MATUSZEWSKI, Boleslaw
Matuszewski, Bolesław (noto anche come Boleslas)
Fotografo e operatore cinematografico polacco, nato il 21 ottobre 1856 a Pińczów (voivodato di Kielce) e morto presumibilmente a Varsavia nel 1944. Autore di alcuni testi pionieristici di teoria del cinema, è noto agli studiosi di cinema soprattutto per due importanti opuscoli, entrambi pubblicati a Parigi nel 1898, che suscitarono qualche interesse e discussione alla loro prima uscita, furono poi a lungo dimenticati, e sono stati oggetto di rinnovati studi a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Si tratta di Une nouvelle source pour l'histoire (création d'un dépôt de cinématographie historique) ‒ un breve lavoro stampato nel marzo 1898 e rieditato in nuova veste nell'aprile dalla tipografia Noizette a spese dell'autore ‒ e di un'opera di maggiore estensione, La photographie animée. Ce qu'elle est, ce qu'elle doit être, pubblicata sempre per i tipi di Noizette nell'agosto e, in edizione parzialmente modificata, nell'ottobre dello stesso anno: due testi, in particolare il primo, che sono stati da allora frequentemente chiamati in causa nel dibattito teorico e metodologico sulle funzioni del film come fonte e documento e sulle politiche dell'archiviazione cinematografica.
Non si sa molto del percorso che portò M. alla fotografia e alla pratica cinematografica: certo è che nel 1895 aprì, con un suo fratello, uno studio fotografico in due sedi, Varsavia e Parigi (città allora punto di riferimento essenziale per i sudditi colti dell'impero zarista), e che già nel 1896 era attivo come operatore al seguito dello zar, ripreso da M. in cerimonie pubbliche e viaggi ufficiali. Contemporaneamente si dedicò anche a un'altra attività pionieristica, la ripresa cinematografica di operazioni chirurgiche. Una certa risonanza ebbe all'inizio del 1898, nel clima di accese polemiche tra potenze dell'Intesa e della Triplice Alleanza, l'uso che venne fatto di una ripresa di M. per smentire un'accusa fatta circolare (a quanto pare) da O. Bismarck. Secondo la stampa tedesca, nell'accogliere lo zar il presidente francese F.-F. Faure avrebbe evitato di scoprirsi il capo davanti alla bandiera russa; la pubblicazione di alcuni fotogrammi girati dall'operatore polacco provò la falsità dell'accusa. Che sia stato proprio questo incidente a dargli l'idea del suo primo opuscolo (come fatto credere dallo stesso M., nello stile proprio delle biografie aneddotiche dell'epoca) è possibile, ma non probabile. Più probabile è che la notorietà raggiunta in quei mesi abbia favorito la sua decisione di pubblicare alcune riflessioni sul nuovo mezzo.
Nella sua brevità, Une nouvelle source pour l'histoire è un testo importante da diversi punti di vista: prima di tutto, si tratta forse del primo lavoro in assoluto che si confronta sul piano delle potenzialità conoscitive con il nuovo mezzo di comunicazione (tra le varie definizioni che allora se ne davano, l'autore privilegia non casualmente quell'espressione 'fotografia animata' che sottolinea soprattutto la movimentazione della ripresa fotografica, ma gli fu cara anche l'altra, 'cronofotografia', legata alle ricerche di E.J. Marey); in secondo luogo, e questo è forse ancora più sorprendente, è sicuramente il primo testo a indicare l'urgenza di una politica di archiviazione sistematica dei documenti cinematografici. Sulle funzioni conoscitive del cinema M. sostiene una tesi netta quanto semplice, che alla luce delle esperienze e delle riflessioni successive può sembrare grossolana, se non fosse tuttora fortemente radicata nel senso comune: dando la 'visione diretta' del passato, la fotografia animata avrebbe reso, secondo lui, inutili, almeno per alcune questioni, ricerche e studi, permettendo non solo di smentire i testimoni falsi, o distratti, ma in molti casi sostituendo con il suo racconto integralmente veritiero le ricostruzioni narrative ex post. A questa precoce valorizzazione del film come documento si collega, come un corollario, la proposta pratica: creare, nelle maggiori città europee, 'depositi' di documenti cinematografici al fine, da un lato, di rendere tali fonti disponibili alla verifica e alla ricerca, dall'altro di fornire i film alle scuole per l'uso didattico cui (M. ne era certo) il mezzo si sarebbe prestato.Il misto di ingenuità tardopositivista e precoce intuizione di potenzialità, che avrebbe successivamente reso il breve testo noto agli studiosi di cinema di tutto il mondo, si ritrova più ampiamente articolato e argomentato nel lavoro successivo, La photographie animée, attento alle potenzialità del cinema in campo non solo storico, ma anche scientifico (a partire tra l'altro dalle esperienze dell'autore con le riprese chirurgiche) ed etnografico. In questo lavoro M. amplia il suo progetto di produzione e archiviazione della documentazione cinematografica, proponendo non un solo 'deposito', ma una serie di archivi legati a varie discipline e finalità, dalla salvaguardia della memoria di costumi e tradizioni che rischiavano di perdersi, all'analisi dei comportamenti infantili a fini psicopedagogici, allo studio delle tecniche di attori, ballerini, direttori d'orchestra. Tra i lettori di questo testo, Marey, che in una conferenza al Conservatoire nationale des arts et métiers, nel 1899, si dichiarava fiducioso nella futura realizzazione degli auspici di M., "ma certamente meno presto di quel che suppone l'ingegnoso autore della Photographie animée".
Successivamente, pubblicò ancora due opuscoli, uno dedicato all'applicazione del cinema agli studi grafologici (una proposta meno curiosa di quanto possa apparire, se si considerano i lavori che di lì a poco F.B. Gilbreth avrebbe compiuto sui movimenti degli impiegati e delle dattilografe) e un ultimo (1901) relativo a una sua invenzione, o presunta tale, la stampa delle fotografie su smalto vetrificato. Seguirono anni di difficoltà economiche che portarono M. a lasciare, tra il 1907 e il 1908, i suoi studi fotografici a Parigi e Varsavia. Lo si ritrova nel 1927 attivo in un'organizzazione per gli scambi giovanili e studenteschi tra la Polonia e altri Paesi europei, poi se ne hanno ben poche notizie, e anche la data di morte è solo presunta.
La ripresa di interesse per l'opera di M. si manifestò prima di tutto nella sua patria di origine, con la ripubblicazione nel 1955 del suo primo opuscolo. Fu però negli anni Settanta che il suo ruolo venne pienamente riconosciuto, in connessione con il rinnovarsi del dibattito internazionale sul rapporto tra cinema e storia.
R. Borde, Les cinémathèques, Lausanne 1983; V. Tosi, Matuszewski e Marinescu: due pionieri del cinema, in "Bianco e nero", gennaio-marzo 1983, 1, pp. 44-53; G. Grazzini, La memoria negli occhi. Bolesław Matuszewski: un pioniere del cinema, Roma 1999.