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BOLIVIA

di Pier Luigi Beretta, Renato Piccinini - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
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BOLIVIA (VII, p. 304; App. I, p. 287; II, 1, p. 419; III, 1, p. 246)

Pier Luigi Beretta
Renato Piccinini

Popolazione. - Secondo una stima del 1971, la popolazione boliviana ammontava a 5.062.000 abitanti, saliti a 5.190.000 nel 1972. Il coefficiente medio d'incremento annuo della popolazione, per il periodo 1963-1972, è stato del 2,6%.

Condizioni economiche. - L'economia della B., in termini generali, presenta tuttora il quadro e gl'indici tipici dei paesi in via di sviluppo, cioè di un paese tradizionalmente importatore di beni strumentali ed esportatore di materie prime, specialmente stagno. L'agricoltura, nonostante il territorio offra buone possibilità per le colture, è poco sviluppata anche a causa della squilibrata distribuzione della popolazione, concentrata per il 90% sugli altipiani andini. Solo il 3% scarso della superficie territoriale è coltivato; predominano la patata (7 milioni di q nel 1972), il granoturco (2,6 milioni di q), il riso (750.000 q) e il frumento (700.000 q). Di un certo rilievo continua ad essere la produzione della quinoa (100.000 q nel 1972). L'allevamento, che potrebbe essere suscettibile di uno sviluppo notevole per le favorevoli condizioni ambientali, si mantiene al di sotto delle possibilità, con poco più di 2 milioni di bovini, 7 milioni di ovini e 1,5 milioni di lamas e alpacas.

Le risorse economiche della B. continuano pertanto ad essere quelle minerarie, primo fra tutte lo stagno (30.000 t nel 1971), che si esporta soprattutto sotto forma di concentrato (barilla). L'argento, un tempo il minerale più estratto, oggi si ricava da altri minerali come sottoprodotto (212.000 kg nel 1971). Seguono, per importanza, il piombo, lo zinco, l'antimonio. In aumento la produzione del petrolio (2.200.000 t nel 1973), che viene estratto oltre che dai primi pozzi di Sanandita e Camiri, da quelli più ricchi di Bermejo e di Caranda. Il settore industriale è invece ancora limitato a poche aziende alimentari, tessili e del tabacco, per soddisfare il consumo locale.

Comunicazioni. - I collegamenti ferroviari con i porti cileni di Arica e di Antofagasta costituiscono tuttora la spina dorsale dei trasporti boliviani, soprattutto di quelli minerari, mentre la scarsa rete stradale si estende per poco più di 25.000 km, dei quali però solo 5000 sono percorribili tutto l'anno.

Commercio estero. - Nel quinquennio 1968-1972 il commercio con l'estero ha registrato saldi attivi in misura crescente; nel 1971 su 181 milioni di dollari di esportazioni (contro 168 di importazioni), lo stagno ne ha procurati 84.

Storia. - Nazionalizzazione dello stagno, riforma agraria e organizzazione sindacale, aspetti essenziali della rivoluzione in B., non apportarono i benefici sperati. L'autoritarismo dei capi e l'immaturità delle masse, costituite in prevalenza dai minatori e dai contadini indios, non permettevano al paese di trovare una certa tranquillità. Il presidente Paz Estenssoro (1960-1964), pur tentando di riorganizzare l'economia nazionale, creava il vuoto intorno a sé, arrestando o esiliando i suoi oppositori politici, mentre il vicepresidente Juán Lechín, capo dei minatori, difendeva a oltranza i loro interessi sindacali. Lo scontro fra i due uomini di opposte tendenze, che davano vita a un ambiguo governo di sinistra, era destinato all'inevitabile rottura, prodottasi sullo scorcio del 1963. Estenssoro, alla ricerca di appoggi, riorganizzò l'esercito e si apprestò ad affrontare le elezioni: indusse il Congresso a emendare la costituzione, che vietava la rielezione del presidente, decretò la legge marziale, ruppe le relazioni con il Cile, imbavaglio l'opposizione, sbandierò l'appoggio nordamericano e vinse facilmente le elezioni (giugno 1964). I militari vollero pero il loro premio e alla vicepresidenza andò lo spericolato e popolare aviatore, gen. René Barrientos. Nel frattempo l'economia boliviana precipitava: l'alto costo dello stagno, sul quale incidevano gli alti salari, e il calo del suo prezzo nel mercato internazionale si rivelarono catastrofici per la B., perennemente afflitta dall'inflazione. Pochi mesi dopo la rielezione di Paz Estenssoro, in seguito a violente e sanguinose manifestazioni di piazza, i militari s'impadronirono del potere. Il presidente si rifugiò nel Perù e al suo posto s'insediò il gen. Alfredo Ovando Candía (4 novembre 1964), mentre alla vice presidenza rimaneva il gen. Barrientos.

Il potere rimase, in pratica, nelle mani di Barrientos, che mise in disparte Ovando e si liberò del sindacalista Lechín, esiliandolo nel Paraguay insieme ai suoi collaboratori (maggio 1965). Ma subito incidenti e scontri provocati dai minatori indussero i militari a riportare in carica il gen. Ovando, che governò assieme a Barrientos in una strana "copresidenza", animata da vaste e imprecisate ambizioni: nel luglio 1965 fu proclamata una "seconda repubblica, liberata dalla paura e dalla miseria". In vista delle future elezioni, Barrientos rassegnò le dimissioni presentando la propria candidatura alla presidenza della repubblica. Alle consultazioni del luglio 1966 egli fu eletto a larga maggioranza. Ma le condizioni economiche non migliorarono e il disagio aumentò: entrarono in agitazione minatori e studenti, provocando sanguinose repressioni; nelle impervie montagne s'accese la guerriglia, che diede filo da torcere alle forze dell'ordine appositamente addestrate negli SUA. In una di queste azioni antiguerriglia trovò la morte (8 ottobre 1967) Ernesto Guevara.

Barrientos, che aveva rifiutato di partecipare a un incontro dei presidenti americani a Punta del Este (aprile 1967) perché non figuravano fra gli argomenti le rivendicazioni boliviane di un accesso al Pacifico, trovò la morte in un incidente aereo il 27 aprile 1969. Il suo successore, vice presidente Adolfo Siles, dopo pochi mesi (26 settembre) fu estromesso dal gen. Ovando Candía, che, dopo aver nazionalizzato il settore petrolifero (la Bolivian Gulf estraeva il 77% del prodotto), fu a sua volta deposto dal generale Rogelio Miranda, vincolato alle destre reazionarie. I continui cambi al vertice del potere dimostravano la fragilità del sistema politico; ma s'era delineata chiaramente la tendenza verso profondi mutamenti sociali. Con il 57% della popolazione impiegato nell'agricoltura e una classe di minatori in grado di mettere in crisi qualsiasi governo, per di più in una fase di stagnante sottosviluppo, il paese era spinto ormai a cercare soluzioni rivoluzionarie. In tale contesto si verificò un nuovo colpo di stato (7 ottobre 1970) che portò al potere l'esponente più radicale delle nuove leve militari, il gen. Juán José Torres, appoggiato dalle organizzazioni dei contadini, dei minatori, dall'aviazione e dagli studenti.

Il nuovo governo parve avviato sulla stessa linea di quello peruviano (nazionalizzazioni, incentivo della riforma agraria, cogestione delle imprese), mentre i rapporti con i paesi dell'Europa orientale venivano intensificati senza deteriorare quelli con gli SUA. Nel giugno 1971 fu convocata un'Assemblea popolare (da taluni definita il "primo soviet delle Americhe") destinata a "vincolare l'azione delle forze armate alle classi sociali oppresse con esclusione della destra e della sinistra internazionalizzate". Ma l'esperimento Torres non ebbe tempo di concretarsi. Un sanguinoso golpe militare promosso dalla destra, appoggiata dal partito conservatore "Falange socialista boliviana" e dal MNR di Paz Estenssoro, portò alla presidenza (22 agosto 1971) il col. Hugo Banzer Suárez, mentre il gen. Torres trovava asilo nell'ambasciata peruviana di La Paz.

Il difficile equilibrio del paese è stato ancora gravemente insidiato, mentre gli elementi militari, pur divisi fra varie correnti e impostazioni, restano i mediatori della lotta politica e sociale. Un anno dopo aver assunto il potere Banzer doveva ricorrere allo stato d'assedio (23 novembre 1972) per fronteggiare le agitazioni interne: rivolte di minatori e di contadini, scioperi, contestazioni studentesche, provocati sempre dall'insostenibile situazione economica e dalla progressiva svalutazione della moneta. Il governo, nell'intento di uscire dal marasma, ha intensificato i rapporti con i paesi vicini controllati dai militari, in particolare con il Brasile. Un importante accordo firmato il 22 maggio 1974 prevede la fornitura da parte boliviana di 7 milioni di metri cubi di gas naturale, attraverso un gasdotto lungo 2000 km, per un periodo di 20 anni, in cambio di aiuti finanziari e tecnici per la costruzione di uno stabilimento petrolchimico e di un complesso siderurgico in Bolivia. A causa di tale accordo Banzer, che è impegnato a soddisfare le richieste dei due partiti governativi, è stato accusato da alcuni giovani ufficiali di assecondare la politica egemonica del Brasile.

Bibl.: C. H. Zondag, The Bolivian economy. The revolution and its aftermath, New York 1966; R. Barton, A short history of the republic of Bolivia, La Paz 1968; E. Dew, Politics in the altipiano, Austin (Texas) 1969; H. Herrig, A history of Latin America from the beginning to the present, New York 1970; T. Wyrna, Les républiques andines, Parigi 1972; E. Fioravanti, L'esperienza dell'Assemblea popolare in Bolivia, Milano 1973.

Vedi anche
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