BOLLO (VII, p. 326)
Le crescenti esigenze finanziarie dello stato e la diminuzione del potere di acquisto della lira hanno indotto il governo a rimaneggiare più volte il testo unico del 30 dicembre 1923, n. 3268 tuttora in vigore, sia con successivi aumenti della tariffa, sia con particolari modifiche della parte normativa.
Fra i provvedimenti diretti ad aumentare la tariffa vanno ricordati i decreti legge 1° marzo 1945, n. 89 e 11 aprile 1947, n. 242. Fra quelli diretti invece a modificare il regime del tributo merita di essere segnalato (oltre la legge 5 dicembre 1933, n. 1663, sulla cambiale, legge che in deroga all'art. 48 del testo unico stabilisce che la insufficienza del bollo non priva il documento di tutti i suoi effetti cambiarî ma solo dell'efficacia di titolo esecutivo) il r. decr. legge 26 settembre 1935, n. 1749. Questo decreto ha assoggettato a una speciale imposta di bollo tutti gli atti e i documenti relativi a movimenti di merci, danaro, titoli e valori, fra la casa madre di una ditta commerciale e le filiali o tra le filiali di una stessa ditta; ha inoltre modificato in senso più rigoroso la disciplina tributaria delle lettere di accreditamento e di addebitamento.
In relazione alle particolari difficoltà del momento il decr. legge luog. 1° marzo 1945, n. 67 ha autorizzato, in via provvisoria, l'impiego di marche da applicarsi sui fogli di carta libera, uso bollo, per tutti gli atti e scritti per i quali la tariffa richiede l'uso esclusivo di carta filigranata.
Emerge in particolare, dalle indagini eseguite dalla commissione economica del Ministero per la costituente, il convincimento diffuso della necessità di disciplinare il tributo in maniera meno farraginosa e da qualcuno se ne auspica addirittura la completa abolizione per agevolare il libero movimento degli affari, tenuto anche conto del modesto gettito del tributo stesso, che, nell'esercizio finanziario 1945-46, è stato di L. 2.624.815.000 e, nel successivo esercizio 1946-47, di L. 5.903.111.000.