarde minori, invece, la manovra del cannone o coda, si faceva di solito a mano. Esso si adattava alla tromba, contro la sua faccia posteriore, e vi era mantenuto a forzamento per mezzo di cunei, o di un cuneo solo, il quale faceva contrasto dalla parte opposta alla tromba contro una parete rivoltata dell'affusto o cassa, robustissima, oppure contro un'appendice fissata alla bombarda e detta braga.
La braga dette nome anche all'arma cui era annessa, cioè "bombarda a braga" e più specialmente "bombardella a braga" per la quale era indispensabile il mascolo (v. bombardella). Finalmente, quando la tromba era molto corta e di grande diametro, qualche volta anche incampanata, l'artiglieria dicevasi bombarda-mortaio.
Tra le molte bombarde conservate in varî musei la figura rappresenta alcuni degli esemplari più caratteristici.
Il modo di accullamento delle bombarde fu vario e seguì il progetto di fabbricazione degli affusti e delle bombarde stesse. Le prime e le più piccole furono a teniere o affustino a mano o a spalla; poi vi furono affusti a cassa per le bombarde maggiori e durarono per più e più anni; contemporaneamente si ebbero anche tentativi di affusti a ruote con i quali si faceva un rudimentale puntamento in direzione; si ebbero affusti a sospensione, affusti a scaletta, quindi a ruota e coda (v. affusto).
Le bombarde-mortai erano caricate dalla bocca; quelle a tromba e cannone erano a retrocarica o ad avancarica secondo la loro grandezza e perciò secondo il peso del cannone. Ma la retrocarica si presenta come una conseguenza dello spezzamento in due delle armi ingrandite e appesantite, e con criterio ben diverso da quello che ha condotto alla retrocarica nelle armi moderne. Nelle bombarde a retrocarica il cannone (o mascolo) si adattava alla tromba (e contro alla faccia posteriore di questa si manteneva forzato con cunei) dopo di avere convenientemente disposta la carica (v. artiglieria: storia).
La polvere usata generalmente era da quattro, asso e asso (cioè 4 parti di salnitro, 1 di zolfo ed 1 di carbone); s'innescava il focone con polvere più vivace (da sei, asso, asso) e si avvicinava all'innesco una bacchetta di ferro uncinata, ed arroventata all'uncino. Ciò obbligava a tenere in prossimità delle bombarde un fornelletto con carboni accesi; ma questo grave inconveniente fu più tardi eliminato con l'adozione della corda cotta o miccia.
Quando invece il cannone era abbastanza leggiero da poterlo manovrare con facilità, si caricava con la polvere e col coccone come si è detto per la bombarda unita; s'introduceva la palla nella tromba per la parte posteriore, si adattava il cannone alla tromba a forzamento coi cunei, e s'innescava e accendeva la polvere col procedimento solito.
L'operazione dell'assettamento della palla, nel caso della retrocarica di bombarde medie e piccole, non era semplice; doveva essere investita in un mazzetto di 3 0 4 cordicelle, annodate a un estremo (detto garoffalo o sfilaccetto) col nodo voltato verso la bocca o volata del pezzo e facendo restare fuori della culatta della tromba circa un palmo delle cordicelle; indi si metteva il cannone o mascolo, caricato con la polvere e col suo coccone, e si tiravano le funicelle affinché la palla venisse ad aderire bene al coccone del mascolo; dopo di ciò si assicurava il mascolo alla tromba, facendolo contrastare con la culla o affusto, che aveva una parte importantissima nella statica di tutto il pezzo, sotto l'effetto del tiro (v. affusto).
Le bombarde raggiunsero dimensioni e pesi straordinarî: lanciavano proietti di pietra di peso enorme, fasci di verrettoni, fuochi artificiali e bigonci di forma adattata all'anima e pieni di sassi o di dadi di ferro, lanterne, canestre, borse, sacchetti di pietre.
Siena nel 1478 aveva una bombarda con la tromba di 14.000 libbre di peso e la coda (cannone) di libbre 11.000, in tutto 25.000 libbre (circa kg. 8435) e traente palla di 370 a 380 libbre di pietra (kg. 129); il papa ne aveva una lunga 6 braccia e 1/2 (m. 3,789) che traeva palla di 340 libbre (kg. 115). Si ebbero anche, presso alcuni stati, bombarde traenti proietti da 500 libbre (kg. 169,50) come scrive il Sanuto; lo Stella scrive di libbre 900 circa, cioè 6 cantara genovesi (kg. 305); nell'Itinerario di Santo Brasca si legge che i Turchi batterono Rodi con palle aventi 11 palmi di circonferenza, vale a dire m. 0,76 di diametro, il che porta il peso enorme di palla di kg. 645.
L'uso d'inchiodare le bombarde è assai antico. L'Angelucci scrive che non si tardò a trovare modo d'impedire questo danno facendovi un copri-focone, il quale si serrava a chiave, e riporta frammenti di documenti che accennano a ciò; ma forse quest'opinione non è da accettare. S'inchiodava e s'inchioda l'artiglieria per non abbandonarla servibile in mano al nemico; ed il coprifocone tenuto fermo a chiave da coloro i quali possedevano l'artiglieria, serviva per il tempo di pace, per impedire che avvenissero guasti accidentali al focone o vi fossero fatti da qualche male intenzionato.
Durante la guerra mondiale del 1914-18, e specialmente per il largo impiego di trincee e di difese accessorie (reticolati), accanto all'artiglieria, spuntarono, come un ritorno a vecchie bocche da fuoco, le bombarde, che rapidamente si diffusero presso tutti gli eserciti belligeranti, costituendo una speciale arma, più economica dell'artiglieria propriamente detta e più adatta per la guerra da trincea. Queste moderne bombarde hanno avuto un grande peso nella risoluzione delle azioni offensive contro le fronti trincerate, e probabilmente saranno usate anche in avvenire, accanto alle più complesse artiglierie.
I Tedeschi avevano previsto l'impiego di armi destinate specialmente a lanciare grandi cariche di esplosivo da breve distanza contro le opere avversarie (Minenwerfer), e le portarono in campo appena la guerra, nel 1914, si stabilizzò. I Francesi dovettero affrettarsi a seguire l'esempio; e già nell'autunno di quell'anno iniziarono studî e costruzioni per provvedersi di una vera artiglieria da trincea (artillerie de tranchée). Dapprima sulla traccia dei Francesi (estate e autunno del 1915), poi di sua piena iniziativa, anche l'esercito italiano, fronteggiante un nemico protetto da linee di grande resistenza, fu costretto a disporre di una poderosa artiglieria da trincea, e costruì successivamente varî tipi di bombarde sempre più potenti, e organizzò uno speciale corpo di truppa detto dei "bombardieri". Le bombarde devono rispondere essenzialmente ai seguenti criterî:
a) costruzione del materiale rapida ed economica; maneggio e impiego molto semplice; agevole trasporto in prima linea;
b) proietti (bombe) anch'essi di costruzione rapida ed economica, di grande capacità per contenere potenti cariche di esplosivo (v. bomba);
c) affusti bassi e senza ruote, con rozze piattaforme scomponibili, tali da consentire postazioni interrate e mascherate.
Sono costituite da una bocca da fuoco (pezzo) ad anima liscia, ad avancarica, incavalcata su un semplice e basso affusto a fiancate, appoggiante su una piattaforma di tavoloni o travetti di legno. I pesi unitarî delle varie parti del materiale sono relativamente piccoli, in modo che la bombarda e le sue parti annesse, scomposte in elementi, possano facilmente essere trasportate a braccia ed installate senza movimenti troppo appariscenti in trincee o postazioni di prima linea, talora, per le più piccole bombarde, anche innanzi alle stesse linee di fanteria.
Durante la guerra del 1915-18 furono organizzate ed armate dall'esercito italiano circa 300 batterie di bombarde che trovarono impiego su tutta la fronte dalla piana dell'Isonzo sino alle più alte montagne delle Giudicarie. Dopo la guerra, in Italia le bombarde non formano più armamento organico di unità già ordinate o prestabilite. Alcuni eserciti, come p. es. quello germanico, hanno invece conservato piccole unità di bombarde, assegnate alle divisioni di fanteria, con lo scopo di poter disporre di bocche da fuoco di impiego particolarmente adatto alla prima linea, e capaci di scalzare, con potenti cariche esplosive, punti o linee di speciale resistenza, organizzati dall'avversario e che difficilmente potrebbero essere battuti dalle altre bocche da fuoco.
Qui di seguito si riportano i dati principali relativi alle bombarde italiane che hanno avuto impiego più largo ed azione più efficace durante la guerra mondiale.
Bombarda da 50 mm. (tipo Ansaldo). - D'acciaio, con affustino a deformazione, chiuso in una cassa di lamiera circolare, che si affonda nel terreno. Peso complessivo (del pezzo, affusto e sottaffusto) 200 kg. Lancia fino a 350 metri una bomba a forma di pera, munita di un codolo cilindrico (che entra nella bombarda, mentre la bomba ne resta da fuori) e di una coppa stabilizzatrice (invece di alette). La bomba pesa 20 kg. e contiene 3,5 kg. di esplosivo (nitramite).
Bombarda da 58 B. - D'acciaio, con affusto rigido di un sol pezzo ed a base circolare, su una piattaforma in lamiera di ferro. Peso complessivo 208 kg. Lancia fino a 400 metri una bomba di 16 kg. con 6 kg. di esplosivo (sabulite), munita di codolo e di tre alette.
Bombarda da 58 A. - D'acciaio, con affusto scomponibile diviso in due fiancate, su una piattaforma di ferro, che appoggia a sua volta su un paiolo formato di tre traverse di legno. Peso complessivo 468 kg. Lancia bombe di peso vario, tra i 16 e 45 kg. fino a distanze (rispettivamente) di 650 e 450 metri. Le bombe sono munite di codolo e di tre alette d'impennaggio, e contengono da 6 a 9 kg. di esplosivo (sabulite oppure echo).
Bombarda da 240 mm. - D'acciaio, calibro di tipi varî (tipo C, cioè corta; tipo L, cioè lunga; tipo A, cioè allungabile a volontà con l'aggiunta di un elemento di tubo, che consente gittate notevolmente maggiori). I dati seguenti si riferiscono alla bombarda da 240 L, che è stata la più usata sulla fronte italiana. È provvista di un affusto rigido di un solo pezzo con perno di rotazione che consente il tiro in tutte le direzioni, e con congegno a dentiera per l'elevazione. L'affusto ruota su una piattaforma che a sua volta appoggia su un paiolo di traverse di legno. Peso complessivo del materiale di un pezzo 1818 kg. Alcune bombarde sono a retrocarica per la sola carica, ma sempre ad avancarica per il proietto. Le bombarde da 240 lanciano bombe di circa 70 kg. di peso con circa 30 kg. di carica interna, munite di alette, sino a circa 2000 metri di distanza. A differenza delle bombarde prima ricordate, la bomba entra completamente nella cavità della bocca da fuoco.
In numero molto minore delle precedenti furono impiegati dall'esercito italiano durante la guerra mondiale altri tipi di bombarda, quali quelle da 340 mm. (che lanciano fino a circa 2000 metri bombe di circa 200 kg.) e quelle, le più grandi impiegate da tutti gli eserciti, da 400 mm. (lunghe circa 5 metri, con tubo composto di tre elementi successivi, che lanciano fino a 4000 metri una bomba di circa 260 kg., con carica di un quintale di esplosivo).